AGI - I mercati rischiano di restare al palo e altalenanti per il terzo giorno consecutivo questa settimana, dopo aver chiuso ieri in negativo per l'aumento dei timori di recessione, l'alta inflazione, gli aggressivi rialzi dei tassi da parte della Federal Reserve e un negativo segnale arrivato dal fronte della fiducia dei consumatori Usa a giugno.
L'indice calcolato dal Conference Board è precipitato a 98,7 punti dai 106,4 di maggio e dai 100,4 punti attesi dal mercato. Il sottoindice sulle aspettative è sceso in picchiata ai minimi da 10 anni e l'interpretazione prevalente è che la corsa dei prezzi potrebbe presto cominciare a frenare i consumi e le spese private degli americani.
"I consumatori statunitensi sono negativamente influenzati dal significativo aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e dell'energia negli ultimi mesi, rispetto ai quali ci sono poche speranze di miglioramento nel corso dell'estate", commenta Brian Price, capo della gestione investimenti del Commonwealth Financial Network. "Immagino – aggiunge - che il calo dei prezzi azionari e obbligazionari di quest'anno abbia ulteriormente indebolito gli umori dei consumatori riducendo i valori dei loro portafogli".
In Asia le Borse sono in calo, nonostante la Cina abbia dimezzato i tempi della quarantena dei viaggiatori in arrivo, portandoli da 14 a 7 giorni. E' il più grande cambiamento registrato dal governo del presidente Xi Jinping, che persiste però nel portare avanti la sua drastica politica di zero Covid, che da oltre tre mesi continua a tenere isolata la seconda economia più grande del mondo. Tokyo perde oltre un punto percentuale, Shanghai più di mezzo punto e Hong Kong oltre l'1,5%.
In leggero rialzo i future a Wall Street, che ieri ha chiuso in forte calo. Giornata nera per il Nasdaq che ha registrato un tonfo quasi del 3%. Con il ribasso di ieri l'S&P 500 si appresta a chiudere il suo peggior primo semestre dal 1970. Inoltre, tutti e tre gli indici sono ben indirizzati a registrare due cali trimestrali consecutivi per la prima volta dal 2015. A peggiorare il clima dei mercati ci ha pensato il rialzo del prezzo del petrolio, con il Wti che ha chiuso a un soffio da +2% sopra 111 dollari al barile.