AGI - La crisi del mercato dell’auto, stretto tra l'elettrificazione e la concorrenza cinese, continua a mordere. Mentre le difficoltà del comparto in Germania affondano la produzione industriale, che a settembre ha registrato una flessione superiore al previsto, la forte flessione delle vendite costringe le aziende a drastiche ristrutturazioni, con Nissan e Stellantis che annunciano migliaia di licenziamenti.
Stellantis ha annunciato che perderanno il posto 1.100 dipendenti dello stabilimento Jeep a Toledo in Ohio. La società in una nota specifica che la decisione è stata presa per "riacquistare" competitività. Inoltre, alcune attività, che coinvolgono 400 dipendenti, "saranno trasferite a un fornitore di servizi esterno". I tagli partiranno "dal 5 gennaio 2025". Per il gruppo, in questo modo sarà adeguata la produzione alle vendite, crollate del 20% nel terzo trimestre. "Sono misure difficili da adottare, ma sono necessarie per consentire all'azienda di riconquistare il proprio vantaggio competitivo e, in ultima analisi, per riportare la produzione ai livelli precedenti", spiega Stellantis.
La crisi del colosso nipponico
La casa automobilistica giapponese Nissan ha invece comunicato che taglierà 9.000 posti di lavoro dalla sua forza lavoro globale e ridurrà la capacità produttiva del 20% in tutto il mondo, senza specificare un calendario, a fronte di un forte calo delle vendite. Allo stesso tempo, il gruppo ha dichiarato di aver rivisto nettamente al ribasso le previsioni di vendita e di utile operativo per il 2024. "Di fronte alla gravità della situazione, Nissan sta adottando misure urgenti per invertire la rotta e creare un'azienda più reattiva e resistente", ha dichiarato in una nota. Vittima della paralisi che ha colpito il settore automobilistico a livello globale, l'azienda è sprofondata in rosso tra luglio e settembre, in base a risultati trimestrali molto più deboli del previsto che l'hanno portata a rivedere nettamente al ribasso le proprie previsioni finanziarie.
Nissan ha registrato una perdita netta inaspettata di 9,3 miliardi di yen (56 milioni di euro) nel secondo trimestre (luglio-settembre) dell'esercizio finanziario in corso, contro l'utile netto di 49 miliardi di yen previsto dal mercato secondo il consensus di Bloomberg. Il fatturato trimestrale è sceso a 2.986 miliardi di yen (18 miliardi di euro), con un calo del 5% su base annua e ben al di sotto delle aspettative, mentre l'utile operativo è stato la metà di quanto previsto dagli analisti.
Come tutti i suoi rivali giapponesi e occidentali, Nissan sta soffrendo per il rallentamento delle vendite globali di auto nuove e per il clima economico cupo. Di conseguenza, il produttore di Yokohama ha abbassato significativamente le previsioni per l'intero esercizio finanziario 2024-2025, che si concluderà a fine marzo. Il gruppo prevede ora un fatturato annuo di 12.700 miliardi di yen, rispetto al precedente obiettivo di 14.000 miliardi di yen, praticamente invariato rispetto al 2023-2024. Stima un utile operativo di 150 miliardi di yen, tre volte inferiore alle previsioni precedenti. Non sono più contemplate previsioni annuali per l'utile netto: "questo sarà determinato in base alla valutazione dei costi generati dagli sforzi per invertire la rotta", ha avvertito il direttore esecutivo del gruppo, Makoto Uchida, durante una conferenza stampa. Nissan vuole "ridurre i costi fissi di 300 miliardi di yen (1,8 miliardi di euro, ndr) rispetto all'esercizio 2024-2025 e i costi variabili di 100 miliardi di yen", ha dichiarato il gruppo.
"Per raggiungere questo obiettivo, Nissan ridurrà la sua capacita' produttiva globale del 20% e la sua forza lavoro globale di 9.000 posizioni, attuando al contempo varie misure per ridurre" i costi e 'dando priorità agli investimenti nella ricerca', ha precisato. L'azienda, desiderosa di "razionalizzare i propri asset", ridurrà anche la propria partecipazione nella connazionale Mitsubishi Motors dal 34% al 24%.
Le flessioni delle vendite
Le vendite di Nissan hanno sofferto in particolare negli Stati Uniti, un mercato cruciale dove ha venduto solo 212.000 unità nel periodo luglio-settembre, con un calo del 2,3% su base annua. Secondo Makoto Uchida, il costruttore vuole "ricostruire il proprio marchio" in quel Paese. Ma il ceo rimane cauto di fronte al drastico aumento dei dazi doganali statunitensi promesso da Donald Trump, rieletto alla Casa Bianca. "Stiamo esportando un numero significativo di veicoli dal Messico agli Stati Uniti, circa 300.000 (unita') quest'anno", ha dichiarato Makoto Uchida. "Sentiamo parlare di dazi, ma non siamo gli unici a essere colpiti (...) Faremo pressione e manterremo la direzione dei nostri piani a medio e lungo termine", pur 'monitorando la situazione molto da vicino', ha ammesso.
Un altro mercato chiave in difficoltà è la Cina, dove le vendite trimestrali di Nissan sono crollate del 13% a 172.000 unita'. Come i suoi rivali occidentali, il gruppo sta affrontando una forte concorrenza da parte dei produttori cinesi, che sono leader nel mercato in forte espansione delle auto elettriche. In Europa, le vendite trimestrali di Nissan sono scese del 5,9% a 80.000 veicoli.
Per recuperare il ritardo, il gruppo intende lanciare nuove auto elettriche in Cina e modelli ibridi ed elettrici plug-in negli Stati Uniti, riducendo i tempi di sviluppo dei nuovi modelli a 30 mesi. Ad agosto, Mitsubishi si è unita alla "partnership strategica" formata da Honda e Nissan per collaborare sui veicoli elettrici. L'alleanza con la francese Renault, invece, è stata significativamente ridotta lo scorso anno: ora i due produttori selezionano i loro progetti comuni caso per caso.
La locomotiva tedesca annaspa
E c'è sempre la crisi delle quattro ruote dietro il calo della produzione industriale tedesca, scesa a settembre del 2,5% mensile e del 4,6% annuo, una flessione molto più brusca del previsto. Negli ultimi mesi, l'indicatore è stato influenzato dagli alti e bassi del settore automobilistico, che è sceso del 7,8% a settembre, dopo un balzo del 15,4% ad agosto.
Le case automobilistiche stanno affrontando sfide strutturali che hanno un impatto sull'intero settore e il futuro appare tutt'altro che roseo. La Germania sta entrando in un periodo di incertezza dopo la rottura del suo governo di coalizione e l'impatto economico dell'elezione di Donald Trump, che ha fatto delle barriere doganali uno dei pilastri del suo manifesto elettorale, rischia di aggravare una congiuntura già negativa.