AGI - Cinque trimestrali in tre giorni: è stata la settimana delle big tech. Ne esce malconcia Meta, non tanto per i dati crudi quanto per l'incapacità di trovare un'alternativa alla pubblicità. Soffre anche Alphabet, mentre l'equilibrio salva Microsoft nonostante risultati opachi. Apple tiene grazie alle vendite degli iPhone, ma il trionfatore è uno: Amazon. La compagnia invia un messaggio forte e chiaro: l'e-commerce non è tutto. Firmato: il leader dell'e-commerce.
Alphabet: il titolo si salva, il bilancio no
Gli indizi sono stati confermati: il mercato della pubblicità online sta pesando sulle società che dalla pubblicità incassano. Fatturato (+13%, a 69,7 miliardi di dollari) e utili (16 miliardi) di Alphabet hanno deluso le attese.
I ricavi pubblicitari sono aumentati del 12% e quelli di Youtube appena del 5%. Per la piattaforma video, il rallentamento è dovuto al ritiro di alcuni investimenti da parte degli inserzionisti. Una decisione che Alphabet spiega con un generico clima di “incertezza” basato su “molteplici fattori che è difficile disaggregare”. In altre parole: non se ne sa molto, neppure per i mesi a venire. Il cloud cresce in modo massiccio (+35%) ma è ancora in perdita. La lotta per guadagnare spazio tra i due grandi concorrenti globali (Microsoft Azure e Amazon Web Services) resta complessa.
Insomma, si fa fatica a trovare note liete. Eppure le azioni di Alphabet hanno iniziato a correre, sfiorando un apprezzamento del 7% nel giro di due sedute. Sembra quindi che si sia verificato il classico “sell the rumor, buy the news”. Cioè vendi sulle indiscrezioni e compra quando arrivano le notizie, perché il prezzo aveva già scontato timori e segnali negativi nei giorni precedenti alla pubblicazione dei risultati.
Meta: in cerca di alternative
Se Alphabet è stata rallentata dai venti contrari della pubblicità online, Meta ha preso le folate in piena faccia. Per la prima volta nella sua storia, la galassia Zuckerberg ha registrato un calo del fatturato anno su anno: -1%, a 28,8 miliardi di dollari. Gli utili si sono ridotti del 36%, a 6,7 miliardi. Le previsioni non erano certo brillanti, ma Meta le ha comunque mancate.
Per una volta i dati che riguardano gli utenti (+4% sia per quelli che usano ogni giorno Facebook che per quelli che utilizzano tutte le piattaforme del gruppo) sono decisamente migliori rispetto a quelli finanziari.
I motivi dell'apprensione sono tutti in due parole: la prima è “pubblicità”. Gli inserzionisti hanno investito meno e le nuove impostazioni di iOS che limitano il tracciamento stanno pesando. Il ceo Mark Zuckerberg, inoltre, non è ottimista: “Siamo entrati in una recessione economica che avrà un ampio impatto sulla pubblicità digitale. È sempre difficile prevedere quanto profondi o lunghi saranno questi cicli, ma direi che la situazione sembra peggiore rispetto a un trimestre fa”.
Ed eccoci alla seconda parola chiave: “squilibrio”. La pubblicità costituisce quasi il 98% del fatturato di Meta. Nessun altro gigante tecnologico è così sbilanciato: Google (che pure dall'advertising trae una quota consistente del fatturato) ha servizi e cloud; Amazon da tempo non è più solo e-commerce; Apple si è in parte sganciata dalle sorti dell'iPhone e Microsoft fa dell'equilibrio la propria bandiera. Nonostante gli sforzi di diversificare (dalla realtà virtuale all'hardware, dalle monete digitali al metaverso), Zuckerberg sembra ancora lontano dal trovare una fonte di ricavi che possa allentare la totale dipendenza dalla pubblicità.
Microsoft: l'equilibrio conta
Se Meta è in cerca di equilibrio, c'è chi - al momento - lo ha trovato: Microsoft. Ormai non è più una novità: sotto la guida di Satya Nadella la società ha raggiunto una diversificazione a prova di rallentamento economico. Tra aprile e giugno, 20,9 miliardi di dollari sono arrivati dal cloud, 16,6 miliardi dalle applicazioni per la produttività e 14,3 miliardi dal segmento che include hardware, videogiochi e Windows.
