AGI - Prima che diventasse il cartone che abbiamo in casa, era ruvida carta marrone, e prima ancora che diventasse carta era probabilmente un fiume fluido di pasta calda, e prima, prima ancora è stato un albero. Forse un Pinus taeda, o pino loblolly, sottile conifera originaria del sud-est degli Stati Uniti.
Il New York Times Magazine si occupa in un articolo del processo di lavorazione del cartone, che è un’industria sempre più florida e in espansione, specie in seguito alle richieste di spedizione di prodotti a cui hanno contribuito con forza aziende come Amazon. Tanto che la produzione è “appena sufficiente per soddisfare la domanda”, anche se i suoi produttori “hanno battuto tutti i record nel 2021 e da allora li hanno battuti praticamente ogni trimestre”, al punto che “entro il 2025, secondo una stima, la dimensione del mercato internazionale degli imballaggi in cartone ondulato raggiungerà i 205 miliardi di dollari, commisurati al prodotto interno lordo della Nuova Zelanda o della Grecia”, si legge nell’articolo.
Ma altri dati, emessi dal Fiber Box Association, un gruppo commerciale americano, affermano che le fabbriche Usa hanno generato “più di 400 miliardi di piedi quadrati di cartone nel 2020 con un balzo del 3,4% rispetto all'anno prima” perché il consumo di scatole è aumentato nei primi giorni della pandemia e la tendenza non s’è mai interrotta.
"L'imballaggio in cartone ondulato ha una qualità a prova di bomba", afferma Tim Cooper, direttore di progetto per la società di test e ricerche di mercato Smithers, perché “è facile da produrre, è resistente ed è sostenibile, e a differenza della plastica proviene da una risorsa rinnovabile”, la fibra. È più riciclabile persino rispetto ad altri metodi di spedizione: dei 69 milioni di tonnellate di rifiuti riciclati ogni anno negli Stati Uniti, oltre il 65% è a base di fibre, secondo i dati più recenti. Un prodotto anche a prova di recessione. Infatti, dopo che lo shopping online ha preso piede, due anni fa, i numeri della produzione del cartone ondulato sono letteralmente schizzati.
Si legge sul NYTimes Magazine: nel 2021, Amazon ha spedito 470 miliardi di dollari di merci a livello globale, per circa 7,7 miliardi di pacchi. È una stima, perché nessuno sa veramente il numero totale dei pacchi che Amazon spedisce l’anno, rifiutandosi di dichiararlo.
Ma ecco cosa sappiamo, dice al giornale Tim Cooper, direttore di progetto per la società di test e ricerche di mercato Smithers: “Amazon sta consegnando più pacchi che mai, e con frequenze esponenzialmente più alte, a tutti i suoi clienti, e in particolare ai clienti americani”. Tant’è che nel 2019 Amazon Logistics, servizio di spedizione interno da cui dipende l’esercito dei furgoni blu, “ha consegnato 1,9 miliardi di pacchi negli Stati Uniti. Un anno dopo, ha consegnato più del doppio, dando ad Amazon Logistics una quota di mercato maggiore rispetto a FedEx”.
Nella montagna di cifre riportate dal giornale, emerge un ultimo significativo dato: “Nel 2020, ad esempio, le fabbriche mondiali di carta e cartone hanno prodotto circa 400 milioni di tonnellate di prodotto; entro il 2032, hanno previsto gli analisti, quel numero salirà a 1,6 miliardi di tonnellate, il peso di 16.000 portaerei”.