AGI - Lavorare a maglia è il nuovo vessillo della rivoluzione femminista? A chiederselo è il parigino Le Monde, secondo il quale molte giovani donne stanno recuperando questa pratica, a lungo considerata obsoleta, adattandola ai codici e alle esigenze del tempo.
Il quotidiano racconta una piccola ma significativa storia che dimostrerebbe la nuova tendenza, almeno della nuova generazione francese o della sua capitale: “Ogni martedì sera, all'ora dell'aperitivo, Siân Ellis, 29 anni, esce di corsa dal lavoro per raggiungere un piccolo bar del centro di Rennes, Le Papier timbré. La giovane traduttrice incontra un gruppo di amici di varia età e provenienza – ci sono alcuni uomini tra loro – con i quali condivide una birra… e il lavoro a maglia. Un’idea lanciata da Anaëlle Calloc'h, 39 anni, che ha preso in mano i ferri a 18 anni in memoria di sua nonna”.
Dice l’interessata: "Mi piace che questa pratica non sia limitata alla casa e alla sola ora del tè ", sorride la giovane inglese che ha imparato il lavoro a maglia durante l’infanzia. Nel corso di questi aperitivi si parla di femminismo, cambiamento climatico e tanti altri argomenti politici. In effetti, lavorare a maglia è un'ottima scusa per incontrare persone”, suggerisce.
Osserva Le Monde che negli ultimi anni “sferruzzare” è diventato sempre più popolare, specie tra le giovani: “È finita l'immagine polverosa del lavoro a maglia come hobby per i pensionati. I ferri sono ora branditi dalle giovani donne come un'arma quasi militante”, tant’è che Anaïs Giroux, poco più che trentenne e che lavora all'Università Rennes-II, nel 2020 ha scritto una tesi di laurea sui legami tra lavoro a maglia e femminismo: “Io stessa ho praticato questa attività in modo sovversivo e ironico”, spiega, e “mi è piaciuto molto lavorare a maglia nei bar bevendo qualcosa e facendo cose divertenti per affrancarmi dalla visione vetusta di quest’attività. Volevo mostrare che non è solo cosa di nonne o di donne incinte che preparano i vestiti per i loro bambini in arrivo”.
Insomma, il lavoro ai ferri, simbolo per eccellenza della “casalinghitudine”, non è più confinato al suo mero ruolo utilitaristico. È un’attività complementare e d’intrattenimento: “Uscire di casa è diventato uno strumento liberatorio o emancipatore per le giovani donne in cerca di creatività”, sottolinea il giornale, tanto che "con l'ascesa della cultura del 'fai da te' negli anni 2000, la pratica è stata percepita in modo diverso e ha avuto successo, in particolare perché ha reso le persone consapevoli della loro capacità di creare", analizza Anaïs Giroux.
Aggiunge sempre Le Monde: “Ma il lavoro a maglia ha anche virtù politiche. Se l'immagine delle magliaie della Rivoluzione francese, che vedevano le donne sedere a commentare mentre facevano il loro lavoro, sembra oggi lontana, il ‘fare la calza’ sembra oggi indossare i colori della protesta” perché “negli ultimi dieci anni, diverse manifestazioni per la difesa dei diritti delle donne hanno messo in primo piano il lavoro a maglia”, specie negli Stati Uniti dove i cappellini rosa – i famosi pussyhats – della Women's March 2017 a Washington e il lavoro ai ferri in genere “sono diventati un'arma di esibizione e advocacy”.
Oltre che un “approccio al consumo più responsabile sostituendo l'acquisto con la creazione”. E anche una storia di legàmi.