Dal “whatever it takes” (“tutto ciò che serve”) al “dialogue with adults in the room” (“dialogo fra adulti”). Tre anni esatti separano le due formule, pronunciate rispettivamente nel luglio 2012 a Londra dal presidente uscente della Bce Mario Draghi e nel giugno 2015 a Lussemburgo da Christine Lagarde, che lo sostituirà dal primo novembre.
Entrambe, in qualche modo, hanno contribuito alla sopravvivenza della moneta unica e dell’Europa così come la conosciamo, ma entrambe hanno provocato anche polemiche e molte conseguenze non tutte positive. Lunedì 28 ottobre è il giorno in cui in una cerimonia formale molto attesa, nel grattacielo di Francoforte avverrà il passaggio del testimone dal banchiere centrale italiano alla signora dell’economia francese, alla presenza dei leader europei Angela Merkel, Emmanuel Macron e Sergio Mattarella.
Lagarde ha diretto oltreoceano il Fondo monetario internazionale proprio negli stessi anni della presidenza Draghi alla Banca centrale europea. I due hanno gestito in parallelo i lunghi anni della crisi greca, quella che ha quasi provocato la fine dell’Europa esattamente in quell’estate di quattro anni fa in cui Lagarde chiese ai suoi interlocutori dell’Eurogruppo di comportarsi da adulti. Evitato il trauma, si è però aperta una fase di grandi sacrifici per i greci, che ha preparato il terreno, assieme ad altre importanti crisi come quella dei migranti, per la crescita dell’euroscetticismo che ancora oggi pende sulla stabilità della costruzione europea.
Draghi lascia Francoforte da “vincitore”: nonostante le resistenze di alcuni paesi e in particolare della Germania che ospita la sede dell’istituto centrale, è riuscito a mettere in campo gli strumenti di politica monetaria che hanno sostenuto l’economia europea, anche se secondo i detrattori questo è avvenuto al costo di una maggiore divisione fra paesi del nord “virtuosi” e quelli del sud a più alto debito.
Il divario rimane, ed è ancora motivo di preoccupazione per i vertici di Francoforte, assieme al rallentamento della crescita economica che si sta verificando proprio a partire dalla Germania dopo alcuni anni di ripresa. Berlino ha nei giorni scorsi sostituito la sua rappresentante nel consiglio direttivo Sabine Lautenschlaeger, dimissionaria in disaccordo con gli ultimi annunci di Draghi, con la più moderata Isabel Schnabel, considerata comunque anche lei non favorevole alla politica monetaria di stimolo condotta finora, che ha portato ai tassi negativi senza riuscire a far risalire l’inflazione al livello obiettivo di “sotto, ma vicino, al 2%”.
In questo contesto non facile inizia il mandato di Christine Lagarde, prima donna a guidare un’istituzione europea dopo essere stata la prima donna a svolgere i suoi altri due lavori “al top” (ministro dell’Economia francese, direttore del Fondo monetario internazionale). Alla cerimonia di lunedì, definita sobriamente dal protocollo come “evento di addio in onore di Mario Draghi alla fine del suo mandato da presidente della Banca centrale europea”, sono previsti gli interventi della cancelliera tedesca Angela Merkel, del presidente francese Emmanuel Macron, del presidente della Repubblica italiano Sergio Mattarella, dello stesso Draghi e di Lagarde.
Gli invitati sono qualche centinaio, scelti soprattutto fra i collaboratori e gli ex collaboratori dell'istituto centrale. Fra gli altri, il predecessore di Draghi Jean-Claude Trichet e l’ex presidente francese Valery Giscard d’Estaing, la prossima presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, e il ministro dell’Economia italiano Roberto Gualtieri, che in quanto presidente della Commissione Affari economici del Parlamento europeo negli ultimi 5 anni tante volte ha accolto a Bruxelles e Strasburgo il connazionale presidente della Bce in occasione dei periodici “dialoghi politici e monetari” e audizioni.