AGI - “Voli imprevedibili e discese velocissime”. Franco Battiato perdoni la leggera modifica al suo verso: serve per descrivere l'andamento di Bitcoin e la sua storia, fatta di vette ed entusiasmi, picchiate e de profundis.
La prima criptovaluta è tornata sotto quota 30.000 dollari e, vista la mancanza di supporti chiari, potrebbe calare ancora. Torna così a livelli che non si vedevano dal luglio 2021. Da lì era partita una risalita che lo aveva portato, ai primi di novembre, ai massimi storici, vicino quota 70.000 dollari. Come da liturgia, erano emerse proiezioni stellari – che puntavano almeno a quota 100.000 entro fine anno – e sfottò nei confronti dei critici. Era tornata la cosiddetta Fomo (fear of missing out), la paura di restare fuori dalla grande corsa.
Anziché accelerare, però, Bitcoin ha iniziato a ripiegare, trascinando con sé tutte le principali criptovalute. Rispetto ai massimi, oggi ha più che dimezzato il proprio valore. Ed è ripartita la liturgia: si sprecano i “ve lo avevo detto”, le analisi che decretano lo scoppio definitivo della bolla e la morte delle criptovalute. C'è chi fugge, vendendo dopo aver comprato ai massimi, chi tiene la posizione e chi rilancia, comprando a prezzi di saldo convinto che sia solo un passaggio a vuoto.
Nella storia non si ripete l'identico, figurarsi in quella ancora giovane delle criptovalute. Però, adesso che la creazione di Satoshi Nakamoto è adolescente, ci sono alcune ricorrenze che, al di là delle tifoserie, suggeriscono cosa (quasi certamente) è Bitcoin e cosa (molto probabilmente) non è.
No, non è una moneta
Bitcoin non è mai stata e non è una moneta. Esistono negozi e piattaforme che accettano la criptovaluta, ma l'utilizzo come strumento per acquistare beni è marginale. La volatilità è troppo elevata per garantire la stabilità necessaria a fissare dei prezzi al consumo. L'ultima picchiata è solo una conferma di quanto Bitcoin sia lontano dall'essere un sistema di pagamento diffuso e alternativo alle monete fiat come euro o dollari.
Nonostante le evidenze, c'è chi la pensa diversamente: El Salvador ha adottato Bitcoin come moneta ufficiale. E adesso che è crollato ha acquistato 500 Bitcoin – il più grande singolo acquisto mai fatto dallo Stato – per rimpinguare le casse pubbliche. Semplificando (ma poi neanche tanto): immaginate di ricevere lo stipendio o la pensione in valuta digitale. Oggi la busta paga varrebbe la metà di sette mesi fa. Altro che inflazione.
È un bene rifugio?
Questa è la questione più dibattuta. I massimalisti di Bitcoin lo descrivono come un bene rifugio, che si comporta in maniera simile all'oro. Il tema a supporto di questa idea sta nel protocollo ideato da Nakamoto: l'estrazione di Bitcoin si riduce nel tempo, con cadenza costante e secondo un calendario già stabilito. Le monete diventano quindi un bene sempre più scarso, tendendo così ad apprezzarsi nel tempo. Dal punto di vista tecnico, non fa una piega: Nakamoto ha posto le premesse perché Bitcoin potesse diventare un bene rifugio. Dal punto di vista pratico, però, sono sempre domanda e offerta che comandano. Se un bene è scarso ma sufficiente a soddisfare una domanda limitata, la moneta smetterà comunque di guadagnare valore.
Non possiamo sapere se Bitcoin diventerà, nel lungo periodo, un bene rifugio. Adesso non lo è. Da lemma Treccani: i beni rifugio "preservano la ricchezza reale nel tempo e, in periodi di inflazione, conservano il valore reale dell’oggetto acquistato. Sfuggono alla svalutazione o la subiscono in misura minore del denaro liquido”. Basta questa definizione per capire che Bitcoin non si sta comportando come l'oro. Sta soffrendo una forte svalutazione in un momento di forte inflazione, amplificando anziché ammortizzare i suoi effetti.
Sì, è una asset finanziario
Tra voli imprevedibili e discese velocissime, c'è – a oggi – una sola certezza: Bitcoin è una asset finanziario, con un rischio ancora elevato. Ha smesso di essere un outsider, entrando nel portafogli di soggetti istituzionali e fondi, che utilizzano le criptovalute per diversificare i propri portafogli. È probabilmente un destino lontano da quello immaginato da Nakamoto, ma – di per sé – non è né un bene né un male. Bitcoin non si è mosso in direzione contraria ai mercati (come farebbe un bene rifugio o un asset “anti-sistema”) ma si è agganciato ai maggiori indici americani.
Pare evidente una stretta correlazione con l'andamento del Nasdaq, che negli ultimi sei mesi ha perso il 25%. Direttamente o di rimbalzo, Bitcoin ha quindi reagito (male) all'inflazione, all'incertezza internazionale, alla stretta monetaria della Fed. Proprio come un asset di rischio.