Il mondo è entrato nell’era del cambiamento climatico globale, che costituisce la più grande delle sfide non tradizionali alla sicurezza dello sviluppo umano. Nel novembre del 2021 si aprirà a Glasgow la Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (COP26) dello United Nations Climate Change Summit, evento che diventerà sicuramente il punto focale della diplomazia verde globale. La Cina, il paese più popoloso del globo, è oggi il maggior emettitore di carbonio del mondo, e ha assunto degli impegni in materia di neutralità carbonica. Manterrà inalterate queste promesse? Raggiungerà gli obiettivi? Quali sono i percorsi da seguire, e quali i maggiori ostacoli e sfide di quest’impresa?
Gli impegni della Cina per la riduzione delle emissioni di carbonio e il loro significato
Il 2020 è stato un anno straordinario: tutti i paesi del mondo sono stati colpiti dal Covid-19, e al contempo hanno tutti espresso la propria posizione sulla risposta al cambiamento climatico e sulla neutralità carbonica. Il 22 settembre 2020, alla 75a Assemblea generale delle Nazioni Unite, il presidente cinese Xi Jinping ha annunciato che la Cina si adopererà per raggiungere il picco delle emissioni di anidride carbonica entro il 2030 e conseguirà la neutralità carbonica entro il 2060. La Cina ha avanzato la proposta di promuovere la ripresa verde dell’economia mondiale nell’era post Covid-19 e di raccogliere forze potenti per lo sviluppo sostenibile. È la prima volta che il paese si pone l’obiettivo del picco delle emissioni e della neutralità carbonica, e questo ha suscitato grande attenzione nella comunità internazionale. La Cina è il maggior emettitore di carbonio al mondo, con il 28,8 percento del totale mondiale di emissioni di carbonio da usi di fonti energetiche, ed è pertanto un paese d’importanza cruciale per il raggiungimento del picco di carbonio e della neutralità carbonica a livello mondiale.
Dagli obiettivi di riduzione delle emissioni relative a quelli di riduzione delle emissioni assolute
La capillarità del suo sistema nazionale è un vantaggio che consente alla Cina di compiere grandi cose, come esemplifica la reazione del paese alla pandemia di Covid-19: la forza collettiva, la capacità organizzativa e l’effettivo conseguimento degli obiettivi hanno dato chiara dimostrazione dell’efficienza cinese, e la neutralità carbonica è un obiettivo che va articolato combinando teoria scientifica e fattibilità pratica.
L’impegno della Cina alla neutralità carbonica nasce innanzitutto in un contesto storico ben definito: allo United Nations Climate Change Summit del settembre 2009, l’ex presidente Hu Jintao annuncia per la prima volta l’obiettivo cinese di ridurre le emissioni relative, con una riduzione del 40-45 percento delle emissioni di anidride carbonica per unità di PIL entro il 2020 rispetto al 2005. Nel frattempo, il consumo primario di energia del paese deriva per il 15 percento da fonti di energia fossili; rispetto al 2005, la superficie boschiva aumenta di 40 milioni di ettari e il volume dello stock forestale di 1,3 miliardi di metri cubi. Sono dati che indicano il vigoroso impegno della Cina allo sviluppo di un’economia verde, a basse emissioni di carbonio e circolare.
Nel novembre 2014 e nel settembre 2015, il presidente cinese Xi Jinping e il presidente degli Stati Uniti Barack Obama rilasciano dichiarazioni congiunte per il clima, annunciando, ciascuno per il proprio paese, le azioni volte ad affrontare il cambiamento climatico dopo il 2020. Nel novembre 2015, alla COP21, il presidente Xi Jinping illustra le aspettative e la visione cinesi sull’Accordo di Parigi e sulla governance globale, parlando a nome di una popolazione di ben 1,4 miliardi di persone. La Cina dichiara che le emissioni di anidride carbonica raggiungeranno il picco intorno al 2030 e si impegna ad accelerare il processo quanto possibile; le emissioni di anidride carbonica per unità di PIL si ridurranno del 60-65 percento rispetto al 2005, e la quota di energia non fossile nel consumo primario di energia raggiungerà circa il 20 percento, mentre lo stock forestale aumenterà di circa 4,5 miliardi di metri cubi rispetto al 2005.
