Era già nei guai, lo Zambia, alle prese con la ristrutturazione del suo debito ma ora con la pandemia da coronavirus la situazione si sta aggravando.
E gli investitori temono soprattutto che il suo caso scateni un effetto domino, che si tradurrebbe in un'ondata di default dei mercati emergenti.
Dall'inizio dell'anno, la terza economia dell'Africa australe era già sotto pressione per le continue interruzioni della fornitura di energia elettrica (anche per 20 ore al giorno): la produzione arrancava a causa della siccità ma il Paese non è stato in grado di sopperire pagando importazioni di energia elettrica.
Dato il suo profilo di debito a spirale, lo Zambia infatti non può attingere alle sue riserve estere per importare energia da paesi come il Sudafrica e il Mozambico. Già prima del coronavirus, il debito/Pil era passato dal 35,6% nel 2014 al 91,6% nel 2019 ed era destinato a salire ulteriormente al 98% entro il 2021 ma ora i conti potrebbero ancora saltare.
Negli ultimi mesi, lo Zambia ha cercato di estendere le scadenze dei suoi prestiti cinesi per ridurre l'onere del servizio del debito (in altri termini, pagando meno interessi) ma gli aggiustamenti fiscali necessari per prevenire effettivamente la crisi sono politicamente difficili da decidere, in vista delle elezioni del 2021.
Il debito peraltro risulta in costante ascesa: costituito per la maggior parte da prestiti dalla Cina, finora il paese africano sembrava in grado di reggerlo grazie alle sue esportazioni di rame.
E alla Cina andava bene così, visto che a sua volta cercava di ottenere il controllo dei beni minerari del paese come garanzia del debito. Non solo, due anni fa il settore del rame (che rappresenta il 67% delle entrate da esportazione) si è trovato a fronteggiare gravi aumenti delle tasse e tentativi di sequestro da parte del governo, con un crollo dei rendimenti delle esportazioni.
E in questa situazione, già precaria di suo, arriva un nuovo 'elemento' come effetto della pandemia: le quotazioni delle materie prime stanno crollando e quest'ingranaggio quindi rischia di saltare definitivamente. A ciò si aggiunge anche il fatto che la diffusione del coronavirus e l'emergenza economica mondiale sta causando grandi deflussi dai fondi di debito dei mercati emergenti.
E per lo Zambia, ora, quello della ristrutturazione del debito comincia a diventare un problema urgente.
Il Financial Times, in una sua analisi e citando Bloomberg, rivela che due giorni fa il ministero delle finanze dello Zambia ha contattato le banche chiedendo consigli sulla ristrutturazione del debito estero, con l'obiettivo di ottenerlo su una base sostenibile.
Nel frattempo, le obbligazioni in dollari del paese, che da tempo vengono scambiate con un forte sconto sul loro valore nominale, sono crollate ulteriormente a circa 38 centesimi sul dollaro: si tratta, rivela il Ft, dei livelli più bassi dagli anni Sessanta.
Insomma, la situazione è questa così come sintetizza Kevin Daly, un gestore di fondi della Aberdeen Standard Investments: "Hanno fatto affidamento su prestiti cinesi per grandi progetti infrastrutturali, ma il debito non è sostenibile". E poi, è il caso di dirlo, piove sul bagnato: lo scorso anno la valuta dello Zambia, il kwacha, è risultata tra le peggiori al mondo, perdendo il 22% del suo valore rispetto al dollaro.
Di conseguenza, le riserve di valuta estera sono state messe sotto pressione mentre gli scandali di corruzione rendono alquanto improbabile a breve la conclusione di un programma dell'Fmi per aiutare ad affrontare la crisi finanziaria. A meno che, sostiene Uday Patnaik, responsabile del debito dei mercati emergenti presso Legal & General Investment Management, si creassero le condizioni di una ristrutturazione delle obbligazioni: l'istituto di Washington, ha detto, sarebbe disposto ad aiutare il paese se pensa che il suo debito sia sostenibile.
Non è una novità che soprattutto le economie emergenti fatichino a pagare il proprio debito estero ma la pandemia sta aggravando il quadro, con il rischio che saranno in molte a chiamare il default.
Il Parlamento dell'Ecuador, ad esempio, la scorsa settimana ha chiesto al governo di sospendere i pagamenti del debito per liberare risorse e destinarle all'emergenza sanitaria ed economica. O, per fare un altro esempio, anche le obbligazioni angolane risultano in forte calo.
Un'obbligazione a 10 anni venduta dalla nazione (peraltro ricca di petrolio) a novembre, per stimolare la domanda degli investitori, è scambiata a circa 35 centesimi di dollaro.
Quello che salta all'occhio, insomma, è che le tessere del domino stiano iniziando a cadere. Insomma per gli investitori, l'interrogativo, sostiene Daly, è uno: "Chi sarà il prossimo?".