Il rilancio di Alitalia (e non un mero salvataggio) resta l'obiettivo principe del Governo e passa necessariamente per il mantenimento dell'integrità della compagnia aerea. Parola del ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, che in quest'ottica ha chiuso nella tarda serata di giovedì la riunione al Mise con i tre commissari straordinari. E che dal Forum sulla sostenibilità a Brescia, stamani ha annunciato che darà a Enrico Laghi, Stefano Paleari e Daniele Discepolo un nuovo mandato che abbia al centro proprio "l'integrità aziendale. Al netto delle eventuali strutture societarie", handling, manutenzione e aviation, ha aggiunto, "devono stare assieme".
Sembra al momento scongiurata, dunque, l'ipotesi 'spezzatino' che allarma i sindacati. "Credo che oggi sia il momento di cambiare passo e di trovare una soluzione definitiva", ha sottolineato Patuanelli. E ha insistito: "Se avessimo voluto solo salvare la compagnia avremmo potuto farlo, vogliamo rilanciarla". Alitalia, "ha bisogno di una parziale ristrutturazione sul campo costi. I nostri aerei volano e continueranno a volare che garantiscono tre miliardi di incassi", ha spiegato.
Patuanelli ha anche riferito di avere incontrato giovedì il ceo di Lufthansa, Carsten Sphor: "C'è interesse per un accordo commerciale, come c'è quello di Delta. Ma - ha aggiunto - al momento non per l'equity". Per il ministro "inizia una fase diversa. La presenza di Ferrovie dovrà essere prevista nel piano di rilancio nella logica della intermodalità".
Il ministro è poi tornato sulla questione del prestito ponte e non è parso preoccupato per il giudizio di Bruxelles, che a giorni deciderà sull'ulteriore prestito da 400 milioni introdotto dal decreto fiscale. "Credo che non ci siano timori - ha osservato Patuanelli - un sistema Paese non può rinunciare al suo vettore e mettere in difficoltà tutta la parte business che ad Alitalia serve. Credo che l'Ue debba consentire alla compagnia di completare un percorso".
Sulla vicenda Alitalia è tornato anche il viceministro dello Sviluppo economico, Stefano Buffagni, che al contrario di Patuanelli si è detto però "contrario alla nazionalizzazione". Ha ragionato il viceministro: "Non c'è più il mercato? Non c'è a condizioni rigide, quindi di conseguenza dobbiamo, anche eventualmente facendo modifiche normative, mettere in condizione l'azienda di essere interessante".
Sulla stessa lunghezza d'onda il leader di Confindustria, Vincenzo Boccia, secondo cui "le nazionalizzazioni sono un elemento che chiaramente non è vicino alla cultura del nostro Paese. Dobbiamo evitare - ha osservato - che poi diventino perdite. Le aziende vanno risanate, ristrutturate senza troppi paletti e perimetri nell'interesse del Paese - ha proseguito - non bisogna far scappare gli investitori".