AGI - Scrive il New York Times che puntualmente “a settembre di ogni anno Apple presenta i suoi ultimi telefoni nel suo futuristico campus della Silicon Valley” e che subito dopo, a poche settimane di distanza “decine di milioni dei suoi nuovi telefoni, assemblati da legioni di lavoratori stagionali esterni, vengono spediti dalle fabbriche cinesi ai clienti di tutto il mondo”.
La consegna annuale degli iPhone di Apple di solito “funziona come un orologio”, ciò che ha reso l’azienda di Cupertino in California la “più redditizia dell'era della globalizzazione”.
Tuttavia quest’anno, per il lancio dell’iPhone 14, le cose sono andate diversamente. l’ingranaggio delle consegne, ma soprattutto quello della produzione, s’è inceppato “per le crescenti difficoltà di fare affari in Cina” a causa, soprattutto, della lotta senza tregua del Paese contro il Covid-19, oltre “alla accresciute tensioni con gli Stati Uniti che hanno costretto Apple a riesaminare gli aspetti principali della sua attività”.
Specie dopo che un recente focolaio di casi di coronavirus nella regione che circonda la più grande fabbrica di iPhone di Apple, a Zhengzhou, nella Cina centrale, ha spinto i funzionari locali a ordinare un blocco di sette giorni la scorsa settimana. Ciò che ha costretto la società a dire che “non sarà in grado di produrre abbastanza telefoni per soddisfare le richieste delle festività natalizie”.
A questo inconveniente, però, va aggiunto anche che “per gran parte di quest'anno Apple è stata anche al centro di un intervento bipartisan a Washington, dove l'allarme per le provocazioni militari e le ambizioni tecnologiche di Pechino ha ribaltato l'ortodossia sul libero scambio” mentre a marzo è circolata la voce che Apple era “in trattative con un oscuro produttore cinese di chip di memoria, Yangtze Memory Technology Corporation, o YMTC, per fornire componenti per l'iPhone 14”.
Tutto questo si è poi “scontrato con il lavoro svolto da un gruppo di legislatori e più di una dozzina di collaboratori del Congresso, che avevano passato mesi a esaminare i dettagli della catena di approvvigionamento di Apple in Cina”, tant’è che il mese scorso il Dipartimento del Commercio ha emesso una serie di restrizioni che vietavano alle aziende americane di vendere macchinari a YMTC, rendendo così più difficile per Apple portare avanti l'accordo.
Osserva il Times: “I recenti sviluppi sottolineano come gli stretti legami di Apple con la Cina, un tempo considerata un punto di forza del suo business, si siano trasformati in punto debole della catena produttiva”. Per poi chiosare: “Non è un caso che l'ascesa di Apple da quasi bancarotta negli anni '90 a società di maggior valore al mondo abbia seguito da vicino l'ascesa economica della Cina”.
Ascesa e declino? L’interrogativo resta, visto che il rallentamento della produzione a Zhengzhou “ha costretto Apple ad avvertire gli investitori, per la terza volta in tre anni, che le vendite sarebbero state influenzate dalle interruzioni legate alla pandemia alle sue operazioni in Cina”, conclude il Times.