"La diminuzione del valore aggiunto nell'industria contribuirà negativamente alla dinamica del Pil italiano, previsto arretrare del 3,5% nel primo trimestre e del 6,5% nel secondo": lo rileva il Centro Studi Confindustria nell'indagine rapida sulla produzione industriale, aggiungendo che la recessione sarà profonda.
"Le misure di contenimento e contrasto introdotte per limitare la diffusione del Covid-19, - si legge - hanno determinato un doppio shock negativo: dal lato della domanda, con il rinvio delle decisioni di spesa dei consumatori, la chiusura di numerose attività commerciali (nei settori della ristorazione, alloggi, trasporti, attività culturali e di intrattenimento) e l'azzeramento dei flussi turistici; dal lato dell'offerta, con il blocco di numerose attività produttive, sia per decreto sia per consentire la sanificazione dei luoghi di lavoro delle imprese funzionanti. Questa combinazione di fattori ha realizzato lo scenario peggiore possibile, facendo avvitare l'economia italiana in una recessione che sarà profonda e la cui durata dipenderà dai tempi di uscita dall'emergenza".
A marzo, aggiunge il Csc, la situazione e' rapidamente peggiorata, in linea con l'aumento dei contagi. Con Dpcm eèstata decisa la chiusura del 57% delle attività industriali a partire dal 23 marzo (48% della produzione); il restante 43% di imprese ha continuato a lavorare a un ritmo molto ridotto, con poche eccezioni (alimentari e farmaceutico), a causa della più bassa domanda, delle difficoltà della logistica e del parziale blocco delle attività nei principali partner commerciali dove, con ritardo rispetto all'Italia, sono state introdotte misure di contrasto al Covid-19. Ciò si è tradotto in cancellazioni di ordini e blocco ulteriore delle filiere internazionali.
L'impatto del Covid-19 si è abbattuto sul sistema produttivo italiano e internazionale "in maniera improvvisa, con una forza distruttiva e in maniera diffusa" scrive il Centro Studi. "In Italia la caduta dell'attività stimata per marzo (-16,6%), se confermata dall'Istat, rappresenterebbe il più ampio calo mensile da quando sono disponibili le serie storiche di produzione industriale (1960) e porterebbe i livelli su quelli di marzo 1978".
I dati qualitativi disponibili confermano uno scenario estremamente negativo, prosegue il Csc, nonostante le indagini siano state chiuse prima del lockdown del 23 marzo: il pmi manifatturiero è sceso sui valori più bassi da undici anni (a 40,3, da 48,7 di febbraio), con produzione ai minimi storici (27,8) e nuovi ordini sui livelli della primavera 2009 (31,1); anche la fiducia Istat delle imprese manifatturiere è scesa rapidamente in marzo (89,5 minimo dal 2013), con giudizi su ordini in forte peggioramento e scorte in accumulo (per una caduta della domanda piu' forte di quanto atteso). Le prospettive per i prossimi mesi sono dunque più negative di quanto osservato nel primo trimestre: la variazione acquisita nel secondo è di -12,5% e la caduta dell'attività potrebbe raggiungere almeno il 15%.
"La riapertura" delle attività nel Paese "avverrà gradualmente, mentre la domanda domestica in alcuni settori sarà ancora molto debole ed il contributo di quella estera peggiorerà in linea con l'allargamento del contagio nel resto del mondo. Occorre - suggerisce il Csc - evitare ritardi nell'implementazione delle misure di sostegno alle imprese ed ai lavoratori per non aggravare le già drammatiche prospettive".