I paesi sviluppati, che già stanno riducendo le proprie emissioni, scelgono come nodo temporale il 2050, mentre la Cina assume l’impegno politico alla neutralità carbonica entro il 2060 ben prima di raggiungere il picco delle emissioni di carbonio.
Gli impegni politici dipendono sempre dalle pratiche di governance di una nazione. Nel 2019, in Cina le emissioni di anidride carbonica per unità di PIL risultano ridotte del 18,2 percento circa rispetto al 2015 e di circa il 48,1 percento rispetto al 2005, con evidente superamento dell’impegno assunto dal paese verso la comunità internazionale di ridurre le emissioni del 40-45 percento entro il 2020, e una sostanziale inversione della rapida crescita delle emissioni di gas serra; il calo delle emissioni cinesi, inoltre, supera ampiamente la riduzione del 20 percento dell’intensità di carbonio conseguita dall’India nel medesimo periodo. La Cina aumenta la quota di energia non fossile del consumo primario dal 7,4 percento del 2005 al 15,3 percento del 2019, mentre nello stesso periodo in tutto il mondo aumenta, rispetto al 2,3 percento del 2005, la percentuale del consumo totale di energie rinnovabili. La superficie boschiva della Cina, pari al 22,9 percento, supera quella degli Stati Uniti (20,1 percento), con un aumento di 45 milioni di ettari rispetto al 2005 e un incremento di 5,1 miliardi di metri cubi dello stock forestale. I risultati conseguiti indicano che la Cina può mantenere appieno gli impegni assunti.
Il piano e il percorso della Cina verso il picco di carbonio
Per la riduzione delle emissioni, nei prossimi quarant’anni, da qui al 2060, la Cina avrà più opportunità da cogliere che sfide da affrontare, e sarà sempre più capace di trasformare le sfide maggiori in grandi opportunità. Il paese attuerà una visione strategica in due fasi per raggiungere il picco di carbonio e la neutralità carbonica, attuando riforme e realizzando una rivoluzione industriale verde.
L’obiettivo a medio termine della Cina di raggiungere il picco di carbonio entro il 2030 e l’obiettivo finale della neutralità carbonica entro il 2060 si articolano in fasi, con gli obiettivi e gli indicatori vincolanti di ciascuna fase successiva alla scomposizione che si riflettono in modo importante sulle quattro fasi successive.
• La prima fase (2021-2030): l’obiettivo principale è raggiungere il picco di carbonio e passare da un’economia ad alto contenuto di carbonio a un’economia a basso tenore di carbonio. Entro il 2030, l’intensità carbonica del PIL cinese si ridurrà del 65-70 percento rispetto al 2005, con un tasso di riduzione media annua del 4,5-5,0 percento; nel 2030, il 50 percento dell’elettricità totale proverrà da fonti non fossili. La quota di consumo primario di energia è di circa il 25 percento; il tasso di riduzione annua dell’intensità carbonica per unità di consumo energetico passa dall’attuale 1,2 percento al 2,0 percento circa; al contempo, si attua il passaggio da energia ad alto contenuto di carbonio (principalmente consumo di carbone) a energia a basso contenuto di carbonio (con un’importante riduzione del consumo di carbone), da un’industria ad alto tenore di carbonio (principalmente acciaio, materiali da costruzione, metalli non ferrosi, prodotti petrolchimici) a un’industria a basse emissioni di carbonio (industrie strategiche emergenti), da un’economia ad alte emissioni di carbonio a un’economia a basse emissioni di carbonio, da una società ad alto contenuto di carbonio a una società a bassa emissione di carbonio.
