AGI - "Trovare alternative al gas russo non è un problema che si risolve in una notte". Parole del Cencelliere tedesco Olaf Scholz, pronunciate dal cuore dell'Unione Europea dopo l'annuncio della Casa Bianca di un embargo sul petrolio russo.
Parole che potrebbero rilanciare il ruolo della Turchia nell'approvigionamento di gas da parte dell'Europa e forse avvicinare Ankara all'UE, se davvero sarà la posizione strategica del Paese a risolvere il dilemma dell'Europa.
La Germania, potenza economica dell'Europa aveva inizialmente tentennato dinanzi alla possibilità di sanzionare Mosca, salvo poi cedere dinanzi all'avanzata russa verso Kiev., senza però estendere l'embargo alle forniture energetiche.
La ragione sta ne fatto che la Germania, come tutta l'Europa, dipende in larga parte delle forniture russe, che soddisfano il 55% del fabbisogno interno di gas, il 50% di carbone e il 30% di petrolio. Allargando lo sguardo a tutta Europa emerge che la Russia copre il 40% del fabbisogno annuale di gas esportando 150 miliardi di metri cubi di gas l'anno e circa il 30% del fabbisogno di petrolio.
Numeri che rendono l'idea del perché la pioggia di sanzioni che ha colpito la Russia non abbia investito l'import dell'energia, anche dopo la decisione della Casa Bianca di porre un embargo su gas e petrolio russo, seguita dalle dichiarazioni di Londra, che promette di sanzionare petrolio e derivati russi entro la fine dell'anno.
Con l'avanzare dei carri armati russi l'Europa si trova dinanzi al dilemma se rinnovare o meno i contratti di fornitura con Gazprom, alla luce del fatto che quest'anno scadono accordi che riguardano il flusso di 15 milioni di metri cubi di gas l'anno, mentre prima del 2030 scadranno contratti che garantiscono un flusso annuo di 40 milioni di metri cubi di gas.
Alle dichiarazioni di Scholz è seguita una road map dell'Agenzia Internazionale per l'Energia (AIEA), basata essenzialmente sulla riduzione dei consumi e sulla ricerca di alternative a partire dal gas liquido (LNG).
Una road map che lascia l'Ue perplessa, perché garantirebbe 50 milioni di metri cubi, destinati a diventare 70 entro il 2030, riducendo la dipendenza dal gas russo di appena il 50%.
Uno scenario critico, che ha spinto Bruxelles ad accelerare la ricerca e aumentare investimenti sulle energie rinnovabili; un processo già in corso grazie al quale circa il 30% del fabbisogno di elettricità dell'Ue è coperto da energia solare ed eolico.
Tuttavia le rinnovabili al momento hanno mostrato di soffrire fattori esterni ed essere condizionate da andamenti climatici, così come LNG non ha garantito un mercato stabile.
Motivi che spingono i leader europei a valutare gasdotti alternativi per convogliare il gas del giacimento di 'Shah Deniz', in Azerbaigian e delle enormi riserve del 'Leviatano', al largo delle acque di Israele.
Due giacimenti il cui gas, nel viaggio verso l'Europa, deve passare attraverso la Turchia, che possiede oltre alla posizione perfetta anche le infrastrutture necessarie.
Al momento l'Azerbaigian è alle spalle di Norvegia e Algeria per forniture di gas verso l'Europa, ma come anche la AIEA sottolinea, Shah Deniz è un giacimento il cui sfruttamento è iniziato da poco e l'Azerbaigian ha tutto per incrementare il proprio export.
Il gas azero, circa 4 miliardi di metri cubi l'anno, giunge in Europa attraverso il gasdotto Trans Anatolico TANAP, che passa attraverso la Turchia dove si fermano 6 miliardi di metri cubi di gas azero l'anno. Forniture destinate ad aumentare nei prossimi anni, considerando che il gasdotto è diventato operativo a giugno 2018 e non e' ancora a pieno regime.
La rotta del gas azero potrebbe incrociarsi con quella del gas estratto in Turkmenistan, solo un'ipotesi al momento, considerando che il Paese utilizza la metà dei 62 miliardi di metri cubi prodotti ogni anno e vende alla Cina la seconda metà.
Decisamente più concreta la prospettiva di poter sfruttare il gas israeliano. Lo scorso 9 marzo il presidente israeliano Isaac Herzog ha incontrato ad Ankara il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Primo incontro tra leader dei due Paesi in 13 anni alla ricerca di una normalizzazione per giungere alla quale la chiave è l'interesse comune a far passare attraverso le infrastrutture turche, la centrale di Ceyhan, il gas dell'enorme giacimento 'Leviatano' (600 miliardi di metri cubi almeno) nel suo viaggio fino in Europa.
Gli Usa hanno abbandonato il progetto del gasdotto Eastmed che, passando dalla Grecia, avrebbe escluso la Turchia, favorendo così il dialogo tra Israele e Turchia.
Negli scorsi mesi Erdogan aveva avviato un processo di normalizzazione anche con l'Egitto, con cui Ankara aveva sospeso i rapporti in seguito al golpe del 2013 che ha portato al potere Abdelfettah Al-Sisi. Proprio l'Egitto, che già esporta Lng e gas, potrebbe essere il terzo polo di un futuro possibile hub energetico con il centro a Cipro.
L'isola del mediterraneo orientale è il nodo del progetto perché oltre alla posizione possiede riserve di gas rispetto al cui sfruttamento Turchia ed Europa hanno pero' idee diverse, divergenze che hanno creato uno stallo anche nei negoziati per trovare una soluzione alla divisione dell'isola.
La realizzazione di un hub energetico che coinvolga Egitto, Israele, Turchia e Cipro richiede uno sforzo diplomatico notevole, che può però essere facilitato dal comune interesse delle parti in causa, Ue inclusa, e dal processo di normalizzazione che Erdogan ha avviato con molti Paesi nell'ultimo anno.
L'energia costituisce una ulteriore carta che Erdogan non perderà l'occasione di giocare nei suoi rapporti con l'Europa, consapevole che un rafforzamento della cooperazione in ambito energetico potrebbe rendere Ankara indispensabile per l'Europa.