AGI - Quel che non è riuscito del tutto alla pandemia potrebbe riuscire all’aumento delle bollette del gas: provocare una vera decimazione nel mondo della ristorazione. Con chiusure importanti, nel numero come nella qualità. Dalle trattorie ai grandi ristoranti.
Il settore è in allarme e lo si è visto nei giorni scorsi con l’esibizione delle bollette dell’energia elettrica e del gas – con importi sostanziosi, a volte decuplicati – da parte dei tanti ristoratori interessati agli aumenti.
Correre ai ripari questa volta non è né consentito né facile. Gli aumenti colpiscono indiscriminatamente, mentre la pandemia è stata forse più selettiva. Certo, le chiusure non sono mancate. Alcune sono state temporanee, altre definitive. Ma più spesso s’è trovato un rimedio per sottrarsi ai divieti e alle restrizioni governative causa sicurezza sanitaria.
C’è stato in primis il distanziamento sociale per tutti, poi quello dei tavoli, i plexiglass divisori tra tavolino e tavolino, il contingentamento dei posti a tavola e la loro rarefazione, l’escamotage di poter mettere i tavolini all’aperto anche dove non si potrebbe, giusto per venire incontro alle esigenze dei singoli e non penalizzare il settore intero (ciò che per via delle temperature esterne ha favorito più i ristoratori del centro-sud che quelli del nord).
Ma ora agli aumenti non si sfugge. Tutti sulla stessa barca. Il punto è che si rischia lo tsunami. E se per esempio durante la pandemia la discussione dei ristoratori s’è concentrata anche su possibili soluzioni alternative per fronteggiare il problema dei numeri (coperti, clienti, tavoli, sala, approvvigionamento e scorte alimentari), ora la questione si presenta meno prevedibile e razionalizzabile.
Chi, durante la pandemia, ha trovato la soluzione parziale favorendo i doppi turni in sala (ore 20-22) per evitare la calca umana o per poter meglio provvedere alla distribuzione delle risorse nella dispensa con acquisti selettivi o ridotti oppure riducendo il numero dei piatti di portata da far scegliere all’avventore; oppure, ancora, sollecitando il cliente a impegnarsi con il ristorante prenotando previo rilascio del numero della carta di credito, oggi non ha invece alternative di sorta.
Di fronte all’aumento indiscriminato degli importi delle bollette, per via dell’aumento del prezzo del gas, nessuna di queste soluzioni regge ed è salvifica. Anche perché l’inflazione spinge in su i prezzi ed erode i guadagni.
Laurenzi Consulting: resteranno morti per strada, ma ora è speculazione
Quindi, che fare? Come organizzarsi? Come arginare il rischio del tracollo, se non subitaneo sicuramente prossimo venturo? Come cambierà questa emergenza delle bollette, la crisi del gas, il modo di fare ristorazione?
“Anche durante la pandemia qualcuno disse: adesso cambierà tutto. Io dissi: non sarà così. E continuo a pensarlo anche adesso”, risponde all’interrogativo Dario Laurenzi, titolare e Ceo della Laurenzi Consulting, società che dal 2004 opera in Italia e all’estero nel settore delle consulenze contribuendo a dar vita a progetti food&beverage in ambito ristorativo, hospitality e retail sotto tutti i suoi punti di vista: prodotto, architettura, brand identity e web marketing, creando business sostenibili con l’obiettivo di essere anche durevoli nel tempo.
A Roma, tra i lanci di prodotto c’è Porto Fluviale all’Ostiense, Baccano a Fontana di Trevi, la Zanzara a via Crescenzio, la Cannoleria siciliana, i Due ladroni a piazza Nicosia, il Caffè Splendor a via Vittoria Colonna, che però ha chiuso a causa d’una gestione pasticciata, così come ha chiuso nel 2004 Gusto a piazza Augusto Imperatore; a Milano, per citarne uno c’è Why Nut a Corso di Porta Ticinese e poi, in passato, consulenze per Chefexpress, il Gruppo Camst, il Gruppo Accor. Tutte iniziative di gran successo e per lo più trendy, nell’arredamento e nel design particolari, connotati e connotanti.
Laurenzi ritiene che il momento attuale sia frutto “di una speculazione contingente di chi sta approfittando di una determinata situazione politica, ma non è che non ci sia più il gas”. E il manager della ristorazione si dice convinto che “nell’arco di un mese, forse sei o magari un anno, la situazione è destinata a rientrare”.
Sicuramente, dipende però da quanti saranno i morti che nel frattempo resteranno sul terreno…
Certo, alla fine bisognerà contarli. Ma è lo stesso problema che c’è stato anche per la pandemia, anche la pandemia ha lasciato una lunga scia di morti per strada. Ma se devo esser sincero, devo dire che facendo un’analisi un po’ più ampia a partire proprio dall’Italia, constato che il numero di morti maggiore è stato registrato soprattutto all’estero. Perché i ristoratori italiani, alla fin fine, hanno un po’ tutti resistito. Basta pensare che il gruppo di Albert Adrià in Spagna, un gruppo di ristorazione come ce ne sono stati pochi, ha fallito, e il gruppo inglese di Jimmy Oliver è fallito anche lui. I nostri gruppi italiani sono ancora tutti lì, certo con difficoltà, con le ossa rotte, ma sono tutti lì.
I fattori negativi sono la guerra, il costo energetico, l’inflazione, però a parte ciò penso che per far fronte alla situazione dovremo ragionare prima o poi anche su un cambio di stile di vita, non pensa?
