Negli ultimi tempi sembra che le Storie siano come il nero: vanno su tutto. Inventate da Snapchat, il primo a proporre questi contenuti a scomparsa, sono arrivate anche su Facebook e Instagram. Adesso le vuole anche LinkedIn. Il social network dedicato al lavoro proporrà una propria versione, per ora riservata agli studenti universitari. Si chiama “Student Voices”: gli iscritti possono pubblicare brevi video (ma non foto) sul canale del proprio ateneo, guardare quelli dei propri compagni e di altre università. Un canale condiviso, quindi. Con contenuti che scompaiono dopo una settimana dalle Storie dell'università ma restano visibili sul profilo personale.
Come funziona Student Voices
LinkedIn suggerirà alcuni hashtag (come #OnCampus) e i video dovrebbero essere lunghi al massimo 30-45 secondi. Potrebbe essere un modo per condividere le proprie attività e aprire discussioni su questioni care agli studenti. LinkedIn ha confermato la notizia a Techcrunch. Le Storie sono in fase di test: “Le playlist dei campus sono una nuova funzione che stiamo distribuendo agli studenti universitari negli Stati Uniti. Abbiamo creato questo prodotto per aiutarli a connettersi tra loro, attorno alle esperienze condivise nella propria università e per contribuire a creare un senso di comunità”.
Che c'azzecca con il curriculum? Dietro questo “senso di comunità” c'è l'idea che le Storie possano essere un modo per garantirsi visibilità agli occhi di un potenziale datore di lavoro. “È un ottimo modo per costruire il proprio profilo – ha affermato un portavoce di LinkedIn – mostrando se stessi, le proprie esperienze accademiche e professionali. I video possono aiutare gli studenti a far crescere la propria rete, preparandosi alla vita post-laurea e dando altre informazioni ai datori di lavoro che vogliono saperne di più”.
L'ascesa delle Storie
Le Storie compaiono in cima alle bacheche di Facebook e Instagram: sono quelle icone di forma circolare che, dopo un limite fissato di tempo, scompaiono. Mark Zuckerberg, come raccontato dal co-fondatore di Whatsapp Brian Acton, un paio d'anni fa si era sentito minacciato da Snapchat (che aveva provato ad acquisire senza successo). Da lì la decisione di importare il formato che caratterizzava il social avversario. Risultato doppio: eccellente riscontro tra i propri utenti e distruzione di Snapchat, in forte difficoltà. Nel corso dell'ultima conferenza post-trimestrale, è arrivata la consacrazione di Zuckerberg: “Tutte le tendenze che stiamo vedendo suggeriscono che, in un futuro non troppo lontano, gli utenti condivideranno più contenuti nelle Storie che sul Feed”. Basterebbe una frazione di questo impatto per soddisfare LinkedIn. Ma le incognite non mancano.
I rischi per LinkedIn
È chiaro che il target delle Storie è il pubblico più giovane, che LinkedIn intente attrarre. Tuttavia, l'operazione contiene alcuni rischi. Il prima è generale, perché riguarda tutte le piattaforme che utilizzato questo formato: la trasmissione in diretta (o comunque d'impulso) impone un controllo estremamente efficace, specie in un ambiente giovane e condiviso come quello universitario. C'è poi la possibilità che le Storie stridano con l'obiettivo e lo stile di LinkedIn: per quanto sia meno formale di un tempo, è pur sempre una piattaforma nata per creare reti professionali e trovare lavoro.
I profili sono quindi tutt'altro che spontanei. Le Storie sono invece nate proprio per catturare l'improvvisazione, senza badare troppo alla propria reputazione. Una dissonanza che potrebbe confondere gli utenti. Il social controllato da Microsoft auspica altro: dato un nuovo ambiente per esprimersi, spera che gli utenti vengano stimolati a pubblicare video. Magari in modo diverso rispetto alle Storie altrui: meno impulsivo, più curato e mirato a promuovere i propri successi accademici e professionali.