AGI - Un matrimonio che stava per sfociare in un divorzio, nonostante non fosse stato ancora celebrato. 'The happy end' sembra invece garantita nella saga dell'acquisto di Tiffany da parte di Lvmh dopo che il colosso francese è riuscito a spuntarla. Raggiunto infatti l'accordo tra i due storici brand.
Rinegoziato il prezzo, da 135 a 131,1 dollari per azione
Acquisirà quindi il celebre brand di gioielli a 131,5 dollari per azione, meno dei 135 dollari inizialmente pattuiti. La nuova proposta valorizza il marchio americano del lusso per 15,96 miliardi di dollari.
Il matrimonio stava per naufragare
Il deal sembrava praticamente sfumato, dopo un susseguirsi di voci incontrollate. Non aveva di certo aiutato ad evitare questo epilogo il clima di incertezza dopo il lockdown: fatto sta che un mese fa il gruppo LVMH aveva fatto sapere che "così com'è", non era "in grado" di completare l'acquisizione di Tiffany.
Le posizioni dei due colossi erano distanti
Lvmh aveva spiegato che il gioielliere Usa aveva chiesto il differimento del closing dell'operazione al 31 dicembre dal 24 novembre e che il board del colosso francese aveva deciso invece di tenere fede ai termini originali dell'accordo di integrazione.
Alla luce della situazione, Lvmh aveva detto di non essere nella posizione per portare avanti l'acquisizione ma Tiffany era pronto a citare in giudizio Lvmh.
La controffensiva del brand di gioielli
Tiffany stava per intraprendere un'azione legale, ossia una causa presso la Corte del Delaware, contro LVMH, sostenendo che il gigante del lusso francese aveva deliberatamente bloccato il processo di ottenimento delle approvazioni Antitrust per l'acquisizione del gioielliere statunitense e che aveva usato altre tattiche dilatorie per costringerlo a rinegoziare l'accordo (l'accordo era sui 135 dollari ad azione, ma Arnault puntava a calare a 120, c'e' riuscito quindi a 131,5 dollari).
Tiffany sosteneva che LVMH aveva ritardato il processo di regolamentazione dell'Unione Europea per evitare di chiudere prima della scadenza del termine stabilito, minacciando di abbandonare l'acquisizione.
Sempre secondo Tiffany, mentre le autorità di controllo della concorrenza in Cina e negli Stati Uniti avevano già autorizzato quella che sarebbe stata la più grande acquisizione mai realizzata nel settore del lusso, LVMH non aveva, invece, ancora presentato la domanda per l'approvazione normativa nelle tre giurisdizioni richieste, inclusa l'Unione Europea.
A questo si aggiungeva il fatto che LVMH avrebbe riferito a Tiffany di aver ricevuto a inizio settembre la lettera dal governo francese nella quale l'esecutivo di Parigi chiedeva di posticipare la chiusura dell'affare al 6 gennaio dell'anno prossimo, nel tentativo di dissuadere l'amministrazione Trump dall'imporre tariffe sulle merci provenienti dalla Francia.
Sia come sia, nei giorni scorsi è arrivato l'ok della Commissione Europea alle 'nozze', nonostante l'operazione sembrava che stesse naufragando.
Arnault si era innamorato del famoso brand
E' stata una lunga storia d'amore quella tra Lmvh e Tiffany. Il gruppo francese aveva a lungo corteggiato il gioielliere americano fondato da Charles Lewis Tiffany nel 1837, e prima della pandemia aveva accettato di pagare 135 dollari per quella che il signor Arnault aveva definito una "icona americana".
Il Covid ha stravolto però i suoi piani
Ma il Covid-19 ha depresso la domanda globale di beni di lusso: gli analisti prevedono un calo del 20-35% delle vendite quest'anno e una lenta ripresa che potrebbe richiedere tre anni. Nel frattempo, le azioni Tiffany stanno calando di quasi il 9%.
Lmvh nicchia per rinegoziare
Il signor Arnault, soprannominato "il lupo in cashmere" per la sua tattica dura e ostile di fare affari, non ha mai detto pubblicamente di voler rinegoziare l'acquisizione. A giugno scorso, LVMH aveva dichiarato di non avere intenzione di acquistare azioni Tiffany sul mercato aperto, escludendo una delle uniche opzioni disponibili per abbassare il prezzo concordato.
Ciò aveva fatto seguito alle relazioni che aveva discusso la riapertura delle trattative in una riunione del consiglio di amministrazione. Fonti vicine a Tiffany menzionate dal Financial Times rivendicavano invece i dettagli di quella riunione, durante la quale il consiglio di amministrazione di LVMH avrebbe cercato di trovare di ridurre il prezzo, a causa della pandemia e delle proteste negli Stati Uniti.
Le indiscrezioni si sono rivelate poi vere
In precedenza Lvmh aveva piu' volte dichiarato di voler rispettare l'accordo di fusione con Tiffany. In risposta alle domande di analisti e giornalisti sulla possibilità di rinegoziare l'accordo, aveva dichiarato sia ad aprile, che a giugno e luglio che avrebbe rispettato l'accordo di fusione che aveva firmato con Tiffany. Fino agli sviluppi di settembre. Ed infatti ha rinegoziato l'accordo.
L'entusiasmo di un anno fa
Quando a novembre 2019 arrivò l'annuncio dell'acquisto di Tiffany da parte di LVMH, Arnault disse che Tiffany avrebbe "prosperato per i secoli a venire". E ora vedremo se sarà veramente così.
I vantaggi per Tiffany
Tiffany trarrà sicuramente vantaggio dall'acquisizione del gruppo di Arnault che già possiede celebri marchi, del calibro di Christian Dior, Bulgari, Dkny, Fendi, Ce'line, Guerlain, Givenchy, Kenzo, Loro Piana e Louis Vuitton. Un impero che spazia dalle borse all'abbigliamento, dai gioielli alle catene di retail, dalla cosmetica agli alcolici. Si pensi agli orologi (Tag Heuer), alle catene di distribuzione di prodotti di bellezza (Sephora e il parigino Le Bon Marchee', considerato il "primo grande magazzino del mondo") fino ai vini e liquori (dagli champagne Moet & Chandon, Krug e Veuve Clicquot al cognac Hennessy) e all'editoria (Les E'chos, Le Parisien, Radio Classique).
I possibili sviliuppi
Forte del suo patrimonio, Arnault potrebbe sicuramente investire in Tiffany: la gioielleria di lusso celebre anche grazie alla celebratissima interpretazione di Audrey Hepburn nel film "Colazione da Tiffany" e alla raffinatissima carta regalo dal color verde acqua nonché ovviamente dalle sue creazioni originali, è sempre molto apprezzata sia da clienti americani ma anche di tutto il mondo.
E i francesi si rafforzano in Usa
Da parte sua, con Tiffany, LVMH rafforza la sua presenza negli Stati Uniti, attualmente il secondo mercato del gigante del lusso con il 23% delle vendite nei primi nove mesi dell'anno scorso. Certo che con la pandemia, il trend delle vendite registrerà sicuramente un colpo di freno ma è anche vero che il lusso è uno di quei settori che ha più capacità di resilienza.