Tre mesi sono troppi: si comincia subito. Dal primo gennaio 2019, la Francia imporrà una tassa nazionale sui cosiddetti Gafa: Google, Amazon, Facebook e Apple. È la conferma che i negoziati per imporre una norma comunitaria vanno dritti verso il naufragio. All'inizio di dicembre, il ministro dell'Economia transalpino Bruno Le Maire aveva fissato un ultimatum: “Do tempo fino a marzo”, aveva affermato a France 2. Meno di dieci giorni dopo, ecco l'accelerazione: la digital tax sarà in vigore subito su scala nazionale.
Come funziona la digital tax
Il governo francese stima un introito che, per il solo 2019, si aggirerebbe attorno ai 500 milioni di euro. Dovrebbero essere ottenuti con un prelievo del 3% sugli incassi delle multinazionali digitali. La proposta europea iniziale prevedeva che la tassa fosse applicata a società con oltre 750 milioni di euro di fatturato, almeno 50 dei quali prodotti in Europa. La formula francese potrebbe essere simile. Il progetto di una digital tax continentale è discusso da mesi e avrebbe dovuto trovare un punto di equilibrio nell'ultimo Ecofin del 4 dicembre. Che invece si è concluso con un nulla di fatto. L'approvazione di una tassa europea prevede l'unanimità di 28 Stati membri. Il fronte è, invece, frammentato.
Gli schieramenti in Ue
La Francia si era, sin dall'inizio, imposta come alfiere della digital tax. Assieme alla Germania aveva anche proposto un compromesso: il 3% da applicare solo sulle vendite pubblicitarie e non sull'intero fatturato. Le Maire lo aveva definito “un primo passo nella giusta direzione”. Ma non è bastato per convincere i critici. La Germania si è sempre detta favorevole, anche avrebbe preferito attendere una legge ancora più ampia, non limitata all'Europa ma estesa a tutti i Paesi dell'Ocse.
Di fronte allo stallo, però, si era associato al compromesso francese, ritenuto una soluzione ponte in attesa dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Che però non arriveranno prima di un rapporto sul tema la cui pubblicazione è attesa nel 2020. Anche Austria, Spagna e Italia sono favorevoli alla digital tax europea.
Il ministro dell'Economia Giovanni Tria ha già dichiarato che “senza accordo europeo introdurremo la tassa” e così è stato: la misura è inserita nella nuova manovra messa a punto per evitare la procedura di infrazione.
A bloccare la norma è l'Irlanda, ufficialmente preoccupata che possa acuire le tensioni commerciali tra Ue e Stati Uniti. Dublino è parte molto interessata, perché le condizioni fiscali vantaggiose offerte alle grandi imprese hanno attirato le multinazionali, come Apple e Facebook. Basti ricordare che l'Irlanda ha ricorso (accanto alla Mela e contro l'Ue) per la multa da 14,3 miliardi comminata da Bruxelles e che proprio Dublino avrebbe dovuto incassare.
Lo strappo di Parigi
“I giganti digitali sono ricchi”, aveva sottolineato Le Maire all'inizio di dicembre. “Realizzano profitti considerevoli grazie ai consumatori francesi, grazie al mercato francese, e pagano 14 punti percentuali di tasse in meno rispetto ad altre imprese”. La Commissione europea stima che le compagnie tradizionali paghino un'aliquota media del 23% sui profitti, mentre le compagnie digitali pagano solo l'8-9%. E alcune ancora meno. I particolari della norma francese non sono ancora noti, ma dovrebbero avvicinarsi alla prima formulazione della proposta europea e non a quella di compromesso. Quindi tassazione sull'intero fatturato e non solo sulla pubblicità.