"Ci aspettiamo una contrazione del giro d'affari dal 20 al 40%, le prime avvisaglie le abbiamo avute a marzo, aprile sarà devastante". Così all'AGI Stefano Quercetti, amministratore delegato dell'omonima azienda di famiglia, che fin dagli anni Cinquanta nello stabilimento di corso Vigevano, a Torino, produce giocattoli educativi, fra cui i celebri chiodini.
Una categoria merceologica che il governo, a seguito dell'emergenza coronavirus, ha inquadrato come "non essenziale". Di conseguenza, il 25 marzo la fabbrica ha abbassato la saracinesca. "È stato l'ultimo giorno per evadere gli ordini - spiega Quercetti - altre richieste le teniamo nel cassetto. Il fatturato estero della nostra azienda ricopre una quota di mercato del 60%, i giocattoli sono richiesti in tutto il mondo, Cina compresa, da anni siamo orientati all'esportazione". In attesa di ripartire, i 65 dipendenti sono in cassa integrazione a zero ore e altri aiuti alle imprese sono stati annunciati nelle scorse ore dal governo.
"Si può tamponare con questa enorme iniezione di liquidità - commenta - ma mi chiedo cosa accadrà qualora un'azienda non fosse in grado di restituire il denaro. Serve capire come opererà effettivamente la garanzia dello Stato, non è un prestito a fondo perduto". Intanto, la chiusura dello stabilimento comporta dei costi, presenti e futuri.
"Non è come chiudere una porta, qualcosa è manuale ma molto è automatico. Tenere fermi i macchinari presenta dei rischi, si verificano molti più guasti rispetto a quanto avviene durante il ciclo produttivo. Sono certo che alla ripesa dovremmo eseguire numerose manutenzioni". Lo stop forzato per il settore del giocattolo è arrivato in un momento cruciale. In questo periodo dell'anno, infatti, si produce soprattutto in previsione del mercato natalizio.
"Con le macchine ferme e i negozi chiusi siamo bloccati, arriva solo qualche ordine dell'estero. È probabile che la ripresa avverrà in modo graduale, le abitudini stanno già cambiando, la gente sarà portata a spendere meno sia perché avrà meno soldi e sia perché avrà il timore che il virus possa ripresentarsi". La riapertura dei negozi, auspicata per il 13 aprile, potrebbe far ripartire il mercato.
"Pur non essendo beni essenziali i giocattoli sono molto utili. I bambini costretti in casa devono in qualche modo potersi distrarre e il giocattolo rappresenta un bel diversivo, una novità all'interno di una giornata trascorsa fra le mura domestiche". Terminata l'emergenza, aspettando il vaccino, non è da escludere che si possa rivivere un periodo in quarantena. "Anche per questo motivo - conclude l'imprenditore torinese parlando all'AGI - è necessario che i commercianti pensino a nuove tipologie di distribuzione del giocattolo. Ad oggi la modalità online copre il 12-13% del mercato, ma se vuole sopravvivere il negozio tradizionale dovrà adattarsi ai nuovi tempi".