AGI - La tensione sui prezzi delle materie prime non risparmia il caffè: il costo del chicco verde ha subito un aumento di oltre il 40% nel giro di un anno. Se a giugno 2020 il prezzo era di poco meno di 100 centesimi a libbra (circa 450 grammi) a giugno di quest’anno si è arrivati a 144 centesimi.
“Ma la materia prima non ha un’incidenza fondamentale sul prezzo del caffè torrefatto”, spiega all’AGI Luciano Sbraga, vicedirettore generale Fipe Confcommercio.
“Sul mercato italiano si registra un incremento del 20-25%: la miscela che veniva importata a 6 euro ora viaggia sugli 8 euro. Ma in una tazzina ci sono circa 7 grammi di caffè, e l’incidenza sul prezzo finale è del 20%, cioé 17-18 centesimi su 1 euro. Quindi anche un aumento di un paio di euro al chilo di caffè verde non può avere riflessi importanti sul prodotto finale”.
Anche se di poco, però i prezzi sono saliti: +1,4% in un anno. Le differenze a livello regionale restano confermate: si va dagli 88 centesimi di Reggio Calabria e ai 90 di Napoli per poi gradualmente salire verso il Nord: 93 centesimi a Roma, 1,09 a Torino, 1,10 a Modena, Ravenna, Belluno, 1,11 a Bologna.
“Per quest’anno non ci aspettiamo grandi tensioni sui prezzi – spiega Sbraga – ma certo dobbiamo sperare che non ci siano aumenti su altre materie prima”. D’altronde, l’espresso “si porta dietro il costo della vita, dall’energia agli affitti dei locali”. Per gli esercizi pubblici qualsiasi aumento in questa fase è determinante, dal momento che devono ancora riprendersi dalla ‘batosta’ delle restrizioni legate alla pandemia. Nel periodo pre Covid – precisa Braga – in media un bar ‘produceva’ 175 tazzine, per un valore di 6,6 miliardi: il 32% del fatturato.
Il consumo domestico naturalmente è aumentato, con il boom dell’espresso in cialde, ma con le riaperture la situazione è tornata alla normalità: “L’espresso casalingo non ha un effetto cannibalizzante – assicura Braga – anzi la diffusione delle cialde ha accresciuto la sensibilità del consumatore per la qualità”. Una qualità a cui tengono molto torrefattori e baristi italiani, tanto da sostenere la candidatura del caffè espresso italiano all’Unesco: “Nell’espresso italiano la componente immateriale è fondamentale, vi è un mondo di valori e una ritualità che pensiamo debba essere riconosciuta. I requisiti ci sono, siamo ottimisti”.