AGI - Un 'falco' in politica monetaria ma sempre capace di mediare. Le parole della presidente della Bce, Christine Lagarde, descrivono bene il carattere di Jens Weidmann, che dopo 10 anni lascia la guida della Bundesbank, dove era stato fortemente voluto dalla cancelliera Angela Merkel.
Piacevole conversatore, colto, informale nell'eleganza dei modi, Weidmann era arrivato alla presidenza dell'istituto centrale tedesco ad appena 43 anni, nel 2011, in piena crisi del debito sovrano.
Nato a Solingen nel 1968, laureato in economia a Bonn e specializzato in Francia, dopo un'esperienza al Fondo monetario internazionale, nel 2003 era diventato segretario generale del Consiglio degli esperti economici, dove era stato uno degli ispiratori delle riforme liberali del governo Schroeder.
Dal 2003 al 2006 ha guidato il dipartimento di analisi della politica monetaria della Bundesbank.
Poi, gli anni alla testa del Dipartimento per la politica economica e fiscale presso l’ufficio del Cancelliere federale, di fatto il più ascoltato consigliere di Frau Merkel su tutti i casi economico-finanziari più spinosi.
Weidmann è stato da subito il punto di riferimento dei falchi all'interno del direttivo della Bce. La necessità di tenere sotto controllo l'inflazione e i rischi finanziari collegati al mantenimento dei tassi di interesse vicino allo zero troppo a lungo sono stati la bussola di tutto il suo agire.
E nel settembre 2012 fu tra i pochi a votare contro il varo delle Omt, le Outright monetary transactions, traduzione pratica del celebre "Whatever it takes" di Mario Draghi.
E anche oggi, nell'annuncio del suo addio alla Bundesbank, il suo monito è sull'inflazione: Per il futuro, ha scritto, "sarà cruciale non guardare unilateralmente ai rischi deflazionistici" e che "la politica monetaria rispetti il suo stretto mandato e non si lasci catturare dalla scia della politica fiscale o dei mercati finanziari".