L'ex capo economista del Fmi, Kenneth Rogoff, l'ha paragonata a una 'rock star dell'economia', mentre i suoi ex colleghi dello studio legale Usa Baker & McKenzie, l'hanno definita una "Chanel della finanza", tanto da regalarle una Barbie-Lagarde dai capelli grigi, collier di perle e tailleurino bon ton. Christine Lagarde, 63 anni, prossima presidente della Bce, è una delle donne più potenti del mondo, ama apparire e cura molto il suo look e la sua immagine.
È una fanatica del fitness, si sveglia prestissimo, intorno alle 5 di mattina, pratica nuoto, jogging e yoga regolarmente. È anche vegetariana, non fuma e non beve alcol. Si definisce cattolica praticante. Lo charme non le manca, non sono solo per gli snobissimi capelli bianchi e le borse d'alta moda, ma soprattutto perché è una 'vincente', una tipa tosta: prima donna, nel 1999, a capo di Baker & McKenzie, uno studio legale internazionale tra i più prestigiosi al mondo, prima donna a guidare il ministero dell'Economia in Francia, prima donna, nel 2011, a dirigere il Fondo monetario internazionale e ora, dal primo novembre, quando ufficialmente sostituirà Mario Draghi, prima donna alla testa della Bce, la banca centrale europea.
Insomma, Lagarde è una una 'superstar' al femminile, una 'primadonna' mondiale. È stata inclusa più volte nella lista delle 100 donne più potenti del mondo di Forbes: nel 2004 è 66esima, nel 2005 80esima, nel 2006 30esima, nel 2007 12esima, nel 2010 43esima ma la sua ambizione è diventare la prima. Difficile pensare che non ci riuscirà quest'anno, anche se nell'ultima classifica, quella del 2018, si è piazzata al terzo posto, dietro Angela Merkel e Theresa May.
Femminile ma anche schierata a difesa delle donne, Madame Lagarde non ha mai rinunciato a un pizzico di civetteria, all'ironia e alle battute al vetriolo. Pungente quella sulla crisi finanziaria: "Se ci fossero state le Lehman Sisters invece che i Lehman Brothers, le cose sarebbero andate diversamente". Oppure quella che ha riservato allo scrittore Yann Moix, secondo il quale le 50enni non sono più attraenti: "Mio marito dice che a letto lo rendo felice". O ancora, quella rilasciata in un'intervista ad Elle, annunciando che sarebbe diventata nonna: "Uomini che mi hanno scavalcato ce ne sono stati ma non sono durati molto".
Un'inarrestabile scalata al successo
La vita di Christine Madeleine Odette Lallouette, secondo il suo nome da nubile, è un'irresistibile scalata al successo: nasce il primo gennaio 1956 a Parigi, cresce a Le Havre (Normandia). È divorziata e ha due figli. I suoi genitori sono insegnanti e nella sua adolescenza fa parte della squadra nazionale di nuoto sincronizzato. Laureata in filologia inglese, prosegue la sua formazione con un diploma in studi superiori specializzati in diritto sociale a Parigi.
Insomma, Lagarde è una star dell'economia mondiale, ma il suo curriculum non prevede una laurea in questa materia. È infatti avvocato e in questa veste dal 1981 entra in Becker and McKenzie, in qualità di esperta di diritto europeo, di lavoro e di antitrust. Tra il 1995 e il 1999 presiede il cda dello studio. È anche assistente al Congresso Usa di William Cohen, ex segretario alla Difesa e consigliere del presidente Bill Clinton. Nel 2005 inizia la sua scalata politica in Francia, nominata ministro delegato al commercio estero nel governo Villepin, poi ministro dell'Agricoltura nel governo Fillon e dal 2007 ministro dell'Economia, dell'Industria e dell'Impiego, cioè la regina dell'economia francese.
Proprio la sua carriera come ministro le causa problemi con il sistema giudiziario del suo paese. Alla fine del 2016 la Corte di Giustizia della Repubblica (CJR) la condanna per negligenza nella deviazione di fondi pubblici a favore dell'uomo d'affari Bernard Tapie, vicino a Nicolas Sarkozy, pur assolvendola dai reati più gravi.
Svolta al Fondo Monetario
Lagarde, secondo una ricostruzione non proprio benevola dell'agenzia Reuters, parla un inglese fluente, ma di economia ne mastica poca e, durante la crisi finanziaria del 2008, secondo i maligni, è emersa più per il suo attivismo che per la riuscita delle sue proposte. Nel 2001 però diventa direttore generale del Fondo monetario internazionale, a seguito delle dimissioni di Dominique Strauss-Kahn, accusato di tentato stupro a New York. E qui di crisi ne affronta parecchie, anzi a capo del Fmi diventa una vera e propria 'specialista delle crisi economiche'.
Paradossalmente l'Fmi in questi anni, proprio dopo la crisi finanziaria del 2007-2008, cambia drasticamente la propria linea: esce da quello che una volta si chiamava Washington consensus, e cioè un approccio fondato su una fiducia estrema nel funzionamento del mercato, che doveva essere valido per tutti i Paesi, tipico dei grandi organismi internazionali, per i quali le ricette anticrisi erano sempre quelle: liberalizzazione dei mercati, taglio del costo del lavoro, insomma, cure standard, valide per tutti.
Con a fianco un economista come Olivier Blanchard e un vice come David Lipton già assistente di Clinton, Lagarde materializza la svolta all'Fmi, a partire dal pentimento sugli effetti dell'austerità sul Pil, in particolare su quello della Grecia e poi, da ultimo, dando battaglia contro Trump e la sua politica dei dazi, in nome della libertà nella circolazione delle merci e contro il protezionismo.
L'eredità di Draghi
Ora alla Bce l'attende un compito difficile. Combattere una nuova crisi incombente: il rischi di recessione e quello dei tassi troppo bassi. E poi quello di sostituire Mario Draghi, 'Mr. Whatever it takes'. A questo proposito lei, a settembre, a un'audizione all'Europarlamento ha già detto: "Ero presidente del Fmi quando Draghi disse 'will do whatever it takes within our mandate, and I believe it will be enough' 'farò tutto ciò che serve (per salvare l'euro, ndr) nell'ambito del mio mandato e spero che basti'. Io spero di non dover mai dire una cosa simile perché significherebbe che gli altri policymaker non stanno facendo quello che dovrebbero".
Insomma Lagarde punterà a governare la Bce con la regola del consenso, in continuità con la politica accomodante di Draghi e spingendo i governi europei a fare di più per ampliare la spesa pubblica. E lo farà a modo suo, dando del tu ai potenti, ai quali non si sente da meno, come ha già cominciato a fare, intervistata domenica sera alla trasmissione '60 Minutes', con Donald Trump.
"Quando il tasso di disoccupazione è al 3,7% - ha detto Lagarde col suo tono confidenziale ma energico, bacchettando il presidente Usa - non si deve accelerare troppo sui tassi di interesse, abbassandoli. Perché si corre il rischio che i prezzi inizino a salire. Occorre stare molto attenti. Sai, è come navigare su un aereo... La stabilità dei mercati non dovrebbe essere oggetto di un tweet qui o di un tweet là. Richiede decisioni ponderate, riflessive, silenziose, misurate e razionali". La Casa Bianca non ha rilasciato commenti a queste parole. Ancora non si è insediata e Lagarde ha già lasciato il segno.