AGI - Di chi è il Montepulciano d’Abruzzo? C’è una battaglia in corso per rivendicare in etichetta “l’esclusiva” del nome da usare. A condurla il Consorzio tutela dei vini d’Abruzzo che chiede il reinserimento nel Registro nazionale varietà delle viti del sinonimo Cordisco per il diffusissimo vitigno, che potrebbe essere utilizzato nelle altre regioni e valorizzare, di conseguenza, il Montepulciano d’Abruzzo doc. Con la contrarietà di tutti gli altri produttori di Montepulciano, che sono arrabbiatissimi.
Al punto che l’imprenditrice vitivinicola ascolana; Angelina Piotti Velenosi, ha minacciato plateali proteste con manifestazioni di piazza con i trattori per difendere la denominazione Montepulciano sulle etichette anche dei vini marchigiani.
Il rimpallo è vivace. “La legge deve essere uguale per tutti” dichiara al Gambero Rosso, che racconta la diatriba tra produttori, Alessandro Nicodemi, presidente del consorzio abruzzese “e se hanno tutelano il nome Nero d’Avola in Sicilia, blindando le etichette solo ai vini siciliani e facendo utilizzare il nome Calabrese ai vini fatti con il vitigno Nero d’Avola fuori dai confini siciliani, non vedo perché non possiamo chiedere la stessa cosa noi con il Montepulciano d’Abruzzo”.
Tuttavia Nicodemi rivendica di condurre la propria battaglia e quella del Consorzio che rappresenta anche a nome di altri vitigni che si riconoscono e identificano con alcune regioni italiane, per esempio il Sagrantino umbro, il Verdicchio di Jesi, il Cannonau della Sardegna e di tutte quelle denominazioni che coincidono con i vitigni autoctoni. Tutti gli altri devono invece utilizzare un sinonimo.
Ma i produttori marchigiani si sono ribellati a questo “preteso” monopolio abruzzese, in quanto il Montepulciano “è coltivato in quasi tutte le regioni italiane per un totale di 35 mila ettari, 2 Docg, 36 Doc e 85 Igt”. Il pomo della discordia verte intorno al sinonimo Cordisco.
Obietta a questo proposito Nicodemo: “Noi crediamo che se il legislatore avesse voluto solo il vitigno come termine informativo, non avrebbe previsto, come invece ha fatto, anche l’uso di un sinonimo ed è su questa ratio che noi vorremmo la tutela non solo della nostra denominazione-vitigno ma anche di tutte quelle presenti nel variegato mondo enologico nazionale che hanno investito in comunicazione e promozione, creando un legame indissolubile fra un vitigno e il suo territorio”.
Insomma, tutelare queste biodiversità per il presidente del Consorzio Abruzzese significa “tutelare i nostro Made in Italy che tutto il mondo ci invidia”. La lotta prosegue, ma passerà anche per manifestazioni di piazza?