Il grido di allarme dei mercati emergenti per la ricaduta economica del coronavirus coinvolge oltre 100 Paesi poveri e a medio reddito, che già hanno invocato l’aiuto finanziario del Fmi e della Banca Mondiale. La grande preoccupazione evocata da Kristalina Georgieva, direttrice generale del Fondo, riguarda il livello di debito che grava su alcuni Stati. Negli ultimi due mesi, i mercati emergenti hanno segnato deflussi di capitale per 100 miliardi di dollari, oltre tre volte in più di quelli registrati nello stesso periodo durante la crisi finanziaria globale del 2008.
Il rischio serio è che il Covid-19, sommato al crollo dei prezzi delle materie prime, vada a impattare in modo inarrestabile sulla loro situazione debitoria. Con la probabilità, quindi, che si scateni una nuova crisi del debito per i Paesi a basso reddito. In uno scenario di pesante recessione, la prospettiva del crollo di decine di Stati, affossati da oneri insostenibili verso i creditori, apre un nuovo fronte non di poco conto dell'emergenza coronavirus.
Paesi emergenti e avanzati uniti dal crollo
Per la prima volta dalla Grande Depressione la recessione si abbatterà contemporaneamente sia sulle economie avanzate sia su quelle emergenti, ha segnalato l'Fmi. Per le economie emergenti e in via di sviluppo, l'organismo di Washington prevede per quest'anno un calo complessivo dell'1%, che sale al 2,2% se si esclude l'economia cinese.
Per la prima volta in 60 anni, l'Asia registrerà una crescita zero. A parte Cina e India, che riusciranno comunque a chiudere l'anno in positivo rispettivamente per l'1,2 e l'1,9% le stime del Fondo sono drammatiche: il Pil dell'Europa in via di sviluppo calerà del 5,2%, come quello di America Latina e Caraibi del 5,2%, quello di Medio Oriente e Asia centrale del 2,8%, quello dell'Africa subsahariana dell'1,6%.
Un colosso come il Messico assisterà a una contrazione del 6,6%. Ma le cose non andranno meglio a Brasile (-5,3%), Russia (-5,5%) e Sud Africa (-5,8%). Si salveranno parzialmente, ma senza comunque evitare un saldo negativo (-0,6%), soltanto le Tigri asiatiche dell'Asean-5 (Malaysia, Indonesia, Singapore, Thailandia e Filippine).
La moratoria sul debito del G20
Secondo un numero crescente di critici, la decisione del G20 di sospendere il servizio del debito dei Paesi più poveri sino a fine anno non basta e ignora la difficile situazione di molte altre economie in via di sviluppo che stanno anche lottando per far fronte alla pandemia di coronavirus. La moratoria ammonta a 12 miliardi di dollari e riguarda 77 Paesi.
Allargare lo sguardo
Finora gli aiuti internazionali si sono concentrati sulle nazioni più povere del mondo, molte delle quali si trovano nell'Africa subsahariana, ma alcuni sostengono che anche altre economie necessitano di un aiuto urgente. "I paesi sviluppati possono trovare le proprie soluzioni e possono anche organizzare miliardi in aiuti per le nazioni più povere, ma i paesi a medio reddito sono bloccati nel mezzo con nulla", ha dichiarato Juan Manuel Santos, ex presidente della Colombia.
L'iniziativa di Santos
Questa settimana Santos si è unito agli ex presidenti di Brasile, Messico e Cile in un appello a istituzioni multilaterali come la Banca mondiale e la Banca interamericana di sviluppo per raddoppiare i prestiti netti in America Latina e Caraibi e al Fmi affinché espanda il suo programma sui diritti speciali di prelievo, una mossa che gli Usa non vedono di buon occhio.
"La pandemia di Covid-19 è uno shock di grandezza senza precedenti, durata incerta e conseguenze catastrofiche che, se non adeguatamente affrontate, potrebbero portare a uno degli episodi più tragici della storia dell'America Latina e dei Caraibi", hanno scritto.
Anche l'africa chiede di più
I negoziatori africani hanno fatto sapere di essere abbastanza soddisfatti dell'accordo raggiunto in seno al G20, che aiuta molti Paesi del continente, ma ritengono che saranno necessari ulteriori passi, a partire da un intervento sui debiti per 115 miliardi di dollari verso i creditori privati.
Per l'Unctad servono 2.500 miliardi di dollari
L'Unctad ha calcolato in 2.500 miliardi di dollari le necessità finanziarie per l'assistenza ai Paesi in via di sviluppo, tra cui 1.000 miliardi di cancellazione del debito e 500 miliardi per servizi sanitari e sociali, sotto forma di sovvenzioni da parte di paesi ricchi. I dati dell'organismo mostrano che su 117 Paesi in via di sviluppo circa un quinto è molto vulnerabile agli impatti diretti dello shock Covid-19 a causa della combinazione tra deterioramento della sostenibilità del debito e forte esposizione delle loro economie al commercio estero e all'esportazione di materie prime.