• La seconda fase (2031-2040): l’obiettivo principale è una sostanziale riduzione delle emissioni di carbonio. Il sistema industriale, economico e sociale della Cina è ormai sostanzialmente a basse emissioni di carbonio. Con l’adeguamento della struttura economica internazionale e lo sviluppo di un’economia a basse emissioni di carbonio, il mondo entra ora in una nuova fase della transizione energetica. Gli anni dal 2031 al 2040 saranno cruciali per valutare i risultati della transizione energetica a livello mondiale.
• La terza fase (2041-2050): le emissioni di carbonio delle principali industrie, soprattutto nel settore dell’energia, vengono ridotte a zero. Secondo la recente previsione della Tsinghua University (Pechino), la Cina sarà in grado di raggiungere il picco di emissioni di gas serra prima del 2050. Il rapporto dell’Energy Transition Commission (ETC) prevede che entro il 2050 il consumo energetico totale cinese sarà di 2,2 miliardi di tonnellate di carbone standard, quasi il 30 percento in meno rispetto al 2016; la produzione di energia aumenterà dagli attuali 7mila miliardi a 15mila miliardi di chilowattora, nel 2050. Le emissioni zero potranno conseguirsi in tempi brevi, con l’elettrificazione industriale diretta a rappresentare il 52 percento delle emissioni, l’elettrificazione diretta degli edifici il 21 percento, l’elettrificazione diretta dei trasporti il 9 percento, la produzione di idrogeno e la sintesi di ammoniaca il 18 percento. Questa fase segnerà la rivoluzione industriale verde della Cina.
• La quarta fase (2051-2060): l’obiettivo è conseguire la neutralità carbonica e costruire un’industria, un’economia, una società e un paese a zero emissioni di carbonio.
Per tener fede ai propri impegni e obiettivi di riduzione delle emissioni, la Cina segue un piano articolato in un minimo di quattro fasi della durata prevista di un decennio ciascuna, con otto piani quinquennali diretti al conseguimento degli obiettivi vincolanti del picco di carbonio, della riduzione delle emissioni di anidride carbonica e della neutralità carbonica, scomponibili e attuabili a livello locale, ovunque, dai reparti produttivi agli altri uffici e reparti delle grandi industrie e delle piccole e medie imprese, e così via, fino al lato della domanda e dei consumatori.
Le sfide del settore dell’energia: chiacchiere o riforma globale?
Le emissioni di carbonio della Cina provengono principalmente dall’energia termica (43 percento), dal petrolio (15 percento), dal gas naturale (5 percento) e dal settore dell’acciaio (9 percento). Il settore dell’energia tradizionale è ormai la principale fonte delle emissioni di carbonio: all’undicesimo posto della classifica mondiale delle società produttrici di energia per emissioni di anidride carbonica troviamo infatti la cinese CNPC, con l’1,17 percento circa. È stato inoltre proposto un piano per il picco di carbonio, con l’obiettivo di raggiungere il picco nel 2025 e la neutralità carbonica entro il 2050, ma si tratta di obiettivi di difficile gestione.
L’industria energetica sostiene il rapido sviluppo dell’economia cinese, e dati gli impegni assunti in materia di cambiamento climatico, la Cina porta avanti riforme senza precedenti, con pressioni fortissime sullo sviluppo dell’economia nazionale.
Sfida 1: Nel contesto internazionale, il mercato energetico cinese del futuro potrà essere dominato dalle nuove fonti di energia? La Cina è dominata dall’energia fossile, che nel 2019 raggiunge l’85 percento, con il carbone a contribuire per il 58 percento e il petrolio per il 19 percento, mentre Stati Uniti e Unione europea rappresentano rispettivamente il 12 e l’11 percento del consumo mondiale di carbone. La Cina sta accelerando il passaggio da una struttura di consumo energetico basata sull’energia fossile a una struttura basata sulle energie rinnovabili; le emissioni totali di carbonio della Cina superano ampiamente quelle di Europa e Stati Uniti. L’inventario delle emissioni di carbonio cinesi registra valori troppo alti perché si possa avere una riduzione delle emissioni di carbonio o addirittura raggiungere le emissioni zero (nel 2019 le emissioni di carbonio da usi di fonti energetiche raggiungono i 9,8 miliardi di tonnellate di carbonio equivalente), e la base totale è ampia, le difficoltà tecniche molte e il tempo ormai molto poco.
