La globalizzazione? “Va maneggiata con cura”. E soprattutto “l’attuale fase della globalizzazione: quella caratterizzata dall’iper-connessione, produttiva e finanziaria, e dalla veloce circolazione non solo delle persone e delle merci, ma delle idee, delle aspettative, delle paure”. Lo sostiene l’ex ministro dell’Economia e delle finanze del governo gialloverde Giovanni Tria in un articolo a sua propria firma sul confindustriale Il Sole 24 Ore.
Tria fa anche cenno alle conseguenze economiche, dirette e indirette, dell’epidemia del coronavirus scoppiata in una provincia della Cina, per dire che esse “dipenderanno molto proprio dalle aspettative e dai timori che si affermeranno, oltre che dai dati oggettivi dell’estensione dell’epidemia e della conseguente durata dell’interruzione dei circuiti produttivi e di consumo che la necessità di frenarla ha determinato”.
Tant’è che le stime sul possibile rallentamento della crescita economica globale, causato dall’impatto sull’economia cinese dei provvedimenti adottati in Cina e nel resto del mondo per contrastare l’epidemia, “indicano, con i margini di incertezza connessi a ogni previsione – scrive Tria – un intervallo tra mezzo punto e un punto percentuale di minore crescita del Pil cinese su base annua”.
Anche se, avverte l’ex ministro del Mef, queste stime oscillano, “perché condizionate da differenti ipotesi sulla durata dell’epidemia e sulla sua delimitazione geografica”, si tratta pur tuttavia “di un rallentamento non indifferente per l’economia globale” proprio a causa del peso raggiunto dall’economia cinese “sia dal lato della produzione sia dal lato dei consumi” che per Tria ammontano a “quasi un quinto del Pil mondiale, se misurato in termini di parità di potere d’acquisto” e costituiscono “un peso attuale che rende fuorviante il riferimento agli effetti dell’epidemia della Sars avvenuta nel 2003”.
E l’effetto diretto sull’economia europea e italiana, quale sarà? Allo stato attuale delle informazioni, secondo Giovanni Tria, “dovrebbe limitarsi a qualche decimale di crescita in meno”, un effetto di breve periodo che tuttavia, “incidendo su economie già depresse per le incertezze derivanti dalla guerra commerciale ancora in corso nelle sue varie versioni, non può essere trascurato”.
Tuttavia, per l’ex ministro economico e finanziario, “preoccupano maggiormente i potenziali effetti indiretti” in particolare quelli relativi “alla radicalità degli interventi” adottati immediatamente dalle autorità cinesi e “al numero dei settori produttivi e sociali interessati”.
Una scelta che per Tria “si rivelerà vincente” anche sul piano economico, sia per la Cina sia per il resto del mondo, “se tutti gli attori manterranno mente fredda” accettandone l’impatto transitorio “senza trasformare le incertezze di breve periodo in un motivo di distorsione e indebolimento delle catene produttive o di sostegno alle tesi di de-globalizzazione, il cui effetto sull’economia mondiale, e su quelle nazionali, sarebbe certamente più prolungato e distruttivo”. E a mente fredda – scrive ancora Tria – “si richiede innanzitutto al sistema delle imprese e della finanza che devono trovare i modi di assorbire e sterilizzare, anche sul piano contrattuale e transattivo, gli effetti delle possibili interruzioni transitorie dei circuiti produttivi e finanziari interconnessi.
In caso, concordando con i governi un sostegno, sul piano della regolamentazione e finanziario, transitorio e attentamente mirato”. E così anche in questo caso, e in questa difficile situazione, conclude l’ex ministro, “non possiamo guardare alla Cina solo come a un enorme mercato in difficoltà, ma come a un Paese cruciale per il successo di questo obiettivo”.