Il dossier è sul tavolo del Presidente dell’Ars Nello Musumeci ormai da diverso tempo e non si tratterebbe affatto di un’utopia, un progetto buttato lì per accaparrare consensi, per riscaldarsi bruciando promesse.
In realtà, timidamente, in campagna elettorale Musumeci aveva già accennato a una sua intenzione di mettere in piedi una compagnia aerea regionale che venisse incontro al disagio di chi non può permettersi biglietti costosi per raggiungere velocemente mete lontane, trasformando così ogni spostamento in un salasso economico o una vera e propria epopea.
Dai proclami ai progetti
Gli avversari politici l’avevano ribattezzata come una “crocettata”, riferendosi a un altro progetto, portato avanti dall’ex presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta, che aveva espresso più volte l’intenzione di voler “mettere le ali all’Ast”, l’Azienda Sicilia Trasporti, ma senza andare mai oltre i proclami.
Ora invece pare che qualcosa si stia muovendo, così dopo le esperienze di Luigi Crispino che a metà degli anni ’90 con la sua Air Sicilia (1994-2001) sfidò i colossi del cielo e quelle più infelici di Wind Jet (2003-2012) dell’imprenditore, nonché ex presidente del Catania Calcio, Nino Pulvirenti, e Med Airlines (1997-2001) dell'imprenditore conserviero Francesco Castiglione uno spiraglio, nel cielo, si apre.
Mettere le ali alla Sicilia
L’idea è quella di una compagnia che troverebbe nella Regione il socio di maggioranza relativa, garante dei capitali per avviare l’azienda tramite l’AST Aeroservizi, società che già gestisce lo scalo di Lampedusa e che si è espressa oggi tramite il suo Presidente Gaetano Tafuri che ha dichiarato a La Sicilia: “Siamo orgogliosi di esserci per mettere le ali alla Sicilia”.
Una compagnia che dovrebbe garantire tariffe speciali per i residenti siciliani, in particolare per studenti, over 65, pazienti che necessitano di cure e famiglie in stato di povertà. Come scrive il quotidiano online siciliano LetteraEmme “L’investimento iniziale sarebbe stimato in meno di 30 milioni, per un fatturato complessivo di circa 170 milioni, con una sessantina di voli al giorno e un totale di 4 milioni di passeggeri l’anno, un impatto occupazionale di 600 posti di lavoro diretti e 800 nell’indotto a breve scadenza. Le basi principali sarebbero a Palermo e Catania, altre a Trapani e Comiso, che diventerebbe anche la sede di un mega-hangar di ricovero e manutenzione dei velivoli”.
Chi ci mette i soldi?
Un avviamento insomma, quello che fornirà la Regione in attesa di raccogliere investitori privati pronti a scommettere su un mercato decisamente florido. Una fonte de’ La Sicilia, che a quanto pare ha avuto modo di sbirciare le carte, ha commentato con una battuta dicendo che è “un’idea talmente comunista che soltanto un ex missino potrà realizzarla davvero”.
Il nome dovrebbe essere “Aerolinee Siciliane”, stesso nome, ma dovrebbe essere un caso, scelto ai tempi per tentare (invano) di far riemergere dalle ceneri la Wind Jet. Ma non è tutto: i piani per la compagnia sarebbero non solo innovativi ma quasi utopici, così come scrive sempre La Sicilia: “Il management, nell’impostazione originaria del progetto, sarebbe fuori dalle dinamiche del “nominificio” e oltre tutto pagato con stock option sulla società. Un meccanismo che permetterebbe inoltre di impedire ai partner privati di “socializzare” le perdite chiedendo soldi a Mamma Regione.
Anche perché il piano finanziario prevederebbe, in prospettiva di medio termine, l’ingresso di un azionariato popolare diffuso. Insomma: i siciliani soci, anche con piccoli investimenti, della compagnia di bandiera siciliana. Con un’ipotesi ancor più suggestiva, forse perché utopica: la redistribuzione degli utili agli azionisti, ma - in seconda battuta - anche ai cittadini non soci, attraverso l’ulteriore abbattimento delle tariffe col solo vincolo della sostenibilità di mercato. La Regione, pur scendendo sotto la maggioranza azionaria, manterrebbe una golden share con funzione di controllo e garanzia delle finalità “solidali” dell’azienda. Il tutto, magari, con l’apporto di un’imprenditoria (possibilmente siciliana) che guardi sì al profitto, ma anche alla responsabilità sociale di chi vuole far uscire l’Isola dall’isolitudine”.
Insomma un piano che creerebbe posti di lavoro, movimento economico in entrata e uscita dall’isola, garantendo un servizio sempre più fondamentale a chi oggi non se lo può permettere e, chissà, anche una fonte di guadagno. Un sogno? Può darsi, ma sia a Malta che in Corsica qualcosa di simile è già diventata realtà.