L'Africa subsahariana potrebbe scivolare nella sua prima recessione in un quarto di secolo a causa della pandemia di coronavirus. L'allarme è della Banca Mondiale. "Prevediamo che la crescita economica nell'Africa sub-sahariana diminuirà dal +2,4% nel 2019 al -2,1% nel 2020, la prima recessione nella regione in 25 anni", si legge in un report.
Le istituzioni internazionali dicono che vi sarà una perdita tra il 2,1 e il 5,1 per cento del Pil. Dati questi numeri la decisione dell’Unione Europea di sbloccare 15 miliardi per i partner fuori dal continente, buona parte dei quali saranno destinati all’Africa, può essere vista come una buona notizia che, tuttavia, nasconde alcune insidie. La decisione della Ue nasce da un timore: la paura di una seconda ondata dell’epidemia che parte proprio dall’Africa.
La Ue, inoltre, non vuole, o per lo meno cerca di arginare lo strapotere della Cina nel continente africano. Non può passare l’idea che sia solo Pechino a soccorrere l’Africa. Quindi miliardi a sostegno di due strategie: una sanitaria e l’altra geopolitica. “Si tratta di una buona notizia, ora però attendiamo i dettagli", spiega Guglielmo Micucci, direttore di Amref Italia. "Ora però - aggiunge - attendiamo i dettagli. Ci auguriamo che questo tipo di fondi passi anche attraverso le Organizzazioni non governative, che possono assicurare un aiuto concreto, grazie alla prossimità con le comunità. Non so se sia tardiva. Come vediamo l'Europa ha grosse difficoltà a identificare, per l'Europa stessa, un piano comune. Al contrario mi stupisce positivamente, questo slancio verso l'Africa, proprio mentre l'Europa è intenta a ragionare su dinamiche interne”.
Secondo Micucci, non vi sono “retro pensieri” nella decisione della Ue, anzi pensa che “sia una presa di coscienza di quanto siamo interconnessi. Di quanto la salute dell'Africa sia legata alla salute dell'Europa e del Mondo intero. Non so se per ondata di ritorno intende anche questioni legate alla migrazione, ma non credo ciò avverrà”.
L’Unione europea, in questo modo, vuole arginare “l’influenza” della Cina, gli aiuti non sono mai disinteressati, gli occidentali, del resto, lo hanno fatto per decenni. “Non lo sappiamo, ma ci auguriamo non sia così. Sarà importante andare a vedere i dettagli – sottolinea in direttore di Amref -. Quanti fondi destinati realmente all'Africa e su quali filoni di intervento.L'Europa investe molto in Africa, non certo quanto Usa e Cina, ma il nostro continente è presente negli scambi commerciali e nella cooperazione allo sviluppo”.
La corruzione è un problema che affligge il continente africano. Aiuti a pioggia spesso non raggiungono chi dovrebbero ma vanno a rimpinguare le casse di questo o quel governate e alle popolazioni arrivano le briciole. “Anche se il tema della trasparenza è molto forte in molti Stati africani, ciò non può precludere la possibilità di sostenere il miglioramento dei sistemi sanitari, per effetto di quella interconnessione che dicevamo. Sarà importante rafforzare il sistema sanitario pubblico, per bilanciarlo con quello privato. Altra priorità, accanto alla prevenzione - su cui noi di Amref stiamo lavorando in questi giorni negli slum, nelle comunità remote e con la tecnologia - sarà rafforzare la capacità di identificare e tracciare i casi di positività. Pensiamo ai laboratori di analisi per esempio. Come le campagne intense su acqua e igiene, che stiamo mettendo in piedi con maggiore forza in questi gironi, questo poter rafforzare i sistemi sanitari oggi, permetterà di vedere dei benefici dopo la pandemia”. L’Africa, spesso, è stata lasciata sola ad affrontare i suoi drammi, ma il direttore di Amref è convinto che questa “pandemia fa arrivare ancora con più forza la consapevolezza di un destino comune tra Europa e Africa, uno sviluppo congiunto”.