Sostenibilità, smaltimento dei rifiuti, economia circolare. Queste sono sfide che la contemporaneità ha posto a molte aziende e startup in tutto il mondo. La rivoluzione green è uno degli obiettivi da perseguire nei prossimi anni, da grandi e piccole aziende. La Maker Faire Rome, vetrina internazionale di grande rilievo per maker, innovatori e inventori, riflette questa ricerca e propone molte tecnologie. Come Reset, startup laziale cleentech che opera nel settore dell'energia da fonti rinnovabili, entrata di recente a far parte di Joule, la scuola per le imprese di Eni.
Reset progetta e costruisce impianti di gassificazione e produzione di energia alimentati da biomasse organiche di scarto. SyngaSmart è una tecnologia carbon-negative in grado di produrre bioenergia e sequestrare CO2, offrendo un’alternativa rispetto ai tradizionali metodi di gestione di biomasse residuali. La mission di RESET è quella di offrire una soluzione innovativa di valorizzazione energetica e smaltimento on-site di biomasse, riducendo gli impatti ambientali e creando valore per gli operatori e la collettività. Per saperne di più abbiamo intervistato Valerio Manelfi, uno dei founder della startup.
Quando nasce e di cosa si occupa Reset
Reset nasce nel giugno del 2015 come startup innovativa da un gruppo di persone che già lavoravano nel mondo dell’energia da fonti rinnovabili, fotovoltaico prima e poi nella co-generazione da bioliquidi. Già nel 2013 però si era palesata l’idea di voler realizzare un sistema per trattare le biomasse solide. Sul mercato c’era un’offerta abbastanza limitata ci è balenata l’idea di inventarci il nostra sistemo, e poi una società dedicata, non essendo soddisfatti di quello che avevamo visto.
SyngaSmart è il nome della tecnologia sviluppata da RESET e consiste in un sistema integrato di processi meccanici e termochimici, comandati e controllati da un’articolata architettura di elettronica ed automazione, la cui finalità è quella di trasformare biomasse organiche solide, quali legna e scarti organici, in energia e calore, attraverso un processo carbon-negative in grado di immagazzinare CO2 in una forma stabile.
Come funziona la tecnologia
La cogenerazione è un processo abbastanza noto e consiste nell'accoppiare ad un motore un alternatore per fare energia elettrica e un sistema di recupero del calore. Quello che è stato frutto di innovazione, ricerca e anche fallimenti, che per fortuna ci sono stati perché rappresentano il fulcro della sperimentazione, sono i reattori di gassificazione di piccola scala, con una tecnologia che banalmente consiste in un trattamento termo-chimico della biomassa.
Può farci un esempio pratico?
Parliamo di cippato di legno o pellet. Questa biomassa viene introdotta in un contenitore sigillato ed ermetico e, attraverso varie fasi termochimiche, viene scaldato a una temperatura elevatissima, circa 900 gradi. A quelle temperature la biomassa si scompone e si trasforma in gas combustibile e in un sottoprodotto chiamato Biochar. Devo dire che sviluppare l’intero sistema, e il reattore in particolare, non è stato facile: la tecnologia è ben nota nei grandi poli industriali, anche civili, basti pensare al Gazometro di Roma. Noi abbiamo inventato un sistema per riportare quei grandi impianti su piccole taglie, per piccole medie aziende o comunità.
Com'è composto il team?
All’inizio eravamo 6 persone, ora siamo 60. L’impresa nasce da un ambiente familiare visto che dietro a questo progetto c’è mio padre che oggi segue altre attività che rientrano sempre in ambito Reset. Siamo stati io, mio fratello e altri due soci a dare il via a tutto e a esserne i fondatori. È la nostra prima startup anche se assomiglia più a un’azienda metalmeccanica visto che abbiamo saldatori, elettricisti, motoristi, ingegneri. Una piccola realtà che oggi ha le basi per costruire qualcosa di importante nel futuro. Una tecnologia oggetto di 3 brevetti e un know-how proprietario che comprende tutti gli aspetti di automazione, informatica, software e controllo remoto che la rende particolare e originale.
Soffermiamoci sui rifiuti e sul loro smaltimento
La nostra macchina prende 100 unità di una generica biomassa organica che può essere legno, gusci di nocciole, scarti di potatura, compost, rifiuti urbani, digestato, fanghi, e li trasforma da 100 a 5. Riduce cioè il problema dello smaltimento, che non è tanto e solo portare alla discarica o all’inceneritore, ma è soprattutto il trasportare queste sostanze per centinaia di chilometri.
Il ricavo arriva da due strade differenti: la produzione di energia e lo smaltimento dei rifiuti. Questa macchina fa anche un’altra cosa, ovvero un processo che si chiama carbon-negative. Quando vado a impiegare una biomassa dentro a questo impianto, che diversamente da questo utilizzo sarebbe stata conferita in discarica, bruciata in un termovalorizzatore o semplicemente abbandonata nell’ambiente, io ho impedito a quella biomassa di restituire la totalità della CO2 che ha assorbito nel suo corso di vita attraverso la fotosintesi. Usando questa macchina, invece, ho due vantaggi: evito l’emissione di nuova CO2 e genero un ammendante chiamato Biochar.
Cos'è il Biochar?
È un carbone vegetale molto concentrato che permette di immagazzinare il carbonio in forma solida e non gassosa. Ovvero, lo metto sottoterra e non solo mi fa da ammendante ma rimane lì per secoli. Praticamente è un processo inverso dell’estrazione del petrolio e del suo utilizzo. Questo è il vantaggio socio-ambientale di questa tecnologia. Il Biochar inoltre trattiene nutrienti e acqua, riducendo l’impronta idrica, incrementa l'attività microbiologica, aumenta la disponibilità di minerali e aumenta la produttività
Il rapporto con Eni
Eni Joule si è interessata a noi per quello che sarà lo sviluppo di Reset nei prossimi 5 anni. Quello di includere nel range delle biomasse da trattare anche i fanghi di depurazione che è un problema di molte aziende per quanto riguarda il loro smaltimento.
Negli ultimi tempi abbiamo fatto dei test e ci siamo accorti che inserendo i fanghi di depurazione nell’impianto (gassificatore) questo rimaneva acceso, una cosa inaspettata e un primo successo. Abbiamo capito dunque che c’è un percorso da fare di improvement tecnologico e di studio dedicato a questo tipo di biomassa. Del resto di 10 richieste che riceviamo, 7-8 riguardano i fanghi. Compresa Eni visto che questo processo rientra all’interno dell’economia circolare e delle operazione virtuose in ambito di produzione energetica, sostenibilità e riduzione delle emissioni.
Avete già guardato oltre i confini italiani?
Alcuni nostri competitor hanno già venduto all’estero ma con un approccio di pura vendita. Per noi è diverso. Quello che vogliamo fare è, sì trovare un partner all’estero, ma non solo per poter vendere. Per noi è necessario anche fornire tutta l’assistenza post-vendita senza la quale queste macchine non possono funzionare. Vogliamo andare più cauti, partire da un primo paese, insediarci con una piccola unità post vendita e poi allargarci. Se oggi dovessi scegliere tra seguire la strada dell’internalizzazione con il prodotto attuale o ricercare mercati dove non ci sono competitor sicuramente seguirei la seconda. Il lavoro che stiamo facendo con Eni potrebbe essere il primo al mondo.
La Maker Faire è una vetrina importante
Assolutamente sì, anche se mi manca il contatto tra persone che oggi è ovviamente non si può fare. Ci è mancato fare Ecomondo, ad esempio. Però è sempre un’occasione importante per intessere rapporti e raccontare ciò che facciamo.