Questo riguarda tutti, non solo il mondo della ristorazione. Questa, semmai, dovrà solo trovare un modo per tirare avanti con queste bollette così aumentate. Almeno per il momento. Ma voglio credere che sarà lo Stato a intervenire, a provvedere, come per i ristori. Alla fin fine il ristorante è l’ultimo dei problemi. Pensi invece alle grandi aziende manifatturiere o alle grandi aziende metalmeccaniche italiane. Se non trova una soluzione lo Stato tutte queste aziende dovranno chiudere.
Non ci sarà un cambimento nel modo di fare ristorazione
I ristoranti fanno parte del più grande comparto del turismo, è tutto un comparto che langue.
Certamente, pensiamo agli alberghi che dovranno riscaldare le stanze quest’inverno o nei prossimi mesi quando comincerà ad esserci un po’ di freddo, da novembre. La ristorazione è uno degli ingranaggi di questo meccanismo così grande e che riguarda tutti in generale. Per il quale alla fine si dovrà trovare un compromesso, anche perché in altri Paesi, si veda la Spagna e il Portogallo, è stato fissato un tetto massimo al prezzo del gas e mi sembra che sia di 120 euro. Qui da noi abbiamo sfondato quota 320, quando pagavamo 26… In alcuni paesi hanno già deciso, hanno messo il tetto massimo e lo Stato copre le differenze. Da noi non si riesce a farlo per problemi di bilancio, per via del deficit. E non a caso Draghi spinge all’obiettivo del tetto massimo europeo, in modo che sia l’Europa a mettere il gettone che manca. M se non è oggi è domani e questo problema qui si risolverà. Anche se certamente per il prezzo del gas non torneremo a 26…
Aumenteranno le bollette e di conseguenza anche tutti gli altri prezzi…
È già così. Lo vedo con le materie prime. Le lavanderie sono aumentate, la carne e il latte anche, il per latro latte è aumentato in una maniera che ha dell’incredibile. Ma tutti i prodotti caseari sono aumentati, per cui ci sarà un livellamento in alto dei prezzi. Però, certo, lo Stato ci deve mettere subito una pezza perché con queste bollette così alte cominciano già ad arrivare e qualcuno non ce la farà. A cominciare dal singolo cittadino. È tutto a cascata. Ha letto a proposito l’articolo sulla Fiammante, che per altro fa un ottimo pomodoro, bolletta schizzata da 112 mila euro a un milione…
Tuttavia resta un problema di fondo. La crisi sarà per tutti, i ristoranti dovranno fare i contri con un minor numero di clienti, forse. Perciò continuo a chiedermi se c’è un modo per fronteggiare l’emergenza? Ripeto, sia quello dei doppi turni, degli acquisti contingentati, piatto unico, menù selettivi…
No, no, assolutamente. Si ricorda che durante la pandemia si parlava che si doveva andare al ristorante con le capsule in plexiglas, i vetri divisori? Tant’è che diversi architetti hanno cominciato a disegnare i nuovi spazi e immaginare nuovi metodi della ristorazione, però lasciamo perdere, per carità... La verità è un’altra: è che questo prezzo qui del gas non è applicabile, per cui a breve mi auguro che qualcosa accadrà, non è applicabile non solo per la ristorazione ma per nessuno. Fino al signor Mario Rossi che sta a casa sua. Nessuno può sopportare questi incrementi di prezzo.
Insomma, si sguazzerà nella crisi e non ci sarò nessun cambiamento? Ristorazione o meno che sia?
Non credo che questo sia un punto di partenza per un nuovo modello di ristorazione. Ancora una volta si tratta di uno choc che purtroppo farà qualche morto. Staremo più attenti, certo, con il gas, la luce, i consumi, ma non vedo all’orizzonte un cambio radicale del nostro stile di vita. Non è accaduto in pandemia, non accadrà ora.
Perché mai?
Perché questa volta è diverso. Mentre con la pandemia eravamo chiusi a casa, questa volta questa crisi ci tocca molto da vicino. Ogni mese dobbiamo pagare bollette molto più alte e il problema riguarda tutti, indistintamente. L’esempio da seguire è quello del Portogallo e della Spagna, che per primi hanno messo un tetto al prezzo del gas, che da noi è cresciuto di ben undici volte. –
Insomma, Laurenzi, non ci sono lezioni da trarre da questa crisi?
Sì, che il prezzo del gas deve rientrare e il prima possibile. E questa del gas può essere forse una lezione, un master per tuti quelli che fanno impresa oggi per capire che il problema della sostenibilità energetica è all’ordine del giorno, una priorità. Un tema che c’era anche prima della guerra, perciò quelle di questi giorni sono le prove generali…
Di cosa, in conclusione?
Prove generali per trovare sistemi alternativi e anche un’etica nel consumo dei beni a disposizione. Stare più attenti. L’onda d’urto c’è venuta addosso all’improvviso, ma il tema esiste. Mi vengono in mente le famose basse temperature di questi chef con questi forni a 80 gradi per due giorni, però fare questa cosa costa e anche molto cara mentre tutto sommato mia nonna faceva lo stesso piatto, con la fiammella del gas al minimo e lasciava questo ‘arrosto morto’ nel tegame che cucinava per ore, lentamente. Ecco, se un cambiamento deve esserci, deve cominciare dal riflette un po’ di più sul rapporto che c’è tra noi e il consumo energetico in generale.