AGI - Le bollicine saranno l’elemento trainante, con ricavi attesi a +5,7% ed esportazioni a +7,5 per cento. Ma non è tutto: export e spumanti spingeranno la crescita dei fatturati dei maggiori produttori di vino italiano nel 2022 fino a quasi il 5%. La previsione e la stima incoraggiante è contenuta nell’ultima indagine sul settore vinicolo nazionale realizzata dall’Area Studi di Mediobanca, dalla quale emerge un quadro generalmente positivo, a confermare la capacità dimostrata dal settore di saper reagire alla congiuntura economica negativa provocata dalla pandemia da Covid-19.
E ora, nonostante l’aumento dei prezzi dovuto al conflitto russo-ucraino sia destinato a pesare sulla fiducia globale e sui costi per le imprese, il nuovo scenario internazionale, come scrivono gli stessi analisti di Piazzetta Cuccia, sembra non compromettere i fatturati del vitivinicolo, dal momento che le attese per l’anno in corso lasciano intravedere un aumento di vendite complessive del 4,8%, con un +5,6% per le sole esportazioni.
Insomma, c’è più che ottimismo per il prossimo futuro. Non solo nelle stime di Mediobanca ma anche tra i principali produttori italiani, che già nel corso del 2021 hanno registrato un incremento dei ricavi del 14,2% (+14,8% mercato interno, +13,6% estero). Il 95,8% hanno dichiarato un incremento del fatturato complessivo, di cui oltre metà a doppia cifra. E per i mesi a venire, almeno 9 imprese su 10 prevedono di incrementare i ricavi, con un 23,3% che si attende una crescita a doppio numero.
E fiducia e ottimismo si ritrovano in misura maggiore in chi fa più ricorso alla vendita diretta, soprattutto sull’online, e in chi concentra il proprio business estero sul mercato europeo. Le spa e le srl (+7,2%) sono più ottimiste delle cooperative (+2,9%) per il 2022 mentre aspettative più caute si registrano a causa dall’incertezza sugli aumenti dei prezzi dei vini soprattutto nella grande distribuzione.
Infatti, nei gruppi che prevedono un calo di fatturato, il 76,9% delle vendite deriva dal canale off trade (Gdo e dettaglio), la cui quota scende al 45,5% per quelli con attese di rialzo dei fatturati.
Ma guardando al biennio precedente, 2020-2021, gli analisti di Mediobanca sottolineano che le tendenze registrare nel corso dell’ultimo anno si chiamano “premiumizzazione” e “sostenibilità” in quanto la ripartenza del “fuori casa”, dovuta all’allentamento dei divieti dovuti al progressivo rientro degli effetti della pandemia, ha finito con lo spingere le vendite dei vini di fascia alta rispetto a quella più bassa.
Con il risultato che i vini Icon fanno +33,2% e la loro quota passa dall’1,8% del 2020 al 2,1% del 2021. A doppia cifra, puntualizza Mediobanca, anche tutti gli altri segmenti di fascia premium (premium +14,5%, super premium +24,5%, ultra premium +32,7%). Nel mentre i vini cosiddetti “basic” crescono meno (+8,7%) e vedono la loro quota di mercato scendere al 52%, dal 53,7% del 2020).
Le società con maggiore specializzazione su vini più economici sono risultate invece svantaggiate: i gruppi in calo vendono vini “basic” per l’82,2% del fatturato. Il trend 2021 ha confermato anche la maggiore attenzione che c’è per la sostenibilità, la salubrità e il rispetto per l’ambiente in generale. Tant’è che il quadre che emerge ribadisce l’interesse per i vini biologici che, pur ancora una nicchia (3,3% delle vendite totali 2021), sono cresciuti dell’11%. Guadagnano terreno anche i vini vegani (+24,8%), che valgono il 2,2% del fatturato, e pure i vini cosiddetti “naturali” (+6,9%) e i biodinamici (+2,4%) ma con un peso che continua a restare un po’ marginale sul mercato complessivo.