Fino a 10 anni fa la regola aurea degli economisti era che un indebitamento pubblico oltre il 90% del Pil avrebbe danneggiato l'economia. Ora però questa prassi consolidata non è più molto rispettata dai governi e gli stessi economisti si vanno ricredendo e non sono più così sicuri che questo principio sia ancora valido.
Lo rivela il Wall Street Journal, secondo il quale in un mondo di tassi di interesse ultra bassi, diversi esperti, tra cui l'ex capo economista del Fmi, Olivier Blanchard, sostengono che una buona crescita economica e livelli di debito pubblico elevati possono convivere e sono persino desiderabili. Infatti, se i rendimenti dei titoli sovrani restano al di sotto dei tassi di crescita economica, i governi possono continuare a emettere debito senza praticamente doverlo pagare.
Molti governi puntano ad aumentare i deficit
Si tratta di un'opportunità che i governi di Francia, Italia, Spagna e Regno Unito hanno colto al volo, aumentando i propri deficit di bilancio e spingendo i loro debiti pubblici nazionali vicino al 100% del Pil, o molto più in alto. Il Giappone ha recentemente annunciato stimoli di bilancio per 120 miliardi di dollari per sostenere la crescita, nonostante il debito pubblico nipponico abbia superato il 200% del Pil. Anche gli Stati Uniti si sono incamminati verso un boom di indebitamento e puntano a un disavanzo annuale di bilancio sopra i 1.000 miliardi di dollari e a un debito pubblico oltre il 105% del Pil.
Questi trend tuttavia non hanno incontrato il placet di alcune istituzioni, secondo le quali un debito pubblico troppo elevato resta rischioso. Il Wsj ricorda l'ammonimento del mese scorso del presidente della Bce, Christine Lagarde al governo francese, cui la numero uno dell'Eurotower ha ricordato che il crescente debito pubblico "è motivo di preoccupazione, poiché riduce il margine di manovra fiscale in caso di recessione dell'economia". Anche la commissione Ue ha avvertito a novembre otto paesi membri, tra cui Italia, Francia e Spagna, che rischiano di violare le regole del Patto di Stabilità. Inoltre Bruxelles ha richiesto ai Paesi con debito superiore al 60% del Pil di ridurlo gradualmente.
I pro di un alto indebitamento
Tradizionalmente, ricorda il Wsj, gli economisti erano preoccupati che l'elevato debito pubblico assorbisse fondi che avrebbero altrimenti potuto essere utilizzati per gli investimenti privati, riducendo in tal modo lo stock di capitale di una nazione e la sua capacità produttiva. Oggi, tuttavia, il mantenimento di tassi di interesse molto bassi a livello globale suggerisce che esiste un'ampia offerta di capitali rispetto alla domanda. "Questi bassi tassi di interesse - spiega al Wsj Karen Dyan, ex capo economista del dipartimento al Tesoro Usa - ci stanno dicendo che i fondi disponibili per gli investimenti privati non sono particolarmente scarsi e che dunque i costi che tradizionalmente associamo a un elevato debito pubblico non sono elevati come si pensava in precedenza". Altri economisti sostengono che un debito pubblico più elevato potrebbe comportare dei vantaggi, soddisfacendo una crescente domanda di beni sicuri e garantiti da parte degli investitori. Inoltre l'alto debito pubblico potrebbe sostituire la mancanza di rifornimenti finanziari da parte delle banche centrali, che hanno già tagliato i tassi di interesse vicino allo zero o al di sotto. Un crescente indebitamente infine potrebbe contribuire a finanziare gli investimenti pubblici in infrastrutture, istruzione, ricerca e sviluppo e le misure 'green' di contrasto ai cambiamenti climatici, rafforzando la crescita potenziale.
I contro
A questa politica di apertura dei cordoni della borsa, altri economisti replicano che i bassi tassi di interesse riflettono una crescita lenta, la quale renderebbe più difficile per i Paesi molto indebitati ripagare i propri creditori. Inoltre essi avvertono che i Paesi con un debito elevato sono in generale meno in grado di rispondere con efficacia agli shock economici, aumentando la spesa o tagliando le tasse. "Nel corso della storia, se l'elevato debito non fosse problematico, i Paesi aumenterebbero i loro debiti, perché questa è la cosa più semplice al mondo per i politici", ha affermato al Wsj William Gale, membro anziano del Brookings Institution di Washington.
Uno studio del Fmi pubblicato il mese scorso rivela che le economie avanzate affrontano un rischio sostanzialmente più elevato di entrare in crisi se il debito sovrano nei confronti di creditori stranieri supera il 70% del Pil. Per le economie dei mercati emergenti invece, la soglia è del 30%, secondo il rapporto, che ha esaminato più di 400 episodi di crisi in 188 paesi tra il 1980 e il 2016. Fondamentalmente, i ricercatori del Fmi sostengono che i rendimenti dei titoli di stato rimangono spesso bassi per lunghi periodi prima di riprendersi all'inizio di una crisi.
Ciò suggerisce che i governi non dovrebbero fare troppo affidamento sugli attuali bassi costi di finanziamento. "I governi dovrebbero diffidare dell'elevato debito pubblico anche quando i costi di prestito sembrano bassi", sostengono i ricercatori. Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff, entrambi economisti di Harvard hanno scritto a 4 mani un documento nel 2010 in cui sostengono che i paesi con debito pubblico superiore a circa il 90% del Pil hanno in genere registrato una crescita economica più lenta. Tuttavia i due economisti non prevedono un impatto inevitabile sul Pil ogni volta che il debito pubblico supera un certo punto critico. "Avere un aumento del debito dall'89% al 90% non è un evento più discreto che far salire il livello di colesterolo da 199 a 200 o guidare la tua auto a 56 miglia all'ora con un limite di velocità di 55 miglia" ha dichiarato Rogoff.