È questa struttura che permette a Microsoft di reggere nei momenti di difficoltà, compreso questo secondo trimestre 2022. Il fatturato (51,9 miliardi) è stato inferiore alle stime, segnando la crescita più modesta dal 2020 (+12%). Anche l'utile, a 16,7 miliardi, ha deluso. Azure (l'ammiraglia delle soluzioni cloud) è cresciuta del 40%, in rallentamento rispetto al trimestre precedente (+46%) e peggio di quanto aveva indicato la stessa Microsoft ad aprile (attorno al 44%).
Eppure, nonostante questa sfilza di mezze delusioni, il titolo ha guadagnato l'8% in due sedute. Motivo: nonostante il clima economico avverso, la società ha confermato gli obiettivi per l'anno fiscale 2023, con un progresso del fatturato a doppia cifra. Il mercato si è fidato delle parole di Nadella e dell'equilibrio che ha saputo creare.
Apple sulle spalle dell'iPhone
Apple tiene. Pur in calo dell'11% anno su anno, l'utile netto ha superato le (modeste) attese. Stesso discorso per il fatturato, in crescita del 2%, a 83 miliardi di dollari. Wall Street ha reagito positivamente, nonostante un bilancio non certo privo di ombre.
Il merito è soprattutto delle vendite di iPhone, che si dimostrano più forti del previsto. Superando la soglia dei 40 miliardi e in crescita anno su anno del 3%, lo smartphone conferma grande capacità di tenuta.
Gli analisti si aspettavano che a pagare le difficoltà produttive dei chip fossero soprattutto gli iPad, che invece reggono (-2%). Fanno invece peggio del previsto i Mac, in calo del 10%. Neppure la performance dei servizi soddisfa appieno. Con un progresso del 12%, continuano ad acquisire un peso crescente sul bilancio (valgono ormai quasi un quarto del fatturato), ma stanno dando segnali di rallentamento: erano cresciuti del 17% nel trimestre precedente e del 27% tra aprile e giugno 2021.
Amazon oltre l'e-commerce
Con un fatturato di 121,2 miliardi, in crescita del 7%, la tornata di trimestrali tecnologiche ha un vincitore: Amazon. Il gruppo va oltre le aspettative nonostante le difficoltà dell'e-commerce e riesce dove Google e Facebook hanno fallito: registrare un andamento positivo nella pubblicità online. Poco dopo la pubblicazione dei risultati, il titolo è schizzato con un balzo a due cifre, sostenuto dalle brillanti indicazioni sul trimestre in corso.
L'ultima riga di bilancio riporta un rosso di 2 miliardi di dollari. L'inflazione e i costi per energia e trasporti hanno fatto lievitare le spese, ma il risultato netto sarebbe stato comunque positivo senza la svalutazione (da quasi 4 miliardi) dell'investimento nel produttore di auto elettriche Rivian, le cui azioni sono crollate.
Continua il momento difficile dell'e-commerce, con un calo del 4% dovuto soprattutto alla sofferenza dei mercati internazionali. Va però ricordato che i Prime Day (i giorni di sconti da 100mila vendite al minuto) quest'anno sono stati spostati da giugno a luglio. Cioè dal secondo trimestre (penalizzandolo) al terzo (favorendolo).
Il fatturato previsto per il periodo giugno-settembre, infatti, è tra i 125 e i 130 miliardi di dollari. Dovrebbe quindi tradursi in una crescita tra il 13 e il 17%. Cioè, in ogni caso, in accelerazione. L'84% del fatturato arriva ancora dalle vendite (quasi tutte online), ma l'unico segmento con un risultato operativo positivo è Aws. Vuol dire che Amazon incassa con l'e-commerce ma guadagna con il cloud.
Il gruppo si sta imponendo anche come polo pubblicitario: ha incassato 8,7 miliardi, battendo le aspettative degli analisti in un contesto cupo (per informazioni chiedere a Meta e Alphabet).