Per gli studenti fuori sede la pasta al tonno è una vera e propria istituzione culinaria. Quando si hanno pochi soldi in tasca e non si sa ancora cucinare bene, una scatoletta è il modo più rapido di garantirsi un pasto veloce, gustoso e sostanzioso. Le varianti sono innumerevoli (il sito La Cucina del Fuorisede ne presenta parecchie).
Il ventenne italiano medio, per non smentire la nostra fama internazionale di buone forchette, di solito è in grado di imbastire un soffritto decente, nel quale calare una lattina di pelati e, a cottura quasi ultimata, il pesce azzurro. I più abili riescono a impressionare le studentesse straniere con un trito di aglio e scalogno nel quale calare pomodorini pachino (c'è il rischio di farli seccare troppo ma un'americana non se ne accorgerà mai) e gli odori giusti, magari del timo invece del classico prezzemolo. I calabresi, parte consistente della variegata popolazione fuori sede, preferiranno utilizzare dosi industriali di peperoncino col risultato di rendere la materia prima indistinguibile (ma non bisogna mai farglielo notare, possono irritarsi parecchio quando la loro passione incondizionata per la capsicina solleva critiche).
Scontri di civiltà
Chi ha invece convissuto con ragazzi iscritti al programma Erasmus può testimoniare le peggiori abiezioni. C'è il francese che non usa nemmeno la salsa di pomodoro e si accontenta di un mix di spezie a casaccio. C'è lo spagnolo che rende vano il sacrificio del povero pesce deturpandone le carni con un generoso spruzzo di ketchup del discount. Per tacere delle sconcertanti alchimie improvvisate dagli studenti inglesi o slavi, che a volte non scolano nemmeno l'olio della scatoletta. O, peggio ancora, vi fanno scarpetta con entusiasmo.
E gli americani? Non sono un popolo celebre per la confidenza con i fornelli ma, proprio per questo, sono grandi consumatori di cibo in scatola o altrimenti preconfezionato. Colpisce quindi il recente articolo del Wall Street Journal secondo il quale negli Usa i consumi stanno crollando, soprattutto tra i giovani. Non convince però la spiegazione proposta dal quotidiano finanziario, secondo il quale il problema è che "la maggior parte dei millennial non possiede nemmeno un apriscatole". Prima di tutto, ormai quasi tutte le marche hanno l'apertura a strappo, si suppone anche quelle americane - da Bumble Bee Foods a Chicken of the Sea - che il Wsj dà in sofferenza. In secondo luogo, quando la linguetta si rompe, basta una lama robusta a risolvere il problema. Ma, forse, se in molte regioni italiane resiste l'abitudine dei ragazzi di girare con un coltello in tasca, in America la predilezione per le armi da fuoco rende il quadro un po' differente.
Perché i giovani americani non lo vogliono più?
È una questione di pigrizia più generale, sostiene il Wall Street Journal: "In un Paese concentrato sul cibo preconfezionato, il tonno in scatola non fa breccia tra i consumatori. A molti non va nemmeno di aprire la lattina e svuotarla o andare a prendere piatti e posate per mangiare il tonno". Però l'industria sta proponendo prodotti sempre più sofisticati: insalate preconfezionate in confezioni di cartone che non contengono liquido, per esempio. Andy Mecs, vicepresidente della ditta specializzata StarKist, ha spiegato che nella fascia d'età tra i 18 e i 35 anni solo il 32% dei consumatori acquista tonno in scatola, laddove tra le persone con più di 55 anni, la percentuale sale al 45%. Eppure le vendite di tonno fresco o congelato, che richiede uno sforzo culinario decisamente maggiore, sono in crescita. E allora?
Sui social il dibattito infuria.
Il Washington Post ipotizza che c'entri la maggiore coscienza ambientale delle nuove generazioni, che potrebbero essere preoccupate dall'eccessiva pesca dei tonni, dai livelli di mercurio presenti nelle loro carni o dalle stragi di delfini causate dalla pesca intensiva. Ma nemmeno questa teoria appare convincente. Come è noto, il sushi è diventato estremamente popolare tra gli under 35, e non solo in America (a Parigi il quartiere della Bastiglia, zeppo di locali frequentati dai giovani, ha forse la più alta concentrazione di sushi bar del mondo occidentale).
È allora una questione di glamour? Il quotidiano Usa suggerisce che il confezionamento poco curato e quell'insopprimibile aria di sfiga che il cibo in scatola emana respingano una generazione più interessata a documentare sui social la preparazione di un piatto che a consumarlo. Addirittura il termine "canned" è stato sostituito da chef e pretenziosi influencer con "tinned" (che poi vuol dire la stessa cosa).
L'Italia è il secondo mercato europeo
In Italia, dove l'eleganza e il senso estetico passano per altri canali, invece i consumi continuano a crescere, con un incremento del 3% nel 2017, anno nel quale - secondo i dati dell'Ancit (Associazione Nazionale dei Conservieri Ittici e delle Tonnare), il mercato si è attestato a 155.000 tonnellate consumate e 75.800 tonnellate di produzione nazionale, per un valore di 1,3 miliardi di euro. Cifre che in Europa ci pongono al secondo posto, dietro alla sola Spagna. È lecito domandarsi se tale tendenza vada incrociata con il costante aumento dei divorzi.