Huawei chiede la fiducia di Italia e Unione Europea contro i "pregiudizi" di Washington sulla sicurezza informatica dei propri apparati. E' il messaggio di Ren Zhengfei, fondatore e Ceo del gigante delle telecomunicazioni cinese, che ha parlato in un intervista a Shenzhen con i media italiani, tra cui l'AGI.
Huawei è pronta a sottoporsi ai controlli di sicurezza sulle sue attrezzature per lo sviluppo delle reti di nuova generazione, ed è già stata soggetta "ai controlli più severi, ma non è mai stato trovato un solo problema". Nonostante le pressioni proventi da Washington, "siamo fiduciosi di potere costruire network eccellenti per l'Europa", ha detto Ren, che invoca una "piena trasparenza" del suo gruppo, con bilanci certificati da Kpmg, e assicura che, anche qualora il governo cinese glielo chiedesse, porrebbe il veto all'installazione di backdoor per lo spionaggio informatico sui prodotti Huawei. "Sicuramente lo farei. Se impiantassimo backdoor, nessuno al mondo vorrebbe più comprare i nostri prodotti".
L'Europa rimane "molto importante" per Huawei e, nel continente, il gruppo "ha investito molto". L'ultimo investimento riguarda proprio l'Italia: Huawei ha recentemente promesso 3,1 miliardi di dollari (2,7 miliardi di euro) di investimenti e la creazione di mille posti di lavoro diretti più altri duemila provenienti dall'indotto, ma critica il Golden Power sul 5G, che ora appare accantonato in favore di una legge più complessiva sulla sicurezza nazionale cibernetica. "Abbiamo piena fiducia che il governo italiano non eserciterà il suo potere di veto contro Huawei", sostiene Ren: il rapporto instaurato con il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, incontrato a fine aprile scorso a margine del Belt and Road Forum di Pechino, dedicato alla Nuova Via della Seta, è stato "amichevole", ha detto, e Conte ha mostrato "grande fiducia" nei confronti di Huawei.
Una fiducia che, in maniera implicita, Ren chiede anche all'Unione europea: "non conviene legarsi sempre agli Usa" che, sostiene, si dimenticheranno dei loro alleati quando avranno risolto la disputa tariffaria con la Cina, e cercare, invece, di cogliere le opportunità create dal mercato cinese.
"A partire dallo scorso anno, il governo ha cominciato a tagliare le tariffe su molti beni, tra cui i prodotti di lusso e l'abbigliamento. L'Europa e l'Italia devono cogliere quest'opportunità di mercato più rapidamente", è il consiglio del patron di Huawei, a scapito degli Usa. Noto per la sua assenza dai media, con solo tre interviste concesse nei primi trenta anni dalla nascita del suo gruppo, Ren Zhengfei ha intensificato la sua presenza mediatica dopo che Huawei è finita nel mirino degli Stati Uniti per i timori di sicurezza informatica e dopo l'arresto a Vancouver della figlia, Meng Wanzhou, direttrice finanziaria del gruppo, oggi a rischio di estradizione negli Usa con l'accusa di violazione delle sanzioni all'Iran.
Ren si dice fiducioso nell'esito positivo del processo che la vede alla sbarra in Canada, ma "sentivo il dovere di prendere posizione", ha commentato. "Tutto quello che ho fatto nei mesi scorsi è mirato a salvare non solo mia figlia, ma anche la mia società". I colpi inferti dagli Stati Uniti sono stati pesanti, tanto da stimare un ridimensionamento nei ricavi pari a trenta miliardi di dollari, nel 2019 e nel 2020, anche se "non collasseremo", ha detto in più occasioni. "Siamo abituati a sopravvivere e lavorare in circostanze di grandi pressioni" e "già adesso possiamo essere totalmente indipendenti dalle forniture americane". Ren invita anche i funzionari di Washington a Shenzhen: "magari, conoscendoci meglio, si dissiperano le incomprensioni". E rassicura il presidente Usa, Donald Trump: "non sono un diavolo", come qualcuno lo dipinge, "e non lo è neanche lui". Anzi, afferma Ren, "è un grande leader".