“Basta ipocrisia. E testa sotto la sabbia. È la mia risposta nella riflessione su quei ‘600 clandestini da regolarizzare per far ripartire l’economia italiana”. Lo scrive a chiare lettere la ministra per le Politiche agricole Teresa Bellanova in un intervento di proprio pugno su Il Foglio.
“Nessun insediamento informale, nessun lavoratore in nero, sono mai completamente invisibili – prosegue la ministra –, lo diventano perché ci si ostina a non vederli per ricordarsene solo quando l’irreparabile costringe a prenderne atto”. Poi Bellanova scrive: “È anche per questo che dico: o siamo noi, la politica, chi governa, a farci carico fino in fondo delle contraddizioni che il reale ci impone sotto gli occhi, o se ne farà carico qualcun altro: la criminalità”.
Nel ricordare le emergenze affrontate nel settore agricolo e i numeri dei cosiddetti “regolari” (400 mila) la ministra scrive che “sappiamo come fare” per affrontare la situazione e a quanti l’accusano di avere troppa attenzione “per i lavoratori dei ghetti” Bellanova risponde scrivendo “se non è lo Stato a garantire incrocio tra regolare tra domanda, offerta di lavoro, rete integrata dei servizi necessari, è la criminalità” e “il caporalato non è un modo alternativo di erogare servizi necessari, è mafia” e “senza soluzioni legali si espongono le imprese al ricatto di chi fornisce braccia e servizi”. Infine Bellanova taglia corto: “A questo era ed è chiamata Anpal (l’Agenzia nazionale politiche attive lavoro) i cui ritardi sono evidenti e così l’incapacità di fornire risposte adeguate a un tema così complesso”.