AGI - Ahhh, la mancia! Quanto lasciarne, come lasciarla? Al ristorante, per esempio. “Per quanto sia di uso comune, però, in questa parte del mondo lasciare un extra insieme al conto non è un obbligo né reale né morale”, sottolinea il Gambero Rosso secondo il quale piuttosto si tratta di “un'abitudine, gradita certo” (non dappertutto: in Giappone, per esempio, il gesto viene percepito come un'offesa) ma “non dovuta”.
Dopo l’estate calda degli “scontrini pazzi”, dove alle Cinque Terre uno sceicco ha lasciato un compenso per il servizio da 1.800 euro mentre il cameriere della Costa Azzurra, non soddisfatto per una mancia da 500, euro ha preteso almeno il doppio, la questione della mancia è tornata alla ribalta, specie adesso che con la diffusione dei pagamenti elettronici non è raro trovarsi sprovvisti di contanti o di “spiccioli” in tasca.
E allora, si chiede il mensile gourmet, come distinguere tra prezzo della cena e tips se il pagamento viene fatto “in un'unica transazione” al ristorante? E come metterla “con le imposte su quella cifra aggiunta a titolo volontario” e poi (auspicabilmente) girata ai dipendenti?
Una piccola questione intricata, spiega il Gambero, che è stata “risolta” dalla Legge di Bilancio del 2023 (la n. 197 del 29 dicembre 2022, all’art.1 commi da 58 a 62, per la precisione), che ha messo ordine e fatto pulizia a riguardo.
Tuttavia, prima c'è una cosa da sapere, avverte il mensile: le mance, erogate liberamente dal cliente, “fanno parte a tutti gli effetti del reddito da lavoro dipendente” (così come ogni emolumento, compenso, donazione remuneratoria, indennità corrisposta da terzi e non dal datore di lavoro, sulla base che senza quel lavoro non sarebbero state date). E in quanto parte del reddito sono soggette a tassazione. E non certo da adesso, ma dal 1997.
La novità introdotta con la Legge di Bilancio 2023
Insomma, le mance “devono essere dichiarate e tassate”, come il resto del reddito, altrimenti si tratta di soldi percepiti in nero, quindi evasi. Spiega il mensile che la “novità introdotta dalla Legge di Bilancio del 2023” non riguarda “l'imponibilità delle mance”, ovvero il fatto che su di esse si debba pagare le tasse, “ma che queste siano sottoposte a un regime specifico” nel caso di esercizi ricettivi (hotel e simili) e di somministrazione di alimenti e bevande (come bar o ristoranti).
Pertanto per questi esercizi, le mance corrisposte dai clienti ai lavoratori “anche attraverso mezzi di pagamento elettronici” sono soggette a un’imposta sostitutiva dell’Irpef “nella misura ridotta del 5%”, a meno di esplicita rinuncia scritta da parte del prestatore di lavoro. Ma a patto che le mance “non superino il 25% del totale del reddito del dipendente e che questo, complessivamente, non superi i 50mila euro l'anno”.
Oltre tale limite, e per la sola eccedenza, le mance sono sottoposte a tassazione ordinaria con aliquota Irpef progressiva.
A “stornare” poi la parte dovuta dal dipendente da quella destinata all'azienda, “ci pensa il datore di lavoro cui viene formalizzato il ruolo di sostituto d'imposta”, chiosa il mensile, che giudica ad ogni modo il ruolo affidatogli “un impegno non da poco”, sia per i dipendenti, che possono avere “più rapporti di lavoro di lavoro nei 12 mesi”, sia per il datore di lavoro che “deve avere in mano la situazione di ognuno dei suoi collaboratori anche al di fuori del proprio rapporto lavorativo” in una situazione burocraticamente “già molto complessa”.
E per gli avventori cambia qualcosa? Poco o niente, sembra. Se non il fatto che da ora è possibile lasciare la mancia anche con i pagamenti elettronici. Ma come avviene poi il computo? “Non serve un software particolare" spiega Roberto Calugi, direttore Fipe, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, "e un buon metodo potrebbe essere quello di aggiungere lo spazio per la mancia, da compilare liberamente, al preconto".