Sfida 2: L’obiettivo è troppo ambizioso, anche nei tempi. I prossimi cinque anni saranno una finestra importante per raggiungere il picco di carbonio e la neutralità carbonica. La domanda totale di energia e le emissioni di CO2 del paese continueranno ad aumentare: la Cina è la più grande delle nazioni in via di sviluppo, e negli ultimi 40 anni, fatti di riforme e di apertura, la sua economia è cresciuta in modo continuo e rapido. Con un PIL nominale di 98,65 migliaia di miliardi di RMB, nel 2019 la Cina è la seconda economia del mondo per dimensioni, il suo PIL pro capite supera i 10.000 dollari e il suo consumo totale di energia è di 4,835 miliardi di tonnellate di carbone standard, con emissioni di CO2 per 9,826 miliardi di tonnellate. Molti sono i settori che avranno un’influenza importante sui tempi della riduzione delle emissioni di carbonio; per esempio, attualmente le emissioni di carbonio del settore edile in Cina sono di circa 2 miliardi di tonnellate l’anno, pari a circa il 20 percento delle emissioni di carbonio totali del paese. Secondo i calcoli, se la politica di conservazione energetica degli edifici manterrà gli standard attuali, il picco di carbonio del settore si avrà intorno al 2038, ben oltre quanto previsto per il picco delle emissioni totali a livello nazionale.
Sfida 3: La Cina e i paesi occidentali si trovano in fasi di crescita economica diverse. Prendendo come standard relativo il tasso di crescita del PIL mondiale (3,5 percento nel periodo 2009-2019), i paesi dell’Ue mostrano un tasso basso (1,6 percento nel 2009-2019) e gli Stati Uniti medio-basso (2,6 percento nel 2009-2019), mentre il quello della Cina è alto (7,7 percento nel 2009-2019): la crescita continua dei consumi energetici cinesi è oggettivamente inevitabile. La Cina ha bisogno di innovazione nel campo dell’energia verde, e ha una crescita delle energie rinnovabili significativamente superiore alla stessa crescita economica della nazione. Tra il 2008 e il 2018 il tasso di crescita medio annuo del consumo di energie rinnovabili in Cina raggiunge il 33,4 percento, un valore che è record mondiale ed equivale a 4,18 volte il tasso di crescita medio annuo del PIL (8,0 percento); la Cina deve pertanto incrementare lo sviluppo dell’energia verde e farne una priorità assoluta nella fase di crescita a tasso medio-alto: l’energia verde, infatti, non è solo una grande fonte di crescita economica, ma è anche essenziale per raggiungere i picchi di carbonio, ed è ormai anche importante ai fini della riduzione delle imposte, delle esenzioni fiscali e dello scambio delle emissioni.
