L'attività manifatturiera rimbalza in Cina, ma questo, secondo la Banca Mondiale, non servirà a evitare che la crisi sanitaria abbia una forte ripercussione economica in tutta l'Asia.
Secondo l'ufficio nazionale di statica il Pmi manifatturiero a marzo è salito a 52 punti dal minimo record di 35,7 punti in cui era precipitato a febbraio, a causa delle chiusure per la diffusione del coronavirus. Il Pmi è un indicatore anticipatorio che sotto i 50 punti segnala una contrazione dell'attività economica e sopra questa soglia un'espansione. Gli analisti si aspettavano un rialzo del Pmi ma solo a 44,8 punti.
Secondo l'ufficio nazionale di statistica i dati di marzo indicano che "oltre la metà delle società sotto indagine hanno registrato miglioramenti nella ripresa del lavoro rispetto a febbraio". Tuttavia questo "non significa che nel Paese l'attività economica sia tornata a livelli normali".
Anche l'indice Pmi dei servizi in Cina è risalito a 52,3 punti, nettamente al di sopra delle aspettative. Secondo Zhao Qinghe, statista senior dell'ufficio di statistica nazionale, nonostante il rimbalzo del Pmi manifatturiero "resta una pressione relativamente alta sulle aziende".
Una gran parte delle fabbriche cinesi deve affrontare difficili condizioni di finanziamento e una domanda ancora bassa questo mese. "Nuove severe sfide ci attendono" dice Zhao. Gli analisti si aspettano che in aprile il Pmi manifatturiero torni in contrazione.
La Banca mondiale oggi prevede che il Pil cinese quest'anno salga solo del 2,3% dal +6,1% del 2019, mentre un esponente della banca centrale cinese ritiene che Pechino quest'anno non stabilisca dei target di crescita economica, per tener conto delle incertezze della situazione. Le ricadute economiche della pandemia da coronavirus potrebbero arrestare la crescita della Cina, portando alla povertà 11 milioni di persone in Asia orientale. Lo sostiene Aaditya Mattoo, capo economista della Banca mondiale per l'Asia orientale e il Pacifico.
La pandemia, dice Mattoo sta causando "uno shock globale senza precedenti, che potrebbe arrestare la crescita della Cina e aumentare la povertà in tutta la regione". Secondo un rapporto della Banca mondiale sulla regione dell'Asia orientale, anche nel migliore dei casi, l'area subirà un forte calo della crescita e l'espansione della Cina rallenterà a +2,3% dal +6,1% del 2019.
Solo 2 mesi fa gli economisti della Banca mondiale prevedevano che la Cina sarebbe cresciuta del 5,9%, la sua peggiore performance dal 1990. Inoltre la Banca mondiale prevede che la regione dell'Asia orientale e del Pacifico, con l'esclusione della Cina, potrebbe rallentare quest'anno dal +5,8% del 2019 al +1,3%, nello scenario migliore, oppure contrarsi a -2,8% nello scenario peggiore.
Il contenimento della pandemia consentirebbe un recupero, ma il rischio di stress finanziario duraturo è elevato anche oltre il 2020", avverte la Banca mondiale. "I più vulnerabili sono i Paesi che dipendono fortemente da commercio, turismo e materie prime; che sono fortemente indebitati e che dipendono da flussi finanziari volatili".
Anche nel migliore dei casi, caratterizzato da un forte rallentamento seguito da una forte ripresa, 24 milioni di persone in meno nella regione sfuggiranno alla povertà, afferma il rapporto, mentre altre 11 milioni di persone potrebbero scendere in povertà, in base allo scenario peggiore.