AGI - Un eventuale via libera alla riforma del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, non implica in automatico il suo utilizzo, sul quale sarà il Parlamento a decidere e l’Italia non porrà alcun veto in Europa. Nel giorno dell’Eurogruppo il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, audito da Camera e Senato, ha auspicato un “accordo positivo” e ha assicurato che la linea del governo sarà coerente con le indicazioni delle Camere che avranno tempo fino al 27 gennaio, giorno della firma del Trattato, per valutare e decidere.
La riforma del Mes è distinta dal suo uso
“Lo scenario che si presenta ai nostri occhi oggi, è sicuramente profondamente mutato rispetto a quello di un anno fa, il che consente anche di ridimensionare critiche e dubbi che in passato erano stati posti da alcuni”, ha sottolineato il titolare dell’Economia spiegando però che la riforma del Mes “è cosa distinta dalla scelta se utilizzare o meno il Mes sanitario da parte dell'Italia: su tale questione, come è noto – ha osservato - esistono posizioni diverse, ogni decisione a riguardo dovrà essere condivisa dall'intera maggioranza e approvata dal Parlamento".
La riforma complessiva del Mes, ha ricordato Gualtieri, avverrà in contemporanea con l'istituzione della rete di sicurezza (backstop) al fondo di risoluzione bancaria e a una valutazione più positiva dei rischi del sistema bancario europeo e italiano. Le decisioni all’Eurogruppo, ha garantito, “riguardano unicamente la riforma del Mes e l’introduzione anticipata del Common backstop oltre alla decisione sulla valutazione dello stato di salute e di rischio attuale delle banche europee e non investono in alcun modo l’utilizzo del Mes". L’impatto di un’intesa sui mercati “sarà positivo” mentre un “eventuale mancato accordo politico oggi rappresenterebbe uno scenario estremamente negativo che metterebbe in luce l'incapacità di continuare il percorso verso l'unione bancaria", ha messo in guardia il ministro.
Mandato chiaro, governo non porrà veto
Pertanto l’Italia non porrà alcun veto perché rispetto a un accordo "per la parte principale finalizzato dal governo precedente e per la parte successiva indirizzato da indicazioni parlamentari i cui risultati sono stati superiori alle aspettative, sarebbe una violazione dell'indirizzo parlamentare". Il ministro ha sottolineato che "sul Mes e sull'Unione economica monetaria la linea seguita dal governo durante il negoziato è stata ed è pienamente coerente con le indicazioni del Parlamento e con la risoluzione di maggioranza approvata lo scorso dicembre".
"Ciò che rende operativo il consenso del Paese è la firma e la firma avverrà il 27 gennaio quindi ci saranno tutte le possibilità e i tempi per il Parlamento di valutare", ha replicato Gualtieri agli attacchi della Lega e in particolare dell’onorevole Claudio Borghi che lo ha diffidato dal dare il suo assenso alla riforma perché privo di mandato. Dura la risposta del titolare dell’Economia: "Il mandato per me è estremamente chiaro: io mi presento all'Eurogruppo forte di una chiara posizione del Parlamento e di un chiaro obbligo e dovere di difendere gli interessi dell'Italia e di concorrere a un accordo positivo che contenga elementi ritenuti estremamente importanti dal Parlamento, dal governo e da tutto il sistema finanziario dell'Italia".
L'Italia ora non ha bisogno del Mes
Il ministro ha però voluto chiarire che in questo momento per l'Italia non c'è alcuna necessità di ricorrere alla linea di credito del Mes. L’attivazione “diventerebbe estremamente importante in caso di carenza di liquidità da parte di uno Stato che, dovendo spendere molto e rapidamente, non dovesse riuscire a finanziarsi sufficientemente sui mercati” ma, ha garantito citando le parole del ministro francese Bruno Le Maire, “Italia e Francia hanno molta liquidità quindi non hanno bisogno in questo momento del Mes”. Gualtieri ha quindi sgombrato il campo da equivoci: "Un eventuale ritardo del varo del Recovery plan, cosa che non pensiamo che ci sarà, non può essere colmato con l'utilizzo del Mes sanitario".
Nessuna ristrutturazione del debito
Il titolare dell’Economia è poi tornato su uno dei punti più contestati della riforma. Non "è richiesta in alcun modo una ristrutturazione preventiva" del debito "per l’accesso al supporto del Mes", ha assicurato.
Nel ricordare che "la riforma prevede delle modifiche al regime delle clausole di azione collettiva (cosiddette CACs), tramite le quali lo Stato può modificare i termini di un titolo con l’approvazione di una determinata maggioranza qualificata di investitori", il ministro ha precisato che "le nuove CaCs non aumentano la probabilità di una ristrutturazione, essendo peraltro attivabili esclusivamente per iniziativa dell’emittente. È solo lo Stato che può decidere, se vuole, di attivarle. È stata quindi evitata - ha osservato - la previsione e applicazione di meccanismi automatici di ristrutturazione del debito. Che come è noto erano originariamente nelle proposte che erano state avanzate ma che già il precedente Governo, nel negoziare il trattato, ha positivamente e totalmente escluso".