Un costruttore, un titolare di barber shop e un artigiano. Tre diverse storie, accomunate da un'unica paura: quella di non farcela, perchè lo stop imposto alle loro attività in tempi di coronavirus rischia di far saltare i posti di lavoro e perchè la crisi economica è davvero dietro l'angolo. L'AGI ha provato a raccontare i disagi di queste persone.
“Sono fermo da due settimane a causa del coronavirus, ho 5 dipendenti che hanno mogli e figli. Ho paura, non mi vergogno, ciò che più mi spaventa è la mancanza di la liquidità economica. Se non ho soldi non posso pagarli, e per quanto? Gli operai moriranno di fame così”. A parlare è Agostino Addis, costruttore e titolare della “Addis case in legno”, che spiega: “I fornitori continuano a chiamarmi e io devo pagare, altrimenti alla riapertura mancherà il materiale. Io pago regolarmente gli stipendi il 5 di ogni mese ma senza liquidità come potrò fare. Pago di solito 7 mila euro di stipendi. Per due mesi mi sacrificherò, pagherò di tasca mia. Ma dopo? Anche io ho moglie e figli, forse dovrò licenziare se non rientrano le cose”. Addis poi si abbandona a una speranza: "Che il contagio cali presto, il prima possibile, ho in sospeso case in bioedilizia in Sardegna, a Latina, a Cremona, che penso non riaprirà prima di un anno. Sono totalmente fermo. Fatturo 2,5 milioni di euro l’anno, pago regolarmente le tasse ma ora lo Stato deve darmi una mano, sostituirsi alla banca e pagare gli stipendi con erogazione diretta”.
"Il problema principale di noi negozianti è non avere tempi certi", si sfoga Cesare Morabito, imprenditore e titolare di cinque barber shop tra Roma e provincia. "Quanto durerà l'emergenza? A me servono date certe, altrimenti mi è impossibile progettare, non posso fare programmi di ammortizzamento. Al momento io sto navigando nel buio. La situazione è veramente complicata. Non penso che la gente non entrerà più nel mio negozio per paura, anzi ho moltissimi clienti che mi chiedono ‘quando posso tornare a farmi i capelli?’, il problema semmai sarà la liquidità... Quanti di loro avranno soldi da spendere se queste misure restrittive dovessero durare ancora tanto tempo?". Per il titolare di 'Spaghetti barber shop', "gli interventi sono per la maggior parte in deroga, forse lo Stato al momento non ha fondi disponibili, altrimenti non me lo spiego. Alcuni miei amici con attività a Londra hanno avuto liquidità immediata sul proprio conto corrente. A mio parere, invece, le misure attuate dal nostro governo non servono alle aziende".
“La salute dei miei dipendenti viene prima - racconta Giampiero Pannacci, imprenditore nella termoidraulica da 33 anni, e rappresentante della “Italtherm, azienda di Piacenza -. Ho fermato il mio business, che è quello dei controlli per le caldaie. Il coronavirus è stato devastante e i 600 euro dati dallo Stato valgono come una elemosina”. “Il mio fatturato ora è 0. Io da piccolo imprenditore, direi da artigiano, mi sento abbandonato: ho versato 1 milione e 36 mila euro di tasse negli ultimi 12 anni e oggi sono solo a dover fronteggiare tutto, i miei 7 dipendenti verranno pagati con i miei soldi, ci rimetterò ma non li faccio morire di fame”, spiega Pannacci. “Non sono l’unico a stare così, sono centinaia gli imprenditori che stanno come me. Lo Stato ci deve aiutare adesso. Anche perché io ho delle spese da affrontare, sono quelle per mantenere viva l’azienda. In questo periodo ho anche fatto decine di interventi gratis a persone anziane in difficoltà. Lo farò ancora se necessario, per me è una missione”, racconta Pannacci che confessa il suo vero timore: “Il micro-artigianato, le nostre aziende, saranno comprate da Francia e Germania. Tutto a due lire. Ecco di che cosa ho paura”.