Le chiusure statali negli Usa hanno reso inattiva almeno un quarto dell'economia Usa per colpa del Coronavirus. Non era mai successo prima. Lo rivela il Wall Street Journal, sulla base di un'indagine commissionata a Moody's, da cui trapela che 8 conteee su 10 sono in lockdown negli Stati Uniti. In altre parole 41 Stati federali hanno ordinato a diverse aziende di chiudere i battenti per ridurre la diffusione del coronavirus: ristoranti, università, palestre, cinema, parchi pubblici, boutique e milioni di altre attività "non essenziali" hanno spento le luci. Risultato: la produzione giornaliera degli Stati Uniti è diminuita di circa il 29%, rispetto alla prima settimana di marzo, prima dell'ondata di chiusure.
Mark Zandi, capo economista di Moody's Analytics, non crede che il calo mensile del 29% della produzione giornaliera Usa continuerà neri prossimi due mesi. In tal caso, nel secondo trimestre il Pil scenderebbe di circa il 75% annuo. Zandi ritiene che molte contee riapriranno prima dell'estate e prevede un calo annuale del 30% del Pil nel secondo trimestre.
La maggior parte degli economisti prevede che la produzione Usa riprenderà quest'estate o in autunno, quando gli Stati riapriranno e i casi di virus diminuiranno. Ma l'entità del calo della produzione giornaliera appare senza precedenti e sconcertante. La produzione annuale Usa era scesa del 26% tra il 1929 e il 1933, durante la Grande Depressione, mentre quella trimestrale era scesa di quasi il 4% tra la fine del 2007 e la metà del 2009, l'ultima recessione. "Questo è un disastro naturale - ha detto Zandi - Non c'è nulla nella Grande Depressione che sia analogo a quello che stiamo vivendo ora".
L'impatto totale è ancora peggiore
L'analisi di Moody's quasi sicuramente sottovaluta l'entità del colpo totale all'economia a Stelle e Strisce, perché guarda solo alla produzione persa causata dalla brusca chiusura delle imprese fino ad oggi. Non considera la quantità di output che verrà ulteriormente persa a causa di ulteriori cali dal lato della domanda dovute all'aumento della disoccupazione e al calo dei consumi e della ricchezza delle famiglie. L'attuale crisi economica è diversa dalle crisi passate come la recessione del 2007-2009, causata in gran parte da un massiccio accumulo di debiti delle famiglie e delle imprese e dal crollo delle abitazioni. Quella recessione è iniziata con quello che è noto come uno shock dal lato della domanda, una perdita di ricchezza e di reddito da parte delle famiglie che ha portato a una riduzione della spesa, che alla fine ha danneggiato la parte dell'offerta o le imprese. Questa volta si sta verificando il contrario: il lato dell'offerta, le imprese, stanno chiudendo per prime, il che a sua volta sta danneggiando le famiglie.
Zandi ha spiegato che il miglior confronto possibile per la situazione attuale è quello con un un forte terremoto o con gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001, quando le compagnie aeree hanno temporaneamente smesso di volare. Nei giorni successivi agli attacchi, la produzione statunitense è calata di circa 111 miliardi di dollari attuali, secondo le stime di Moody's. Quest'anno, nelle circa tre settimane successive alle chiusure imposte dallo stato a causa dello scoppio del coronavirus, la produzione Usa è diminuita di circa 350 miliardi di dollari. "È come se l'Indiana fosse scomparsa per un anno intero", ha detto Zandi.