Da sempre Jimmy Wales, co-founder di Wikipedia, ha difeso l’informazione libera e verificata. Per questo, dopo la famosa enciclopedia online, ha deciso di fondare una nuova piattaforma, Wt:Social, con l’obiettivo di combattere clickbaiting, fake news e titoli fuorvianti. Se i social sono spesso il veicolo, e il motivo, di queste pratiche sbagliate, la soluzione è crearne uno che possa essere più affidabile, condiviso e facile da utilizzare.
La scorsa settimana, sul “rivale” Twitter, Wales ha annunciato di aver superato, a poche settimane dal lancio, i 25 mila iscritti. Oggi, secondo quanto riporta il Financial Times, ci si avvicina già a quota 50 mila.
La nuova società, come scrive il giornale inglese, è totalmente separata da Wikipedia nonostante sia la reale e normale evoluzione di Wikitribune, uno strumento in cui vengono pubblicati articoli, riguardanti le principali notizie dell’attualità, ampiamente verificati e soggetti a revisione continua.
Ma non è l’unica cosa che accomuna i due progetti. Wt:Social sfrutta lo stesso modello di business della casa-madre. Ovvero farà affidamento ai donatori spontanei che vorranno sostenere il progetto. Un modo per fidelizzare il pubblico, spostare la concentrazione sulla bontà del progetto ed evitare di ricorrere alla pubblicità, vista come “modello problematico” per chi vuole fare informazione. La pubblicità è la causa, per Wales, dell’abbassamento della qualità del giornalismo, soprattutto sui social: “I vincitori sono sempre i contenuti di bassa qualità”.
L’algoritmo di Wt.social non proporrà gli articoli che hanno ricevuto più like, commenti o che hanno sviluppato un volume di engagement superiore alla media. Si vedranno, invece, gli ultimi contenuti postati. A disposizione ci sarà anche un tasto “upvote”, un modo che gli utenti hanno per segnalare storie di qualità e che vale la pena leggere.
L’interfaccia è solo in inglese ma si può pubblicare in qualsiasi lingua. Su Twitter, in un thread particolarmente articolato, Wales ha detto che gli utenti avrebbero pagato solo se avessero ritenuto che “Wt:Social stia contribuendo in modo positivo" alla loro vita. E promettono di non voler vendere i dati di chi decide di farne parte.
Per accedere direttamente alla piattaforma si paga: 12 euro al mese, 90 euro all'anno. Solo per non sovraccaricare i server, dicono. Se non si vuole pagare, per ora, si viene messi in una lista d’attesa. Per la cronaca, chi scrive, ha il numeretto 19.334. Se volete scavalcare un po' la fila vi basterà invitare altri ad iscriversi.
Gli obiettivi che vuole raggiungere Wales sono ambiziosi: “Non vogliamo raggiungere 50 mila o 500 mila iscritti ma 50 milioni o 500 milioni. Più di 200 persone hanno già donato per sostenere il sito”. Poi il riferimento all'offerta di Netflix, Spotify e del New York Times. Insomma, se c’è un servizio di qualità le persone sono disposte a pagare.
La nuova società ha una manciata di dipendenti, inclusi gli sviluppatori e un community manager. L’obiettivo è quello di non fare la fine di Ello, e in misura minore di Snapchat (200 milioni di utenti contro i 2 miliardi di Facebook) e delle altre nuove piattaforme che hanno provato negli anni a costruire valide alternative.. Compresa, se vogliamo proprio dirla tutta, dopo il crowdfunding lanciato nel 2017, WikiTribune.
Wt:Social mira a costruire nicchie più piccole, fatte di argomenti specifici e popolate da esperti o curiosi che ne maneggino le caratteristiche. Si chiamano SubWikis e spaziano su temi senza confini: dall’apicoltura al death metal, dalle ricette alle questioni economiche più dettagliate. Approccio Wikipedia, insomma, ma con struttura e anima social. Una bella impresa che Wales definisce “un esperimento radicale e folle”. Forse lo è per davvero.