AGI - L’Istat conferma la caduta “eccezionale” del Pil nel 2020 dell’8,9% e rivede al rialzo il deficit/pil al 9,6%, in “netto peggioramento” rispetto all’1,5% del 2019. Mentre il debito pubblico si attesta al 155,6% del Pil. E’ questo il quadro aggiornato dei conti economici certificato dall’Istituto per il primo anno della pandemia. Sulla base dei nuovi dati, nel 2019 il Pil in volume è cresciuto dello 0,4%, con una revisione al rialzo di 0,1 punti percentuali rispetto alla stima di marzo.
"La stima aggiornata dei conti economici nazionali conferma la contrazione di entità eccezionale dell’economia nel 2020, con un tasso di variazione del Pil del -8,9% a fronte di un incremento dello 0,4% nel 2019", sottolinea l'Istat. A trascinare la caduta del Pil è stata soprattutto la domanda interna, mentre la domanda estera e la variazione delle scorte hanno fornito contributi negativi molto più limitati. Dal lato dell’offerta di beni e servizi, si confermano le forti contrazioni del valore aggiunto in agricoltura, nelle attività manifatturiere ed in alcuni comparti del terziario.
Nel 2020 il Pil ai prezzi di mercato risulta pari a 1.653.577 milioni di euro correnti, con una revisione al rialzo di 1.982 milioni rispetto alla stima di marzo scorso. Per il 2019 il livello del Pil risulta rivisto verso l’alto di 3.993 milioni di euro.
Peggiora il rapporto deficit/Pil che è stato rivisto al rialzo al 9,6%, a fronte del 9,5% stimato ad aprile.
Peggiora il rapporto deficiti/Pil, debito al 155,6%
L’indebitamento netto è "in netto peggioramento" rispetto all'1,5% registrato nel 2019, "soprattutto a causa delle misure di sostegno introdotte per contrastare gli effetti della crisi".
Il rapporto debito/Pil si attesta al 155,6% nel 2020 a fronte del 134,3% registrato nel 2019. Il saldo primario, ovvero l’indebitamento netto al netto della spesa per interessi, risulta negativo e pari a -101.189 milioni di euro, con un’incidenza sul Pil del 6,1% (+1,8% nel 2019). Anche il saldo di parte corrente (risparmio o disavanzo delle pubbliche amministrazione) è negativo e pari a -73.817 milioni di euro (29.995 milioni nel 2019). Tale peggioramento, spiega l'Istat, è il risultato di un calo di circa 57 miliardi di euro delle entrate correnti e di un aumento di circa 46,8 miliardi delle uscite correnti. Per il 2019 le entrate totali sono state rettificate al rialzo per 122 milioni e le uscite sono rimaste invariate con un miglioramento del rapporto indebitamento/Pil di 0,1 punti percentuali. Per il 2018 sono state riviste al ribasso le entrate (-3 milioni) e al rialzo le uscite (+150 milioni), ma con impatto nullo sull’incidenza del deficit sul Pil rispetto alla notifica di aprile 2021.
Sale anche la pressione fiscale complessiva che nel 2020 risulta pari al 42,8%, in aumento rispetto all’anno precedente, per la minore flessione delle entrate fiscali e contributive (-6,7%) rispetto a quella del Pil a prezzi correnti (diminuito del -7,9%). Tuttavia il peso del fisco è stato rivisto al ribasso di 0.3 punti percentuali (da 43,1 a 42,8) rispetto alla stima precedente.
Crollano i consumi privati
La “marcata” caduta dei consumi privati (-11%), ha generato una crescita della propensione al risparmio delle famiglie al 15,6% dall’8% del 2019. Il reddito delle famiglie segna nel 2020 una diminuzione del 2,9% in valore e del 2,6% in termini di potere d’acquisto.
Lo scorso anno la spesa per consumi finali delle famiglie residenti è diminuita, in volume, del 10,7%. Nell’ambito dei consumi finali interni, sia la componente dei servizi sia quella dei beni sono scese, rispettivamente del 16,5% e del 6,4%. Gli incrementi hanno riguardato le spese per alimentari e bevande non alcoliche (+1,9%), per comunicazioni (+2,2%) e per abitazione, acqua, elettricità, gas ed altri combustibili (+0,6%); le maggiori flessioni si registrano nelle spese per alberghi e ristoranti (-40,6%), per trasporti (-24,5%), per servizi ricreativi e culturali (-22,5%) e per vestiario e calzature (-21,1%).
Gli investimenti fissi lordi segnano un calo, in volume, del 9,2%. La componente delle costruzioni è scesa del 6,7%, quella delle macchine e attrezzature del 12,0%, quella dei mezzi di trasporto del 27,2% e quella dei prodotti della proprietà intellettuale del 2,7%.
In termini di contributi alla discesa del Pil, la domanda nazionale al netto delle scorte ha fornito un apporto negativo di 7,8 punti percentuali (di cui -6,1 punti attribuibili ai consumi finali nazionali e -1,7 punti agli investimenti fissi lordi e oggetti di valore), la componente estera ha contribuito negativamente per 0,8 punti, mentre le scorte hanno sottratto alla crescita 0,4 punti percentuali.