E' la prima volta che la Commissione Europea propone una procedura d'infrazione per debito eccessivo, e questo amaro 'primato' spetta all'Italia. Per gli esperti di Bruxelles, il nostro Paese non ha fatto progressi sufficienti sulla strada della discesa del debito.
Tale procedura è regolata dall'articolo 126 del Trattato dell'Unione Europea in base al quale tutti i Paesi dell'Unione europea devono rispettare due requisiti: il disavanzo non deve superare il 3% del Pil, il debito non deve superare il 60% del Pil. E noi siamo lontanissimi da questo obiettivo se si considera che il debito pubblico italiano è di circa 2.300 miliardi di euro, ovvero il 132% del nostro Pil.
Dovremmo riuscire, in altri termini, a tagliarlo del 3,5% ogni anno nei prossimi tre anni, ossia 60 mld di debito annui. Il problema poi è anche la scarsa crescita e la mancata riduzione del deficit strutturale che rendono, secondo gli esperti di Bruxelles, il percorso tutt'altro che facile. Non rispettare la regola sul debito rappresenta un'inosservanza che potremmo pagare carissima: rischiamo cioè una multa fino a 9 miliardi di euro ossia fino allo 0,5% del Pil (si parte dallo 0,2%), il congelamento dei fondi strutturali (l'Italia dovrebbe ricevere 73 mld fino al 2020) e lo stop dei prestiti concessi dalla Banca europea degli investimenti.
Queste sono le conseguenze dirette, ma ovviamente ci sono anche pesanti effetti indiretti quali la perdita di fiducia dei mercati, la necessità di attuare misure restrittive per centrare i parametri, e un aumento dei rendimenti dei titoli di Stato che si traduce in una maggiore spesa per interessi.
Abbiamo però, anche se poco, del tempo per correre ai ripari ed evitare di diventare una sorta di sorvegliati speciali di Bruxelles. La Ue potrebbe chiederci di attuare subito una manovra correttiva da 3-4 miliardi e altre misure da attuare secondo un calendario ben preciso e seguendo un piano di rientro definito. Ogni sei mesi dovremmo poi inviare un report a Bruxelles, che a sua volta verificherà ogni tre/sei mesi il trend di crescita di debito e deficit.
A stretto giro, il dossier sarà sul tavolo dell'Eurogruppo il 13 giugno, anche se la parola decisiva l'avrà l'Ecofin del 9 luglio. I ministri dell'economia e delle finanze dei paesi membri decideranno allora se aprire ufficialmente la procedura, oppure rinviarla per permettere all'Italia di intervenire oppure sospenderla qualora il governo avesse già predisposto le misure necessarie.
In realtà, l'Ecofin potrebbe anche chiedere al nostro paese un deposito su un conto fruttifero per un ammontare tra i 3,5 e gli 8,5 miliardi, ossia tra lo 0,2 e lo 0,5% del Pil. A quel punto, sarà una corsa contro il tempo perché avremmo fino a 6 mesi di tempo per attuare le misure necessarie, sotto la lente (vigile) dei tecnici di Bruxelles.