Serrande abbassate, questa mattina, nei 55 punti vendita a marchio Mercatone Uno in tutta Italia. È l'amara sorpresa che si sono trovati davanti i circa 1800 dipendenti del gruppo, che senza alcun preavviso da parte della proprietà, si sono recati normalmente a lavoro, trovando però chiusi centri commerciali e magazzini, dal Piemonte alla Puglia. La chiusura è l'effetto della sentenza con cui, nella giornata di ieri, il tribunale fallimentare di Milano ha decretato il fallimento della Shernon Holding srl, che nell'agosto del 2018 aveva a sua volta rilevato i punti vendita dello storico marchio emiliano, annunciando un imponente piano di rilancio proiettato verso nuovi importanti ricavi già dal 2022.
Così però non è stato, perché ad aprile, a soli 8 mesi dall'acquisizione, la stessa Shernon aveva presentato richiesta di concordato preventivo in continuità, garantendo comunque i presidi occupazionali fino al 30 maggio, data in cui è in programma da tempo un incontro al Ministero per lo Sviluppo Economico per studiare un piano di salvataggio per l'azienda". E invece ieri, senza alcun preavviso, la Shernon ha dichiarato fallimento.
La reazione dei sindacati
"E quello che è più grave - dichiarano a caldo alcuni rappresentanti sindacali di categoria presenti davanti ai vari punti vendita - è che la società non solo non ha comunicato nulla ai sindacati, ma ha tenuto all'oscuro i lavoratori, ai quali non è arrivata alcuna lettera di licenziamento, e che hanno saputo della chiusura soltanto sui social, in tarda serata, dai responsabili delle varie filiali. Anche loro aggiornati all'ultimo secondo. Un comportamento inaccettabile, che necessita di un intervento imminente da parte del Ministero".
Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs si sono già attivate presso il ministero dello Sviluppo Economico per avere un incontro in tempi brevi con l'amministrazione straordinaria di Mercatone e con il curatore fallimentare di Shernon. "È urgente e indispensabile l'intervento del Mise per salvaguardare i lavoratori e preservare il futuro delle loro famiglie - sostengono i sindacati in una nota congiunta - dopo anni di incertezza, Shernon aveva rappresentato il lumino nel quale tutti avevano riposto le loro speranze e la propria capacità di progettare un futuro. Il fallimento sembra aver reso nulli i sacrifici e gettato le maestranze in uno stato di profonda angoscia. Serve - dichiarano i sindacati - un intervento tempestivo e garante".
Le tappe della vicenda
Con sentenza del 23 maggio - ricordano i sindacati ripercorrendo le tappe della vicenda - il Tribunale di Milano ha decretato il fallimento della Shernon, azienda che aveva acquisito lo scorso anno dalla ditta Mercatone in Amministrazione Straordinaria ben 55 punti vendita, con l'obbligo assuntivo di oltre 2.000 lavoratori. In realtà, sino a questo momento, la stessa era subentrata solo in 47 punti vendita con l'impiego di oltre 1.800 risorse umane.
Si ricorda che, la vendita dei 55 punti vendita fu proposta dall'AS, dopo una lunga trattativa con i soci di Shernon, ritenuta degna di un positivo riscontro da parte del Comitato di Vigilanza del Mise. Successivamente, e dopo una lunga e difficile trattativa, Filcams, Fisascat e Uiltucs, presso il Mise stipularono un accordo sindacale regolante il passaggio dei lavoratori, ben consci che, senza l'accordo, la vendita non si sarebbe perfezionata e sarebbe intervenuto il fallimento già a luglio 2018 con la conseguente perdita dei posti di lavoro e delle relative professionalità.
Già nei primi mesi dell'ingresso di Shernon, buona parte dei soci che avevano costituito la società ad hoc per l'acquisizione, sono fuoriusciti dall'asset societario, senza destare alcun allarme da parte dei commissari che erano preposti a sovrintendere le operazioni.
Col passare del tempo, continuano i sindacati, la mancanza di finanziamenti e di liquidità ha fatto sì che già negli ultimi mesi del 2018 la merce nei magazzini, e di conseguenza nei negozi, cominciasse a scarseggiare. A marzo, come denunciato dalle tre federazioni confederate, i punti vendita risultavano sprovvisti di merce e la stessa non veniva più consegnata sebbene già venduta e pagata dagli acquirenti.
Nell'incontro tenutosi a marzo fra Filcams, Fisascat, Uiltucs e l'ad di Shernon, quest'ultimo preannunciava un imminente capitalizzazione della Shernon e informava le rappresentanze sindacali in merito ad una non meglio precisata trattativa con potenziali investitori.
La ricapitalizzazione annunciata doveva esser effettuata entro la fine di marzo e presupponeva un investimento pari a circa 20 milioni, cifra che, da subito le organizzazioni di categoria hanno ritenuto "assolutamente insufficiente" a garantire la ripresa dell'azienda. A metà aprile, senza darne informazione alcuna, nemmeno al Mise, l'azienda ha presentato istanza di Concordato Preventivo presso il Tribunale di Milano.
La decisione assunta il 23 maggio dal Tribunale di Milano, dimostra che le preoccupazioni delle tre sigle sindacali erano "del tutto fondate e che, la situazione è molto più grave di quanto l'Ad di Shernon abbia raccontato al Mise il 18 di aprile ed ai lavoratori nei vari comunicati a essi diretti", concludono i sindacati.