AGI - Roma, 13 mar. - Pandemia, lockdown e crisi economico-finanziaria hanno tagliato il valore delle società italiane quotate in Borsa di quasi 80 miliardi di euro. Lo rivela un'analisi di Unimpresa, secondo la quale nel 2020, a causa degli effetti del Covid, la capitalizzazione complessiva di Piazza Affari è scesa di 78 miliardi, in calo del 15% su base annua, passando dai 522 miliardi di dicembre 2019 ai 444 miliardi di dicembre scorso.
Contemporaneamente si registra una fuga degli stranieri dalla Borsa del nostro Paese: le quote in mano a soggetti esteri, tra disinvestimenti e riduzione delle quotazioni dei titoli detenuti, sono calate dal 49% di fine 2019 al 46% dello scorso dicembre, erano oltre il 51% nel 2015, vuol dire che in cinque anni gli stranieri si sono vistosamente allontanati dal nostro mercato finanziario.
Sono questi i dati principali della periodica analisi del Centro studi di Unimpresa sul valore della società italiane e sulla distribuzione delle quote azionarie. "Subiamo un doppio, durissimo colpo: risultiamo sempre meno attrattivi e assistiamo a un sensibile impoverimento delle nostre imprese quotate, è un pessimo segnale per la nostra economica. È un bilancio drammatico, spia, peraltro, di una situazione che il Coronavirus ha soltanto aggravato, ma che, in realta', viene da lontano, da decenni di scelte di politica economica inesistenti e da un capitalismo mai maturato". A parlare è il segretario generale di Unimpresa, Raffaele Lauro.
"La nostra finanza - dice - basata sulle relazioni, su quel capitalismo di relazioni che ha cagionato enormi danni, non si è rivelata un modello vincente: mancano, oggi, le risorse finanziarie e sono mancate scelte imprenditoriali coraggiose e di ampio respiro. Occorre puntare, adesso più che mai, sulle piccole e medie imprese, bisogna favorire la loro crescita dimensionale anche con l'accesso, decisamente più ampio, ai mercati regolamentati dei capitali. È un altro compito, non semplice, di cui dovrà farsi carico l'esecutivo guidato da Mario Draghi".
Lo studio dell'associazione è basato su dati della Banca d'Italia aggiornati a dicembre 2020 e incrocia i dati relativi al valore di bilancio delle azioni - quotate e non - detenute da tutti i soggetti economici che operano nel nostro Paese: imprese, banche, assicurazioni e fondi pensione, Stato centrale, enti locali, enti di previdenza, famiglie, investitori stranieri. I dati mettono a confronto i valori registrati nel quarto trimestre 2019 e quelli del quarto trimestre 2020. Secondo l'analisi, per quanto riguarda l'intero universo delle società per azioni del nostro Paese, la fetta maggiore è in mano alle famiglie: in salita al 38,23% a fine 2020 rispetto al 37,82% di dicembre 2019.
Nella speciale classifica, seguono gli stranieri col 25,46% (era il 25,06%), le imprese col 14,66% (era il 15,23%), le banche con il 12,14% (era il 15,23%) e lo Stato centrale col 5,12% (era al 4,82%), le assicurazioni e i fondi pensione col 2,73% (era il 2,63%); quote minoritarie sono riconducibili alle amministrazioni locali (stabili attorno allo 0,64% dallo 0,60%) e agli enti di previdenza (dallo 0,85% all'1,04%).
Complessivamente, il valore delle società per azioni è diminuito, dal quarto trimestre del 2019 al quarto trimestre del 2020, del 10,22%, con un calo di 181,9 miliardi, scendendo dai 2.322,2 miliardi del 2019 ai 2.140,3 miliardi di dicembre scorso.
Bilancio negativo per le famiglie, che hanno perso valore, nei loro portafogli, per 60,02 miliardi (-6,83%) da 878,2 miliardi a 818,1 miliardi. Saldo negativo (-37,1 miliardi con un calo del 6,38%) anche per gli investitori esteri: avevano quote azionarie che valevano nel 2019 581,9 miliardi e nel 2020, tra cali delle quote e cessioni di pacchetti azionari, valevano complessivamente 544,8 miliardi.