Venerdì è il giorno della verità per le banche europee. La European Banking Authority (Eba), pubblicherà i risultati degli stress test, uno strumento nato negli Stati Uniti d’America in seguito allo scoppio della crisi finanziaria del 2008. Vengono pensati per garantire, in caso di nuova crisi, maggior stabilità alle banche e hanno lo scopo di evitare che nessun istituto minacci da solo la salute e la stabilità dei mercati finanziari europei.
Per definizione lo stress test è un esame condotto su determinate banche, le quali vengono sottoposte a scenari economici sfavorevoli per capire quanto il loro capitale sarà in grado resistere all’impatto di eventi economici avversi. Nel caso americano, le banche con asset di almeno 50 miliardi devono condurre sia stress test interni sia quelli della Federal Reserve.
Gli stress test europei si focalizzano su alcuni elementi chiave, come i rischi di credito, di mercato e di liquidità per mettere in luce la salute delle banche durante situazioni a dir poco negative. Le crisi ipotetiche vengono strutturate utilizzando diversi fattori. Insomma, in parole povere lo stress test si pone l’obiettivo di misurare la tenuta patrimoniale delle banche messa sotto pressione da un panorama di criticità economiche. Per intenderci: così come gli atleti che partecipano a competizioni sportive sono tenuti ad eseguire regolarmente esami ECG sotto sforzo, al fine di rilevare eventuali anomalie cardiache che si manifestano solo durante uno sforzo fisico (e che invece non emergerebbero in condizioni normali di riposo), le banche che vogliono competere nell’intermediazione finanziaria devono sottoporsi a test per valutare la propria resistenza a periodi di recessione prolungata in scenari particolarmente avversi.
Gli stress test dell'Eba
Gli EU-wide stress test dell’Eba, estesi cioè alle banche europee di dimensioni maggiori, furono eseguiti una prima volta nel 2014, poi replicati nel 2016 e sono destinati ad essere ripetuti ogni due anni. Il 25 ottobre 2017, l’Eba ha definito le tempistiche degli stress test per il 2018: i dati delle banche sono stati inviati fin da maggio del 2018 e i risultati saranno pubblicati venerdì 2 novembre 2018. Dall’esito di tali prove dipende non solo l’accertamento dello stato di solidità delle banche delle nazioni europee, ma anche la possibilità dei singoli Stati di intervenire in via preventiva per ricapitalizzare le banche più deboli. A luglio 2016 51 banche europee sono state sottoposte agli stress test dell’Eba.
Le banche italiane coinvolte sono state Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Banco Bpm e Ubi Banca e tra le 5 soltanto Monte dei Paschi non è riuscito a superare la prova europea. Le banche europee oggetto degli stress test i cui risultati saranno rivelati venerdì prossimo saranno 48, di cui 33 appartenenti a Paesi sotto la giurisdizione del Single supervisory mechanism (SSM), la vigilanza della Banca Centrale Europea. Tali banche, spiega l'Eba, coprono circa il 70% del totale delle attività del settore bancario dell'Area euro, degli Stati membri dell'Unione Europea e della Norvegia.
Nello scenario avverso viene ipotizzato per l'Ue un Pil in calo dell'1,2% e del 2,2% rispettivamente nel 2018 e in crescita dello 0,7% nel 2020. Le banche italiane oggetto degli stress test sono Banco Bpm, Intesa Sanpaolo, UniCredit e Ubi Banca. Oltre a queste banche, la Bce condurrà il proprio test (senza renderne noti gli esiti) anche sulle altre banche significative. In questo caso, nel campione ci sono Bper, Mediobanca, Carige e Iccrea. Nessuna prova per Mps, impegnata nel piano di ristrutturazione concordato con la Commissione. Gli stress test 2018 non prevedono il superamento di alcuna soglia di capitale. Eventuali richieste della Vigilanza alle banche significative -confluiranno nei processi Srep, e in particolare nella guidance di capitale di secondo pilastro.
Come funzionano
Un apposito comitato Europeo per il rischio sistemico (European Systemic Risk Board – ESRB) che si appoggia su dati e risorse della BCE elabora due scenari macro-finanziari, uno scenario base formulato dalla Commissione europea e poi in uno scenario potenzialmente negativo, o avverso, lo stress test vero e proprio.
In sintesi ci saranno 3 esami: l’AQR, o Asset Quality Review (AQR), in cui vengono esaminati gli attivi delle banche dal punto di vista qualitativo, più due stress test. Tali scenari sono consegnati a tutte le banche partecipanti. Le banche sottoposte allo stress test devono simulare l’evoluzione del loro bilancio su un orizzonte temporale triennale: situazione patrimoniale e conto economico; capitale di vigilanza e le cosiddette “attività ponderate per il rischio” (Risk Exposure Amounts, REA, dette anche Risk weighted Assets, RWA).
L’attenzione è rivolta soprattutto agli indicatori di solvibilità: il CET1 capital ratio, dato dal rapporto tra patrimonio di vigilanza di qualità migliore (il Common Equity Tier 1, CET1) e le RWA. Tale rapporto alla fine dell’orizzonte di simulazione deve collocarsi al di sopra di una certa soglia affinché il test possa definirsi superato. Nella prima edizione dello stress test del 2014 le soglie di CET1 capital ratio erano rispettivamente dell’8% per il baseline scenario e del 5.5% per l’adverse scenario. Nella seconda edizione degli stress test del 2016 le soglie non sono state esplicitamente enunciate dall’EBA, ma la sostanza dell’esercizio è rimasta la stessa. Al termine di questo processo la BCE definisce lo shortfall, cioè l’ammanco di capitale necessario alle banche europee.
Cos'è lo Srep
Nel momento in cui si stabilisce l’ammanco di capitale delle banche sottoposte ad esame, queste hanno in teoria 15 giorni di tempo per mettere in piedi un piano di allineamento alle richieste europee (un piano che dovrà realizzarsi in 6-9 mesi). Nessuna banca sarà bocciata, ma i risultati dell’esame confluiranno nello SREP, il Supervisory Review and Evaluation Process, ossia un’ulteriore analisi volta a sintetizzare i risultati emersi e ad indicare agli istituti le azioni da intraprendere,
Quando una banca non supera in maniera adeguata gli stress test le autorità di vigilanza possono intervenire imponendo misure di intensità crescente, quali cambiamenti organizzativi o di strategia, un incremento delle riserve di liquidità, la sospensione dei dividendi o un aumento di capitale. Le banche posizionate al di sotto di una delle soglie sono tenute a presentare un piano d’azione per la pronta ricapitalizzazione dell’azienda, al quale posso partecipare anche i singoli Stati.