È la peggiore seduta del 2019 per Wall Street, che chiude in forte calo appesantita dai timori di un rallentamento dell'economia globale innescati dall'inversione della curva dei rendimenti. L'indice Dow Jones perde il 3,05%, il Nasdaq cede il 3,04% e lo S&P 500 cede il 2,93%. Un tonfo che ha rinnovato la furia di Donald Trump nei confronti dei vertici della Federal Reserve, accusati di non fare abbastanza per contrastare i venti di recessione, con una politica monetaria giudicata timida e insufficiente.
La Casa Bianca si aspettava un taglio dei tassi molto più aggressivo del quarto di punto limato lo scorso 31 luglio dopo una lunga fase di rialzi. E non hanno aiutato le comunicazioni di Powell, apparso incerto su un ulteriore allentamento proprio in una fase che vede la Banca Centrale Europea aprire ad un nuovo 'quantitative easing'.
Il settore finanziario è uno dei più colpiti della giornata (-3,57%), trascinato da grandi gruppi bancari come Citigroup (-5,28%), Bank of America (-4,69%), JPMorgan (-4,17%), Goldman Sachs (-4,20%) e Wells Fargo (-4,33%). Per il Dow Jones, che perde circa 800 punti, è la giornata peggiore dell'anno. Il forte arretramento è avvenuto poco dopo che il rendimento del titolo del Tesoro Usa a 10 anni è sceso al di sotto del rendimento del biennale, una dinamica ché stata un'affidabile presagio delle passate recessioni ed è stata registrata anche dai titoli di Stato britannici.
Perché l'inversione della curva preoccupa?
Quando il premio pagato da un titolo a breve scadenza è superiore a quello di lunga scadenza significa che l'investitore si aspetta un peggioramento del quadro economico nel breve periodo. Di solito, infatti, il tasso pagato sul titolo decennale è superiore a quello di scadenza inferiore in quanto, nella norma, l'investitore rischia di più a detenere un titolo per un tempo più lungo, esponendosi a una volatilità maggiore. In Usa le ultime nove volte che in Usa è stata registrata un'inversione della curva dei rendimenti si è puntualmente verificata una recessione.
A penalizzare i mercati è stato poi l'ultimo flusso di dati economici non positivi provenienti dall'estero, ovvero la contrazione del Pil tedesco e la produzione industriale cinese, che ha subito un brusco rallentamento a luglio: +4,8% su base annua, la crescita più bassa in 17 anni.
Per Trump il problema è Powell, non Pechino
L'intensificarsi della guerra commerciale degli Stati Uniti con la Cina è stato un altro fattore chiave nelle preoccupazioni per il rallentamento dell'economia globale, ma poco dopo che il Dow Jones ha toccato il fondo, Trump ha rinnovato i suoi attacchi alla Federal Reserve e al suo presidente Jerome Powell, affermando che il vero problema è lui, non Pechino.
"Contro la Cina stiamo vincendo alla grande. Aziende e posti di lavoro stanno fuggendo. I prezzi per noi non sono aumentati e, in alcuni casi, sono diminuiti. La Cina non è un nostro problema, sebbene Hong Kong non aiuti. Il nostro problema è con la Fed. Ha alzato i tassi troppo e troppo velocemente, ora è troppo lenta nel tagliare", ha twittato il capo della Casa Bianca. "Lo spread è cosi' alto che tanti Paesi dicono grazie all'incapace Jay Powell e alla Federal Reserve", ha aggiunto.