Fuori uno: il primo dei nuovi servizi promessi da Apple nel 2019 dovrebbe essere la sua “Netflix dei giornali”: un servizio in abbonamento in cui gli utenti pagano circa 10 dollari per avere accesso illimitato a decine di testate. L'appuntamento, scrive BuzzFeed, sarebbe fissato il 25 marzo.
Come sarà la Netflix dei giornali
Non c'è ancora la conferma ufficiale. Il servizio di notizie online è però l'opzione più probabile, anche se non mancano le alternative: Apple ha in programma di presentare nuovi iPad e gli AirPods 2 (la nuova versione degli auricolari senza fili) nel primo semestre 2019. Il lancio di un servizio, però, sembra essere più urgente: il modello è quello di Texture, l'app acquisita dalla Mela lo scorso marzo.
A fare la differenza dovrebbe essere l'offerta dei contenuti, più ampia rispetto a quella di Texture. L'applicazione include testate prestigiose come Cosmopolitan, Elle, Forbes, Fortune, Newsweek, The New Yorker, Time e Vogue. Ma è concentrata su mensili e settimanali.
Il grande passo sarebbe arruolare i grandi quotidiani, come New York Times e il Washington Post. Sarebbe quindi confermata l'indiscrezione circolata lo scorso settembre, secondo la quale il responsabile dei contenuti di Cupertino, Eddy Cue, avrebbe aperto una trattativa con i quotidiani statunitensi. Nomi di peso nei confronti dei quali un'applicazione indipendente come Texture aveva ben poco potere negoziale. Le cose cambiano quando al tavolo si siede una delle società più ricche del pianeta.
I dubbi degli editori
Proprio New York Times e il Washington Post – scrive il Wall Street Journal – starebbero però capeggiando una fronda di editori che blocca l'accordo con Cupertino. Motivo: Apple avrebbe pretese eccessive. La Mela vorrebbe tenere per sé il 50% dell'abbonamento, distribuendo ai giornali il resto, probabilmente con quote stabilite in base al numero di articoli letti. È vero che per gli editori si tratterebbe di una fonte di introiti nuova, che aprirebbe alla platea degli utenti Apple. Tuttavia, non mancano le controindicazioni: New York Times e Washington Post hanno puntato, con successo, sui propri abbonamenti digitali. Dai quali – senza intermediazione – incassano di più.
C'è quindi il dubbio che Apple possa erodere parte del proprio pubblico e, di conseguenza, del proprio fatturato. C'è inoltre il tema dell'indipendenza: di fatto le testate, diluite in un abbonamento, avrebbero un rapporto meno diretto con il lettore e potrebbero dover fare i conti e negoziare con Apple. Il caso Facebook, che dopo aver attirato gli editori ha diminuito la loro visibilità cambiando l'algoritmo, è diverso perché non c'era di mezzo un abbonamento. Ma è un precedente che racconta il rapporto che si crea tra piattaforme tecnologiche e giornali.
La carta dei servizi
Battezzando il nuovo servizio il 25 marzo, Apple confermerebbe quanto anticipato a inizio gennaio da Tim Cook a Cnbc: la società avrebbe lanciato “più di un servizio” nel 2019. Il ceo non aveva indicato quali sarebbero stati. Ma nella lista non ufficiale dei papabili erano stati da subito inclusi una piattaforma in streaming video, un abbonamento per la lettura di giornali e un pacchetto tutto incluso che includa entrambi e ci aggiunga anche Apple Music. Partire con una novità già nel primo trimestre è la conferma di quanto Apple stia puntando su questo segmento. Sia perché funziona, sia per spostare il fuoco dagli iPhone (che vanno male e non danno segni di ripresa). I
lluminare quello che funziona per oscurare quello che non lo fa: è una tattica che ha funzionato nell'ultima trimestrale. Tra ottobre e dicembre i servizi hanno generato 10,87 miliardi di dollari e hanno dimostrato di continuare ad accelerare: sono cresciuti del 19% anno su anno (più del 17% di luglio-settembre) e dell'8,9% rispetto al trimestre precedente (oltre il 5% di luglio-settembre). Ma al mercato è piaciuto, forse ancor di più, il margine operativo lordo al 64%: un dato inedito, perché per la prima volta distinto da quello dei prodotti (molto più basso, al 34%) grazie a un ridisegno del bilancio che ha puntava proprio a dire questo: l'iPhone non va e i servizi non incassano ancora così tanto, ma rendono molto di più.
Ritorno a mille miliardi?
I servizi, quindi, sono l'unica carta che Cook può giocarsi quest'anno. E ha deciso di farlo subito. Un orientamento che piace agli investitori (dalla trimestrale il titolo ha guadagnato il 10,8%) e agli analisti. Una nota di Morgan Stanley firmata da Katy Huberty afferma che, lanciando un servizio su abbonamento che includa video, musica e giornali, Apple potrebbe tornare a 1000 miliardi di capitalizzazione entro la fine dell'anno. Cioè quasi 200 in più rispetto ai valori attuali.
L'offerta incrementerebbe del 2% il tasso di crescita annua dei servizi da qui al 2025, contribuendo ad alimentare un aumento del fatturato del 5% e un incremento dell'utile per azione del 12% annui fino al 2023. Prospettive che sosterrebbero il titolo nonostante gli la debolezza degli iPhone.