Donald Trump torna a minacciare azioni commerciali contro i cinesi “beccati” a vendere in maniera clandestina il petrolio al regime nordcoreano. Pechino respinge le accuse del presidente americano, e annuncia una inchiesta sulla presunta vendita di greggio da parte di navi battenti bandiera cinese a Pyongyang, sottolineando però che “quanto emerso finora non è coerente con i fatti".
Tutto ha inizio dopo la pubblicazione da parte del quotidiano sudcoreano ‘Chosun Ilbo’ di foto scattate da satelliti spia Usa. Le immagini mostrano petroliere cinesi affiancate a navi cisterna nord coreane per effettuare in mare il trasbordo di greggio. Trump iracondo si scatena su Twitter: "Beccati!. Sono molto deluso che la Cina stia consentendo i traffici di petrolio per andare in Corea del Nord – ha twittato il presidente americano -. Non ci sarà mai una soluzione amichevole al problema nordcoreano se cose come queste continueranno ad accadere". The Donald ha poi detto di aver usato un approccio “morbido” rispetto alle pratiche commerciali cinesi ritenute sleali, proprio in cambio della cooperazione di Pechino nella gestione della crisi coreana. Ma la pazienza ha un limite – ha suggerito. “Se non ci aiutano con la Corea del Nord, allora farò quello che ho sempre detto che avrei fatto”, ha detto al New York Times. Un riferimento non troppo implicito alla minaccia mai sopita di azioni commerciali contro Pechino. Trump vuole dalla Cina un aiuto maggiore contro i comportamenti sconsiderati del regime di Kim Jong-Un, non è lontano dall’ottenere lo status di potenza nucleare.
Non si è fatta attendere la risposta puntuta del governo cinese. "La Cina non autorizzerà mai sue società o individui a violare le risoluzioni (delle Nazioni Unite), e se questo accadesse, prenderebbe misure contro di loro in conformità con la legge", ha detto la portavoce del ministero degli Esteri, Hua Chunying. Pechino ha poi annunciato un'inchiesta. Le foto satellitari che documentano i traffici mostrano anche i nomi delle petroliere coinvolte negli scambi (oltre trenta da ottobre) nelle acque del Mar Giallo in prossimità delle coste cinesi: il mercantile nordcoreano coinvolto - ripreso il 19 ottobre - è il "Ryesonggang 1" affiancato da un vascello cinese. La portavoce ha sottolineato che gli accertamenti fatti finora hanno stabilito che la nave non si è fermata in nessun porto della Cina. I dati ufficiali della dogana cinesi non mostrano alcun invio di petrolio a novembre.
Si tratta di traffici in aperta violazione della risoluzione del Consiglio di Sicurezza 2375 adottata a settembre dopo il test nordcoreano della prima bomba all'idrogeno (3 settembre) e di quella votata nei giorni scorsi che riduce l'importazione a una quota massima di 500.000 barili di petrolio per il 2018 – il 90% in meno rispetto ai livelli normali. Violazioni che, secondo i sudcoreani, sono destinati a continuare fino a quando Pechino non deciderà di contrastare il modo efficace il contrabbando di petrolio in mare, limitandosi a farlo rispettare alla frontiera terrestre tra i due Paesi.
Il quotidiano di Seul solleva il dubbio che il governo cinese preferisca distogliere lo sguardo da questi traffici via mare per consentire a Pyongyang di ricevere il greggio, senza il quale non sopravvivrebbe, e rispettando formalmente le sanzioni Onu. La posizione cinese è nota. Pechino, che promuove la soluzione della doppia sospensione (sospensione dei test missilistici e nucleari, da una parte, e delle esercitazioni congiunte Washington-Seul, dall'altra), sostiene le sanzioni contro il regime nordcoreano pur cercando di ammorbidirle, convinta che possano essere controproducenti oltre a rischiare di provocare una catastrofe umanitaria sui propri confini.
A gettare benzina sul fuoco si è aggiunta venerdì 29 dicembre la notizia di una imbarcazione sequestrata dalle autorità sudcoreane con l’accusa di trasportare petrolio verso la Corea del Nord. Il vascello “Lighthouse Winmore” battente bandiera di Hong Kong risulta appartenere a un cittadino cinese residente nella città sudorientale di Guangzhou, secondo quanto riferisce la compagnia di sicurezza marittima Equasis. L’ultima posizione registrata dal satellite la dava in prossimità della costa settentrionale dell’isola di Taiwan, diretta al porto sudcoreano di Yeosu.