AGI - Terremoto sui mercati dopo l'allerta nucleare ordinata da Vladimr Putin e le nuove, dure sanzioni decise nel weekend contro la Russia. Volano i prezzi delle materie prime, dell'oro e dell'energia, crolla il rublo e le Borse tornano in rosso, dopo la breve fiammata positiva a cui abbiamo assistito alla fine della settimana scorsa.
In Asia Tokyo sale dello 0,19%, Shanghai è piatta e Hong Kong cede lo 0,91%. In rosso i future a Wall Street, specie quelli sul Nasdaq che cedono il 2,3%, a picco i future sull'EroStoxx, giù del 4%. Sospesa la Borsa di Mosca. Il rublo crolla del 30%, l'euro va già dell'1,1% su dollaro e yen. Gli investitori corrono a comprare beni rifugio e vendono gli asset più rischiosi. Sui mercati pesa anche l’esclusione della Russia dal sistema dei pagamenti globali Swift, che potrebbe interrompere le esportazioni russe di tutte le materie prime. Stamane il prezzo del petrolio è schizzato verso l'alto, con il Brent sopra 102 dollari al barile, l'oro avanza dell'1% sopra 1.900 dollari l'oncia, balzo quasi del 6% del palladio, I future sul grano negli Usa sono saliti del 7%, il maggiore rally giornaliero degli ultimi 10 anni, il mais ha guadagnato oltre il 3% e la soia è avanzata del 2,4%.
Dietro questa raffica di rialzi ci sono le sanzioni decise nel weekend da Usa, Ue, Gb, Giappone e Canada, che hanno ordinato una serie di misure ritorsive senza precedenti contro la Russia, a partire dalla sua esclusione dallo Swift, il circuito dei pagamenti globali. Inoltre hanno bloccato tutte le transazioni con la banca centrale russa e congelato i beni del presidente russo Vladimir Putin e del ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov. Putin ha replicato definendo "illegittime" queste sanzioni e ordinando l'allerta nucleare in Russia. Insomma, alla "bomba atomica economica" dell'esclusione dallo Shitf, Putin ha reagito evocando la minaccia del nucleare. E sui mercati sono subentrati incertezza e spavento. “La volatilità è aumentata," commenta Kyle Rodda, un analista di mercato a IG Australia - E tutti i prezzi sono diventati incredibilmente traballanti". "Questa forte volatilità andrà avanti ancora per un po', fino a quando le acque si calmeranno - sostiene Shane Oliver, capo economista di Amp Capital - Nel frattempo i mercati resteranno incerti e oscillanti".
Mercoledì giornata clou, con Powell, Opec+ e inflazione Ue
I rimbalzi della fine della settimana scorsa sono ormai un pallido ricordo. "Non mi fido dei rimbalzi – confida un analista - Il trend resta in ribasso". E poi a pesare sui mercati non c'è solo l'Ucraina, ma anche l'inflazione che avanza e la Fed. "La prossima settimana - commenta Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte Partners - prevedo una Fed che andrà avanti un po’ per i fatti suoi, senza guardare troppo alla guerra, a differenza della Bce, che invece è all'epicentro della crisi, semmai concedendo come unico “sconto” un rialzo di 25 anziché 50pb a marzo". La giornata clou è quella che si aspetta mercoledì 2 marzo, in cui si concentreranno i maggiori eventi della settimana. Nel pomeriggio, nel giro di poche ore, interverranno il 'falco' della Fed, James Bullard, il numero uno della Federal Reserve, Jerome Powell e il capo economista della Bce, Philip Lane. Poi avremo il comunicato finale della riunione dell’Opec+, che lascerà invariati gli aumenti di 400mila barili al mese, anche se la Russia, vista la situazione, farà probabilmente solo finta di aderire a questi aumenti produttivi, continuando a estrarre greggio a suo piacimento. Inoltre usciranno i dati sull’inflazione preliminare dell’area euro, che a febbraio è attesa salire dal 5,1% al 5,3% annuale.
Cosa faranno Bce e Fed per disinnescare l’effetto guerra?
La settimana scorsa sono uscite le stime sui costi economici della guerra in Ucraina. La Bce prevede che quest’anno il conflitto potrebbe compromettere la crescita dello 0,3%-0,4% del Pil. Questo sarebbe lo scenario medio mentre in quello grave il Pil si ridurrebbe di quasi l'1%. Invece, nello scenario più 'leggero' non ci sarebbero impatti ma si tratta di un’ipotesi ritenuta assai improbabile. La Fed non ha rilasciato previsioni, ma Gregory Daco, capo economista della società di consulenza EY-Parthenon, ha stimato che il rialzo del prezzo del petrolio, che è una diretta conseguenza della guerra, ridurrà la crescita del Pil Usa di circa 0,3 punti percentuali nel 2022. Inoltre venerdì scorso Christine Lagarde, che oggi dovrebbe parlare di nuovo, ha detto che la Bce farà “di tutto per salvaguardare la stabilità del sistema”.
Che significa? Di fatto, spiega Cesarano la Bce “apre a un’ipotesi, che è ancora da definire, di fare qualcosa di straordinario in nome dell’emergenza. In altre parole la Bce, a causa della crisi ucraina, ammorbidirà il processo di normalizzazione monetaria”. Come ancora non si sa, lo sapremo alla riunione del prossimo 10 marzo. I mercati comunque danno per scontato che la Bce continuerà a comprare titoli del debito pubblico e non stabilirà una scadenza precisa agli acquisti. Lo dimostra la discesa dello spread, che venerdì scorso ha chiuso in calo a 161 punti. Anche la Fed in qualche modo dovrà tener conto della guerra in Ucraina, ma sicuramente con meno urgenza della Bce. Il 16 marzo la Fed rialzerà i tassi e lo farà di 25 punti base e non di mezzo punto percentuale. Nel 2022 rialzerà i tassi almeno sei volte. Sui tagli del bilancio Fed invece, che attualmente pesano circa il 40% del Pil Usa, c’è meno chiarezza. Mercoledì e giovedì prossimo, nelle sue due audizioni davanti al Congresso, Powell qualcosa in proposito dovrà dirla. E qualcosa dovrà dirla anche sulla guerra, anche se per la Fed non rappresenta un problema grave come quello dell’inflazione, il quale resta il ‘nemico pubblico uno’.