AGI - “I pollici impareranno”. Così Steve Jobs, poco dopo aver presentato il primo iPhone, rispose a un giornalista convinto che il touch screen non avrebbe funzionato. Allora, nel 2007, si scriveva su una tastiera fisica e il mercato dei telefoni connessi aveva un leader: BlackBerry. Caratteristica distintiva: lettere e numeri erano tasti da pigiare.
I pollici, però, avrebbero imparato in fretta: da oggi l'azienda interrompe il supporto per i dispositivi con BlackBerry OS 10, 7.1 e versioni precedenti. Di fatto, i telefoni con il sistema operativo fatto in casa diventeranno inutilizzabili. Continueranno invece a funzionare quelli con sistema operativo Android.
Lo si sapeva da tempo, ma il passo d'addio è comunque un momento da ricordare per un marchio capace di essere status symbol oltre che successo commerciale. Dire però che “è tutta colpa di Jobs” sarebbe quantomeno riduttivo: a spazzare via gli smartphone col tastierino sono stati gli errori di BlackBerry.
Il successo
Fa impressione la velocità con cui si è consumato il successo di BlackBerry. Verso la metà degli anni dieci, il marchio della mora slega le email dalla scrivania. Diventa possibile riceverle e scriverle in piedi, ovunque e non solo seduti davanti al pc. Il tastierino trasla, in piccolo, la stessa esperienza d'uso. È il telefono dell'avanguardia digitale, dei manager impegnati, di chi fa un lavoro connesso.
Il successo riceve anche il suggello del linguaggio: il marchio diventa antonomasia. Non si dice “ho comprato un telefono”, ma “ho comprato il BlackBerry”. Nel secondo trimestre 2007, mentre Apple svelava l'iPhone, vendeva già 2,5 milioni di smartphone. A metà 2009, la quota di mercato degli smartphone superava il 20%: un dispositivo venduto su cinque era BlackBerry.
Quell'anno, la Bbc piazza la società in cima alla classifica delle compagnie con la crescita più rapida al mondo, grazie a un fatturato lievitato del 77% in tre anni. Nella stessa classifica, Apple è 39esima e Google 68esima.
Il crollo
Il picco di volumi arriva tra ottobre e dicembre 2010, con 14,6 milioni di unità. Ma in quel momento sono già affiorate le prime crepe: la quota di mercato si erode per poi crollare. Scende sotto il 10% nel 2011 e sotto il 2% nel 2013. Tre anni dopo è ridotta allo zero virgola. Secondo Gartner, dei 432 milioni di dispositivi venduti nel quarto trimestre 2016, meno di 208 mila hanno un sistema operativo BlackBerry. Nel frattempo (nel 2015) il marchio canadese ha lanciato il suo primo smartphone Android (il sistema operativo di Google). Troppo tardi.
Di lì a poco, BlackBerry avrebbe mollato del tutto il mercato dell'hardware, trasformandosi in una società di servizi software. La licenza per l'uso del marchio sui telefoni è passata di mano due volte: prima alla cinese Tcl e, nel settembre 2020, all'americana OnwardMobility, che ha annunciato il ritorno del tastierino per un dispositivi 5G, prodotto da Foxconn e destinato a Nord America ed Europa. Il suo arrivo era previsto nella prima metà del 2021. Non ve n'è ancora traccia.
Tastierino dolente: i perché del fallimento BlackBerry è rimasto ancorato (e poi impigliato) a se stesso. Non hanno funzionato né i tentativi di espandersi né quelli di difendersi. Un dispositivo pensato per gli affari non si è rivelato funzionale a un utilizzo (davvero) di massa. Il tastierino è adatto a chi era cresciuto con le dita su una tastiera, ma risulta scomodo per chi è nato toccando un display. I tasti fisici, poi, tolgono spazio allo schermo, rendendo meno fruibili contenuti video, immagini, navigazione. D'altra parte, BlackBerry ha sottovalutato la capacità di penetrazione del touch screen in campo lavorativo.
Dire oggi che si è trattato di due scelte disastrose è fin troppo facile, ma va ricordato che allora non erano convinzioni isolate. Steve Ballmer, poco prima di diventare ceo di Microsoft, disse ridendo che “l'iPhone è il telefono più caro del mondo ma non avrà appeal sui clienti business perché non ha una tastiera e non permette quindi di gestire le email”. Di certo la compagnia canadese non si è adattato abbastanza in fretta, ma è troppo semplice dire che sia stata distrutta (solo) dall'arrivo dell'iPhone. Come si vede dai dati, l'apice della Mora è arrivato a due anni di distanza dal lancio del primo telefono Apple. C'è quindi altro.
Nel 2008 arriva Android, offrendo a tutti i produttori un sistema operativo adattabile e aperto. È un elemento chiave per la crescita dei produttori asiatici, che avrebbero rivoluzionato gli equilibri di mercato. BlackBerry, invece, sceglie per anni di proseguire con il proprio sistema operativo. Altra scelta (sempre con il senno di poi) sbagliata. Ancora una volta, il marchio si arrocca, senza però fare un passo in avanti: per rinunciare ad Android, è necessario costruire un proprio ecosistema, solido e vantaggioso, fatto non solo di telefoni ma anche di servizi. L'impresa non è semplice. Ci è riuscita solo Apple e ci sta provando in questi anni Huawei. Ha fallito anche Microsoft, che per anni ha dovuto ricucire le ferite finanziare dell'acquisizione di Nokia. E così la Mora è rimasta schiacciata. Sono passati poco più di dieci anni da quando BlackBerry voleva dire smartphone.