Sfida 4: La Cina e i paesi occidentali hanno strutture industriali di tipo diverso. Nel 2006, quando l’Ue raggiunge il picco di carbonio, il valore aggiunto del settore dei servizi rappresenta il 63,7 percento del PIL, mentre nel 2007 gli Stati Uniti raggiungono il picco di carbonio con un valore del settore dei servizi pari al 73,9 percento del PIL. Da un lato, la quota del valore aggiunto del settore dei servizi cinese sul PIL aumenta dal 53,9 percento del 2019 al 62 percento circa del 2030, un valore inferiore a quello di Ue e Stati Uniti; d’altra parte, entro il 2035 la quota del valore aggiunto del settore dei servizi cinese potrà raggiungere il 65 percento circa. Nel 2006, il valore aggiunto del settore manifatturiero dell’Ue rappresenta il 15,8 percento del PIL, e nel 2007 il valore aggiunto del manifatturiero statunitense costituisce il 12,7 percento del PIL; nel 2019, il valore aggiunto dell’industria manifatturiera cinese è il 27,2 percento del PIL e nel 2030 si attesterà intorno al 22 percento. La domanda di energia per il consumo è grande e la proporzione elevata; nel 2017, il consumo industriale di energia ammonta al 65,6 per cento del PIL totale, superando di gran lunga il 33,1 percento del valore aggiunto dell’industria nel PIL (dati del 2017), equivalente al doppio del consumo energetico per unità di PIL del paese (1,98 volte nel 2017). Questo rispecchia non solo le grandi dimensioni della struttura produttiva industriale e manifatturiera cinese, ma anche l’elevato consumo di energia per unità industriale e produttiva a valore aggiunto, e impone al paese la conservazione dell’energia e la riduzione delle emissioni come priorità assolute. Alla Cina ci vorranno dunque quarant’anni per ridurre il suo 57,6 percento di impiego del carbone e il suo 85,1 percento di emissioni di carbonio da usi di fonti di energia fossile e portarli a livelli che consentano la neutralizzazione dei pozzi di assorbimento del carbonio (compresa la rimozione del carbonio).
Sfida 5: Le varie incertezze e l’intensità dell’attuazione industriale. Gli impegni della Cina subiranno gli effetti dello sviluppo delle imprese e dei cambiamenti nel modello industriale. Per esempio, secondo le norme generali dei paesi sviluppati, il picco di carbonio del settore dei trasporti è spesso in ritardo rispetto al picco di carbonio complessivo. Le difficoltà potrebbero inoltre aumentare a causa dell’entità della popolazione cinese, della velocità di sviluppo, della scala economica e della dotazione di risorse; l’attuazione a livello delle singole imprese dipende inoltre dall’intensità delle politiche e dei sostegni in materia. L’incertezza per il futuro è davvero alta.
Diversamente dalle analoghe europee, le tre principali società energetiche cinesi (CNPC, Sinopec e CNOOC) non hanno piani specifici per la neutralità carbonica, né piani di attuazione graduale.
Raggiungere il picco di carbonio e la neutralità carbonica è essenzialmente una rivoluzione industriale verde senza precedenti, ma tale è la tendenza generale della rivoluzione dell’energia verde nel XXI secolo. Serve una riforma verde continua che tocchi e influenzi sul breve termine le industrie ad alta intensità energetica. I benefici e la teoria delle prestazioni dei governi locali possono far apparire il tutto una vera e propria mission impossible sul breve termine, ma un impegno nazionale costituisce una responsabilità internazionale, e di certo la Cina si adopererà al meglio per tener fede ai propri impegni. Nel frattempo si devono anche sondare più in profondità le vie principali verso il conseguimento degli obiettivi, che richiedono soluzioni alternative, costi di trasformazione, mezzi per superare le difficoltà e determinazione a mantenere le promesse.
La tendenza generale della rivoluzione energetica
Rispondere al cambiamento climatico è ormai la sfida maggiore per la Cina ai fini, fondamentalmente, di realizzare la modernizzazione socialista, ma è anche la più grande opportunità che il paese ha conseguire un’industrializzazione verde, l’uso di energia pulita, l’urbanizzazione e la modernizzazione agricola e rurale.
*Lifan Li
È professore associato di ricerca dell’Accademia di Scienze Sociali di Shanghai e Segretario Generale del Centro Studi di Shanghai per l’Organizzazione e la Cooperazione. Articolo pubblicato sul numero di luglio 2021 di WE World Energy.
WE World Energy è il magazine internazionale sul mondo dell'energia pubblicato da Eni - diretto da Mario Sechi - che con il suo portato di esperienza e scientificità si è guadagnato una posizione di grande rilievo nel panorama internazionale dei media di settore.