Renault potrebbe addirittura scomparire se non riesce a riadattarsi dopo la crisi del coronavirus. Lo ha detto il Ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire alla radio Europa 1.
Secondo Le Maire, lo stabilimento francese della Renault a Flins (che assieme ad altri tre sarebbe a rischio chiusura) non deve fermarsi e la casa automobilistica francese dovrebbe essere invece in grado di mantenere il maggior numero possibile di posti di lavoro in Francia, ma allo stesso tempo rimanere competitiva.
"Sì, la Renault potrebbe scomparire", ha detto Le Maire, aggiungendo che, tuttavia, il presidente della Renault Jean-Dominique Senard stava lavorando duramente su un nuovo piano strategico, e anche con il sostegno del governo francese. Le Maire aveva anche detto a Le Figaro che non aveva ancora firmato un prestito di 5 miliardi di euro (5,5 miliardi di dollari) per la Renault, e che le discussioni stavano continuando.
A metà maggio il giotrnale satirico 'Le Canard enchaine' prtevedeva che la casa automobilistica francese potesse chiudere quattro siti in Francia - Flins, Dieppe, Choisy-le-Roi e le Fonderies de Bretagne - nell'ambito di un piano di risparmio da 2 miliardi di euro che dovrebbe essere presentato il 29 maggio.
Secondo una fonte vicina al dossier, tuttavia, non si tratterebbe di una chiusura a Flins, ma di un arresto della produzione automobilistica per dedicare il sito ad un'altra attività.
Da dove vengono i guai di Renault
Lo stabilimento di Flins a Yvelines impiega 2.600 persone e assembla le city car Zoe' (elettriche) e la Micra del partner giapponese Nissan. "Per noi è importante sapere qual è la strategia a lungo termine di Renault e come garantiscono che domani i veicoli elettrici saranno localizzati in Francia", ha chiesto Bruno Le Maire. "Come possono garantire che domani la Francia diventi il primo centro di produzione mondiale di veicoli elettrici per Renault?", ha insistito il ministro.
In un'intervista a Le Figaro, Le Maire aveva già detto che il gruppo automobilistico francese, di cui lo Stato è azionista storico e possiede il 15% del capitale, "gioca per la sua sopravvivenza", e ha precisato di non aver ancora dato il via libera a un prestito di cinque miliardi di euro che dovrebbe permettere alla Renault di superare la crisi.
L'ammiraglia industriale francese si trova in una pessima situazione, avendo visto i suoi stabilimenti e la sua rete commerciale paralizzati dalla crisi del coronavirus e dai lockdown decisi in particolare in Europa, che hanno causato un calo del 76,3% del mercato delle nuove auto nel mese di aprile nel Vecchio Continente.
Il gruppo era già indebolito avendo registrato la sua prima perdita netta in dieci anni nel 2019. Per questo motivo, il ministro francese aveva già esortato l'azienda ad adattarsi al nuovo momento storico perché altrimenti "potrebbe pure scomparire".
In Francia sindacati e governo erano subito scesi sul piede di guerra dopo le anticipazioni sul piano di risparmio da 2 miliardi di euro, oltre a quello strategico per l'alleanza con i giapponesi Nissan e Mitsubishi.
Il premier Edouard Philippe aveva assicurato che il governo sarà "intransigente sulla preservazione" dei siti in Francia se Renault dovesse confermarne la chiusura.
"C'è una forma di responsabilità dell'azienda ad andare avanti, a trasformarsi ma a tenere conto, anche, delle realtà del paese in cui ha sede e di un certo modo di vivere" aveva avvertito Philippe.
Durante il question time in Parlamento, il primo ministro aveva sottolineato che "se Renault è un'azienda mondiale, il suo marchio francese è evidente". Stesso irrigidimento da parte del sindacato CFE-CGC del gruppo Renault, la prima organizzazione rappresentativa della casa automobilistica, che aveva già manifestato al riguardo le "preoccupazioni" dei dipendenti.
"La CFE-CGC Renault favorisce il dialogo sociale di fronte alle voci" e "pur non avendo l'abitudine di commentare le voci, è consapevole delle preoccupazioni e dei timori che queste suscitano tra i dipendenti e più in particolare quelli dei siti citati", si leggeva in un comunicato stampa.
I prossimi passi
Saranno cruciali i prossimi giorni, quando il sindacato si riunirà con la direzione generale della Renault, che ha convocato gli organi centrali di rappresentanza del personale. In base al calendario delle consultazioni diffuso, le quattro organizzazioni rappresentative di Renault saranno ricevute separatamente dalla direzione generale del gruppo.
Lunediì toccherà alla CFDT e a seguire, martedì, CFE-CGC, CGT e poi FO. Il Comitato Centrale Sociale ed Economico (CCSE) e il comitato di gruppo si riuniranno ciascuno due volte, mercoledì 27 e giovedì 28 maggio, giorni in cui saranno presentati i due attesi piani aziendali.
Gli stabilimenti in crisi
Con i suoi 2.600 dipendenti, l'impianto di Flins, troppo vicino a Parigi, e' da anni sotto torchio per la sua situazione occupazionale e i suoi rendimenti, al di sotto rispetto alla fabbrica più performante di Maubeuge. Da Flins sono usciti alcuni tra i modelli più popolari di Renault, tra cui Dauphine, 4L, R5 e Clio, la cui produzione è stata poi delocalizzata in Slovenia e Turchia.
Oggi dall'impianto di Flins esce solo la Micra, che si vende male, motivo per cui il partner giapponese potrebbe annunciare la sua uscita dalla storica fabbrica. Sulla carta, ancora per 4 anni, dovrebbe produrre la macchina elettrica Zoe', ma i prossimi veicoli potrebbero poi essere fabbricati a Douai (nord), sede di una piattaforma industriale tecnica condivisa con Nissan e Mitsubishi.
Secondo il quotidiano economico Les Echos la direzione Renault potrebbe decidere di procedere ad una profonda trasformazione di Flins, ancora tutta de definire, accogliendo presumibilmente l'attività della fabbrica di Choisy-le-Roi - 263 dipendenti - specializzata in ricondizionamento di parti meccaniche. Altre fonti citano per la futura Flins una possibile attività di progettazione e di produzione di prototipi di nuovi veicoli elettrici o condivisi oltre al montaggio di batterie.