AGI - Tra energia, trasporti, vetro, cartoni, tappi, l’anno del vino è iniziato all’insegna di pesanti rincari che potrebbero mettere in seria difficoltà il settore. Con aumenti del listino fino al 10%, il che potrebbe significare anche incrementi finali di costo per il cliente del 20-30%. Un salasso. E un rischio contraccolpo sulla stabilità di mercato dell’intero settore.
L’allarme vino emerge dall’analisi svolta dall’Osservatorio The Wine Net, una rete nata nel 2017 tra sette grandi cooperative italiane (Cantina Valpolicella Negrar – Veneto, Cantina Pertinace – Piemonte, Cantina Frentana – Abruzzo, Cantina Vignaioli Scansano – Toscana, CVA Canicattì – Sicilia, La Guardiense – Campania, Cantina Colli del Soligo – Veneto), che non a caso, per venire incontro al cliente e contrastare l’impatto negativo degli aumenti sulle vendite, nei dieci giorni che precedono la data di San Valentino, il 14 febbraio, hanno deciso di avviare una promozione dei prodotti con uno sconto del 10%.
Da quel che emerge dall’indagine dell’Osservatorio, infatti, dalla prossima primavera è possibile che i prezzi dei vini nella Grande distribuzione organizzata (Gdo) e Horeca, termine commerciale che si riferisce al settore dell’industria alberghiera (hotellerie-restaurant-café) sono destinati a fare un balzo all’insù a causa di un rincaro medio a partire dai listini delle aziende, che viene calcolato oscillare tra l’8 e il 12%.
Il mercato, tuttavia, sembra reagire in modo differenziato. Mentre gli operatori del canale commerciale Horeca sembrano di fatto accettato le variazioni di prezzo facendo buon viso a cattivo gioco, la Gdo sembra opporre le maggiori resistenze ai cambi di prezzo anche perché i nuovi listini sono stati varati proprio nel corso del mese di novembre e aggiornarli ora, a distanza di soli due mesi non è quel che si dice fare una buona figura con la clientela. Tant’ che non manca chi teme sicuri contraccolpi chiusure di rapporti. Anche perché qualora la Gdo decidesse di voler tenere inalterati i margini di profitto, l’azione si tradurrà inevitabilmente in un aumento per il prezzo finale per il pubblico che può oscillare tra il 10 e il 30%.
Ad ogni modo, il caso degli aumenti dovuti agli incrementi energetici e, in generale, di tutte le materie annesse e connesse al packaging, espone la situazione generale del vino ad un’ulteriore nuova problematica legata al posizionamento di alcune denominazioni che in forza del mutato quadro economico finale rischiano di non essere più appetibili per il consumatore. Potrebbe essere ad esempio il caso del Montepulciano d’Abruzzo o del Valpolicella base, che occupano una posizione di mercato tra i 3 e i 7 euro. Una migliore posizione l’avrebbe il vino sfuso, almeno nell’immediato ma non certo sul lungo periodo.
Oltre che sul piano interno, i maggiori contraccolpi potrebbe invece subirli il mercato dell’export intaccando in particolare il record raggiunto dall’Italia. Anche se non è però detto, perché – come suggerisce lo stesso The Wine Net – la situazione si prospetta meno critica nei mercati internazionali rispetto all’Italia, proprio grazie al comportamento degli importatori che, in gran parte, hanno accettato di ripartire in modo equo un rincaro previsto del 15-18%, con un 8% sostenuto dalla cantina con il mancato guadagno, un 5% di aumento dei listini e un 5% di assorbimento da parte dell’importatore. Ma la verifica si avrà solo nei mesi a venire a listini effettivamente applicati. Per il momento è ancora presto e si tratta per lo più di previsioni.